Faraone eretico

di Oscar Eleni
Oscar Eleni dal palazzo Bricherasio di Torino, così distante dall’Isozaki dove il basket europeo ha scelto i rossoneri del Lietuvos Rytas, i lituani di Vilnius per la seconda coppa ULEB, così diverso dal palazzo fiorito fra la piscina dei tuffi che esplode con Tania Cagnotto e lo stadio per un calcio dai misteriosi posteggi come diceva il nostro Virgilio, dove le beghe nostrane ci hanno tolto il piacere di ritrovare i vecchi leoni del periodo Guerrieri e anche gran parte del mondo che l’anno scorso aveva contribuito alla prima festa europea nel palazzo Vela. Molti di loro sono dei cocciuti colpevoli, ma ci sono mancati lo stesso.
Meglio andare da Amenofi IV, il faraone eretico e, forse, anche rivoluzionario come ci sia augura possa essere Meneghin primo, meglio godersi la mostra Akhenaton piuttosto che guardare la faccia di Sergio Scariolo che sperava di arrivare al primo trofeo europeo senza passare dalla sede della federspagna, piuttosto che andare dietro ai prestigiatori del black berry, quelli che hanno vissuto il tormentato rapporto Portela-Bertomeu che ora non hanno più il bel sorriso di un tempo, un legame che faceva del bene a tutti, non soltanto al basket, un‘intesa che ci garantiva spettacolo, ma non servilismo totale agli “ affari” anche se è di pane che hanno bisogno i grandi club. Orgia di collegamenti, guardare la difesa Benetton diventare pan di zucchero, ma intanto fingere di smaniare per Siena, salvo poi mettersi già a ricostruire la squadra campione d’Italia che questa volta non ha trovato gli uomini giusti per assaltare l’Europa.
Eurolega crudele nel sorteggio, spietata per chi aveva commesso un grave errore a Zagabria, ma certo qualcosa Minucci dovrà fare per tornare all’assalto lui che è l’unico con la licenza triennale in tasca, con un palazzo nuovo da far costruire, lui che ha certo le idee più chiare di chi voleva consolare il Montepaschi urlando che era uscito a testa alta contro uno squadrone. C’erano dei dubbi sul fatto che i nostri campioni avrebbero dato tutto e di più in una serie dove il sole ha scaldato soltanto la tenda di Zelimir Obradovic che ha davvero preso paura e ancora si domanda se avrebbe potuto farcela contro Siena se Lavrinovic non si fosse rotto una mano e Domercant non avesse dovuto giocare con una caviglia ancora gonfia, se non ci fossero state dispersioni onorevoli di energia inseguendo record e la coppa Italia.
E’ andata male, pazienza. Resta il fatto che gli spettatori davanti a due televisori hanno capito subito dove era la grande università e dove il liceo perché fra Siena, Madrid e Torino c’erano abissi. Vedremo domani, anche se questa rabbia toglie alle avversarie l’illusione di avere un Montepaschi più abbordabile mentre alza il periscopio, inquadra i brigantini all’orizzonte e prepara il siluro per arrivare al terzo scudetto consecutivo, mossa necessaria prima di mettersi a pensare a quello che sarà il domani, mentre i cicisbei del palmare cinguettano annunciando mosse che sembrano logiche, ma non sono così semplici perché se le debolezze sono italiane, sono sotto o vicino al canestro allora dove andare a prendere italiani forti? Bella domanda, direbbe Recalcati che giocherellava con un rosario turco guardando Rullo che guardava Bulleri. Eh sì. Alla Benetton hanno sacrificato il vitellino meno magro per il ritorno in Ghirada del figliol prodigo, era andato via per avere uno stipendio da principe, nessuno lo aveva cacciato, ma poi hanno scoperto che se il genio tormentato di Cecina gioca al meglio, ridando fantasia, pensate un po’, non c’è più tanto spazio per chi sogna di vedere una Benetton con quattro, cinque ragazzi del vivaio nelle prossime corse.
Sarà meglio scegliere armadilli che amino anche la difesa, che si mettano a soffrire davvero, perché non basta il talento, la bella mano, la leggerezza doriana del Renzi di Cogorno per avere tutto, per essere eletti, per diventare allenatori del sistema europeo. Ci si morde la coda con questa storia dei giocatori allevati nelle scuole italiane, ci si sbrana sul nulla, si finge di avere fede, si finge di essere ottimisti, ma le cose vanno malamente, come diceva il pizzicagnolo del Padrino, e adesso speriamo che il Meneghin di maggio ci dia il decalogo su come saranno i campionati, su come ci si dovrà regolare con i tesseramenti, tenendo presente che dai consiglieri non arriverà nessun suggerimento decente, non è colpa loro se delle grandi società hanno visto soltanto i pacchi regalo, considerando che dai consiglieri eletti da giocatori ed allenatori avrà delle balbettanti risposte, perché fu così anche quando la Palombarini per prima prese a calci il povero fondoschiena del Maifredi che pensava di avere una santa alleata, perché tutti belano sulla Nazionale da difendere, da far qualificare, pur sapendo che se dobbiamo affidarci a certi giocatori allora meglio pensare ad altro. Certo lo fanno quelli che vanno a caccia di Poeta, perché così dicono i saggi rimatori del dolce stil novo, ma il Beppe santo che ancora fa passaggi molli e orizzontali, che non fa viaggiare una palla veloce parallela al terreno e diretta dove serve, non dove si può, è uno, unico, forse, e non può rinforzare insieme Milano, Roma o Siena, ammesso che Teramo debba lasciarlo andare per quadrare meglio il bilancio.
Certo siamo tutti in fibrillazione adesso che ci hanno fatto sapere dove potrebbe posteggiare la macchina Ettore Messina, adesso che l’Armani ha ripulito il piazzale davanti al Lido, confermando l’idea del Bucchi traghettatore che, intanto, si prepara ad assaltare il terzo posto con buone possibilità di arrivarci se Roma dovesse sbagliare qualche altra mossa, se alla Virtus finiranno per credere a tutte le conversioni dei peccatori che circolano nel gruppo, dentro e fuori dal campo. Qualcuno lo vorrebbe persino a Siena promuovendo Pianigiani alla Nazionale perché in certe zone di Roma si vorrebbe troncare con il passato e negare il busto a chi passeggia con Azzurra pur non facendone più parte. Sono i maestri della Guerra fredda, quelli che il nostro amico Grigoletti ha scacciato dal Mart di Rovereto perché anche lui è uscito in pezzi dopo aver ascoltato l’accademia televisiva dei pensieri deboli.
Sassate da lontano per vendetta. Nel basket acrilico si vive così: scintille e tradimenti mentre Eurosport festeggia la diretta della finale di Uleb Cup, o Eurocup , fate voi, con 70 paesi collegati grazie all’estensione africana ed asiatica di Al Jazeera, bacino potenziale 246 milioni di telespettatori, una caramella al veleno che la commissione “ immagine” della Lega, lasciata fortunatamente soltanto nelle mani di Lefebvre, scarterà nei giorni in cui si andrà a discutere sul futuro.
Pagelle nella desolazione del parcheggio dove a Biella è stato ferito un carabiniere, nel piazzale dolente dove Pancotto ha scoperto che la sua Fortitudo sbaglia troppe cose elementari anche se tutti dicono che la squadra è viva, confondendo la vena di qualche giocatore con la squadra: ma, lo diciamo all’eco di Sky, le avete viste le ultime 12 azioni di uno contro cinque degli aquilotti generosi? Bravo Huertas? Generoso forse. Bravo Mancinelli? Esagerato nel coraggio forse come in quella goffa virata con infrazione di passi che era l’ultimo chiodo per il feretro. Avevamo detto che soltanto la verità avrebbe salvato chi era in peccato originale. Ma tutti continuano a raccontarsela, sapendo di essere nel torto e nel marcio, da Udine a Roma, da Bologna a Bologna, da Milano e persino a Biella o Rieti.
Pagelle del primo caldo:
10 Al Massimo CROVETTI tornato nella trincea del palazzo ferrarese, gratificato e un po’ spaventato dalla grande ovazione che lo ha accolto. Certo dovrebbe aver ritrovato la forma, adesso che il suo presidente Roberto Mascellani ci ha preso gusto con questa serie A dove Ferrara è andata umilmente a lezione, senza scomporsi, trovando quello che cercava per il tormento di un sindaco che dovrà pur pensare ad un palazzo di diamanti anche per il grande sport.
9 Ad EUROSPORT e SPORTITALIA che ci hanno mostrato l’altra faccia della luna televisiva, che sostengono il gioco della palla al cesto, che hanno progetti, hanno idee e forse anche voci e non lo diciamo per la nostalgia di un Peterson buono per tutte le stagioni. Insomma non siamo soli in questo mare direbbe il Franco Lauro che ora smania per tornare a farci sentire come ha imparato bene a trattare il pitturato e le zone limitrofe, come ha capito quali sono le specialità di una casa, come si vive meglio dando un colpo al cerchio ed uno alla botte.
8 Al MICHELINI diventato spalla televisiva in RAI al posto di Bonamico perché la sua passione, la sua voglia d’insegnare, di vedere, di essere nel basket come protagonista gli permette di superare la cialtroneria di chi lo vorrebbe lasciare ai margini, di chi, come quando allenava, diceva che era bravissimo ma aveva un carattere difficile soltanto perché diceva che la deiezione del cane di casa puzzava come quella del cane del vicino.
7 A Jason KIDD che regala assist nella NBA dove questi veterani resistono a tutto, persino alla faccia tosta dei nuovi faraoni a cui devi dare la palla e poi dimenticarti che hanno la tua stessa maglia. Malattia che prende alla gola anche qui dove le troiadas variadas vengono spacciate per talento cristallino, purissimo. Se è per una volta va bene, ma non tutti i giorni e in tutte le salse.
6 Ad Eric WILLIAMS che dopo una stagione tormentata con Avellino riesce ancora a sorridere più del presidente Ercolino ormai sfinito dalla strana contestazione di chi dovrebbe domandarsi quante sono le società che pur non avendo avuto successo resistono ad una stagione europea e hanno anche qualche idea per il futuro.
5 Alla NBA crudele che manda in vacanza i nostri ragazzi italiani, che lascia Mike D’Antoni sul fondo, che non vede gloria per i KNICKS e pure per Toronto del Gherardini che a Torino era omaggiato molto più di Amenofi quarto, che ci restituirà, forse, il solo Bargnani pronto a difendere il Piave. Mondo lontano dove noi mettiamo il naso, ma senza sentirne i profumi e gli afrori, senza imparare quasi niente, sbavando soltanto perché avranno presto un contratto da 900 milioni di euro con le televisioni.
4 A Cesare PANCOTTO quando dice che alla Fortitudo manca un giocatore vincente. Il problema è che in troppi si considerano giocatori vincenti e forse era questo che cercava di spiegare il povero Sakota quando lo hanno messo alla porta, forse è questo che dovrebbe fare il decano dei nostri tecnici se vuole trovare la salvezza che fortunatamente per lui e i suoi non è negata dal libro delle stelle che non c’entra niente con il famoso parco dell’utopia.
3 A Romeo SACCHETTI che si vergogna un po’ in ritardo di questa Snaidero che era già rotta dentro quando ha cominciato la stagione senza seguire chi, avendone toccato con mano lo spessore in precampionato, voleva curarla e correggerla. Certo se parti con un mastino della difesa come Caja e arrivi con il Romeo che ama l’attacco secondo i vangeli del Poz allora bisogna dire che in casa c’è un po’ di disordine.
2 Al MONTINI pesarese che ha scoperto un po’ tardi il malessere di un gruppo dove ci sono giocatori che hanno dimenticato chi li sta pagando, dove c’è gente che non ha mai aiutato un allenatore comprensivo come Sacripanti, dove tutti si lamentano degli altri. Le multe finali, l’indignazione di oggi sembra tardiva anche a quota 26 punti potrebbero ballare ancora in cinque, anche se su quello scoglio c’è da prendere la vongola dell’ottavo posto che vuol dire Montepaschi ai play off, ma che vuol dire sempre qualcosa.
1 All’ANGELICO che continua a credere in Gaines, che guarda sempre con interesse ai progressi, quali?, di Aradori e Garri, perché dopo la vittoria nell’inaugurazione del nuovo palazzo ci eravamo convinti che la maledizione che aveva tormentato Livorno, Trieste, Pesaro, non avrebbe mai disturbato il progresso di una squadra che, come Pesaro, Montegranaro, Avellino e Ferrara può pensare a quota 26 punti e al famoso ottavo posto che è chimera e anche incubo.
0 All’ULEB che sembra decisa a spingere più in là i padri fondatori, approfittando della loro età, di malattie serie, ma il mondo del basket deve tenere cari questi vecchi leoni che hanno indicato una strada, un cammino che ci sembra più logico di quello dei giovani turchi del computerino dove leggi di tutto, dove sei collegato col mondo, ma non con l’anima della gente che esiste ancora, anche se a Torino hanno fatto finta di poterne fare a meno quando l’occasione era buona per avere orari decenti e ragazzi delle giovanili sulle tribune a “zeru lire” come direbbe Mourinho unica consolazione dello Scariolo che brindava al pareggio juventino senza sapere cosa sarebbe toccato ai suoi dolmen.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell'autore)

7 commenti:

pierocic ha detto...

concordo assolutamente sul giudizio positivo su michelini che fa trasparire passione e competenza, oltre a saper parlare in un buon italiano che non guasta

transumante ha detto...

Va bene, perchè non cita qualche nuovo campione nba "egoista"? Non credo sia esistito un giocatore più self-centred del vecchio jordan, ah sì, il vecchio wilkins...se è tanto per parlare ok, ma forse è meglio rimanere su ciò che si conosce

IL TEG ha detto...

più che altro tutta la storia di kidd non sta in piedi: la stella di dallas (il tedesco, non lui) è tutto meno che egoista, e i 20 assist di kidd significano moolto poco, visto in che contesto sono stati ottenuti...purtroppo se fosse in squadra con paul o deron williams giocherebbe 5 minuti a partita (per parlare dei campioni nel suo ruolo).
non ci sono più i giocatori non egoisti di una volta: kidd quattro botte alla moglie non le faceva mai mancare...

Straw61 ha detto...

non definirei Jordan egoista...era un maestro nel coinvolgere tutti i compagni ed è stato l'unico in grado di tirare fuori il meglio da Pippen, per non parlare poi dei vari Paxson, Armstrong, Grant, etc...oggi è inevitabile che le superstar siano più egoiste di vent'anni fa: allora in quintetto spesso ne avevi un altro paio quasi al tuo livello e nel roster comunque altri 5-6 ottimi giocatori, oggi non è ovviamente così...anche se gli anni bui del post MJ sembrano lentamente dissolversi e pare che si stia ricominciando a giocare ad un livello almeno decente.

transumante ha detto...

Straw, il jordan dei primi anni era un mulo, faceva 33 di media a stagione e prendeva schiaffi ai playoff. Poi è maturato e si è ravveduto. James ha capito questo molto prima, giocando nel deserto o quasi (poi è chiaro che la star monopolizzi la partita, si gioca in 5 e non in 11). Insomma, si voleva fare la solita tirata sulla decadenza dei costumi, e si è cascati dal pero

Straw61 ha detto...

transumante, erano altri tempi...MJ prendeva schiaffi ai playoffs perchè incontrava Bird, McHale, Parish, Dennis Johnson, Walton oppure Isiah, Dumars, V.Johnson, Laimbeer, Rodman, Dantley, tutti nella stessa squadra e non spalmati in tre squadre diverse...per quanto grande fosse, non potevi vincere da solo. Oggi con un LeBron più "nani e ballerine" puoi anche arrivare in finale...

transumante ha detto...

straw, d'accordo che le squadre erano di meno e il talento concentrato, ma come hai anche detto tu, non è che oggi ci sono dei bimbetti che portano il pallone e vogliono giocano solo loro, mentre un tempo saggi condottieri lasciavano spazio ai compagni: i compagni erano quasi come te, e il loro spazio se lo prendevano. Negli usa il fine del gruppo si risolve nell'esaltazione del singolo, del suo leader (scusa la sociologia da bar, non voglio semplificare, però l'impressione è questa)...ricordando che il punto di partenza era l'esaltazione dei 20 assist di kidd, in una partita inguardabile e contro una squadra allo sbando: ma uno è altruista perchè fa un assist?