Le quote di Babele

di Stefano Olivari
Per chi volesse approfondire la conoscenza del betting l’ostacolo non è tanto la lingua inglese quanto il modo in cui vengono indicate le quote a seconda del paese. Senza inerpicarci in discorsi su puntate speciali o handicap, possiamo dire che nel mondo delle scommesse a quota fissa ci sono fondamentalmente tre modi di indicare il pronostico secco su una partita. Il primo è quello più conosciuto in Europa (ma stranamente usato anche in Australia e Canada), cioè quello decimale: se il bookmaker ritiene che la Juventus abbia il il 50 per cento di possibilità di vincere una partita la quota nell’agenzia di Torino sarà di 2,00 (100 diviso 50). Il secondo è quello frazionale, tipico di Gran Bretagna e Irlanda: le agenzie di Dublino o di Londra offriranno la squadra di Ranieri a ½ (‘one-to-two’ se scrivete, mentre in agenzia l’impiegato potrebbe dirvi ‘two-to-one on’). Il terzo è quello americano, la cosidetta ‘moneyline’: per esprimere la stessa offerta a Las Vegas segneranno ‘Juventus meno 200’, cioè la somma necessaria da scommettere su di lei per vincere teorici 100 dollari. I problemi non nascono puntando, perché ognuno bene o male gioca a casa sua, ma studiando: i principali testi sono americani (con un’enfasi spesso assurda sullo ‘spread’) o inglesi (di solito testi sull’ippica adattati), quindi all’appassionato di altri paesi passa spesso la voglia di informarsi. Ci rifacciamo con gli exchange: anche quelli anglosassoni preferiscono quasi sempre le quote decimali, che permettono meglio delle altre di far incrociare domanda e offerta anche con piccoli volumi.
(pubblicato sul Giornale di oggi)

7 commenti:

Amarcoz ha detto...

"I problemi non nascono puntando, perché ognuno bene o male gioca a casa sua, ma studiando..."

Ecco, appunto, direttore. Perchè non colma Lei la lacuna cimentandosi in un bel testo (magari in stile "approccio somaresco a...": sa, tra i Suoi lettori, esistiamo anche noi poveri Homer Simpsons...) ?

Intanto, mentre ci pensa, può lanciare una sottoscrizione vendite qui sul blog in modo da farsi un'idea sulla fattibilità commerciale della cosa (dico, non vorrà mica arrichircisi ? Giusto per evitare di perderci, ecco...).

Io ovviamente prenoto fin da adesso la mia copia: basta che stiamo dentro i 20-25 euri...

Lbrt ha detto...

Mi accodo alla richiesta Amarcoz.

Stefano Olivari ha detto...

Troppo buoni, ma dopo quello che da un anno sto scrivendo (sorvolando sui soldi che ci sto spendendo, tra foto d'epoca e tutto il resto) sul basket milanese-italiano d'epoca credo che mi ritirerò. Non dovessi ritirarmi, insieme all'Uruguay 1930già scritto (credo potrebbe avere ancora meno acquirenti di quello su Jura e soci) la prima idea commerciale è proprio per un libro sulle scommesse. Con considerazioni matematiche ed interviste a giocatori professionisti, che nonostante quello che si pensi esistono e lottano (purtroppo non insieme a noi).

Lbrt ha detto...

Eh no, direttore: non puoi far venire l'acquolina mentre paventi il ritiro.
Il mercato sono convinto che ci sarebbe, e non solo vista la crescita del volume delle scommesse. Magari potresti parlare anche del potere di condizionare gli eventi sportivi che hanno certi grossi scommettitori ...

Andrea ha detto...

domandina storico-sociale (o quello che volete)...

la scorsa estate, nell'agenzia accanto al (lurido) hotel di dublino dove soggiornavo, volevo puntare dieci euro per seguire il derby di manchester con più gusto. fra le varie offerte decisi di puntare su un gol di tevez.

col mio inglese maccheronico (da italiano, per quanto senza invicta) ho capito che dovevo essere io di mio pugno a scrivere la giocata perché l'impiegato non avrebbe accettato un'indicazione solo orale.
corrsiponde al vero o sono finito in una sala sin troppo zelante?

(naturalmente mi accodo per il libro. il direttore potrebbe fare come david bowie, ossia emettere dei bond legati agli introiti dei prossimi volumi)

Amarcoz ha detto...

Lo vede, direttore ? Lei non ha l'anima del commerciante: prima doveva scrivere il libro sulle scommesse (che di sti tempi venderebbe bene visto il seguito del blog e la rubrica sul Giornale) e poi, grazie ai soldi guadagnati lì, si sarebbe potuto dedicare a libri di nicchia dal grande valore sentimentale e culturale, ma dal difficile destino commerciale.

Dia retta: ci faccia un pensierino... Il basket meneghino può tranquillamente continuare ad attendere, il momento caldo delle scommesse sportive è adesso. O sono solo io ad aver notato il bombardamento pubblicitario sul betting su tutti i media nazionali ?

Stefano Olivari ha detto...

Ormai l'ossessione per Jura e compagni ha superato ogni considerazione logica o finanziaria, devo assolutamente finire quello che ho cominciato un anno fa...per quanto riguarda la sala dublinese, la questione è interessante perchè non mi sono mai posto il problema dell'obbligatorietà della giocata scritta...nell'era pre-web ho sempre giocato scrivendo (sul classicissimo doppio foglietto copiativo) solo perchè questa era la prassi, ma l'obbligatorietà credo dipenda dalle singole aziende...