di Stefano Olivari
La maggioranza degli scommettitori ha un bilancio in perdita, verità difficilmente confutabile dai bookmaker: la loro stessa esistenza ne è la prova. Poi a seconda del pay-out (vincite pagate sul totale delle giocate), a livello aggregato annuale compreso fra il 65 e l’80%, ci sono aziende che guadagnano più di altre. Quasi inutile ricordare che se tutti giocassero con la testa al banco rimarrebbe nel lungo periodo solo l’aggio matematico, meno del 10% del volume. Stando ai quotisti gli errori principali dei dilettanti sono raggruppabili in quattro categorie. 1) Money management incoerente. A parità di competenza, chi scommette 100 euro sulla partita difficile e 500 sulla facile si autocandida al disastro: le quote già ‘scontano’ la difficoltà del pronostico incrociata con i volumi. 2) Attenzione solo agli eventi popolari. Nessun professionista si arricchisce con gli Juve-Inter della situazione, che per volumi tendono ad annullare le disparità di vedute tra domanda ed offerta. 3) Tifo. Il partito dell’assicurazione emotiva (Sono tifoso del Milan? Allora punto contro il Milan) è perdente come quello del tifoso ottuso: non è un caso che le quote dei grandi club o dei campioni più famosi siano sembre ‘sbagliate’ al ribasso rispetto alla previsione tecnica. 4) Ignoranza. Il vantaggio matematico del banco si può dimostrare in decine di modi: nessuna scommessa vincente può prescindere da una scelta qualitativa corretta, cioè da una probabilità a noi più favorevole rispetto a quella ottenuta invertendo la quota.
(pubblicato sul Giornale di ieri)
5 commenti:
Scusa Stefano, potresti chiarire il punto numero 1?
Non credo di averlo capito bene e, quindi, mi sembra sbagliato...
Volevo dire che cambiare la pesantezza del proprio gioco in funzione della facilità (presunta) della partita e non del proprio budget è un errore mortale. Se il tuo budget è 1000, non puoi comunque (perlomeno, come ben sai, nessun professional lo fa) puntarne 900 su un singolo evento, nemmeno su Manchester United-Oratorio Piripicchio, ma devi seguire la linea che ti sei dato: gli handicapper, che scommettono a tappeto, raramente vanno sopra lo 0,5% del budget per singola puntata, quelli da selected pick possono anche impegnare il 2% del budget su un singolo evento. Poi se sei d'accordo con il portiere puoi anche ipotecare la casa per giocare una vittoria a 1,01, ma stavo parlando di statistica...
Aaaahhh...
Ok ok ok!
Capito adesso e ti do piena ragione.
Avevo proprio frainteso: mi è sembrato che sconsigliassi di "dosare" il gioco in modo inversamente proporzionale alla probabilità presunta di un evento...
Se faccio due giocate su avvenimenti diversi, una ad alto rischio (quota alta) e una più cauta (quota bassa), è ovvio che debba puntare meno, in termini assoluti, sulla prima e più, invece, sulla seconda. Capisco che è una banalità, ma leggendo mi era sembrato che tu dicessi il contrario.
Quanto alla coerenza col proprio portafoglio: quella è fondamentale, la prima regola (di tante) da non infrangere mai. Qualsiasi avvenimento sportivo (di qualsiasi sport) è qualcosa di troppo "stupido" (in senso di casuale nell'esito) da legarsi mani e piedi al suo risultato...
Diretto, io sono ignorante e poco appassionato. Ma quando lei parla di evento intende singola gara o evento statistico giocabile, anche nella stessa gara quindi? Comunque la cara vecchia regola della diversificazione funziona sempre nel risk management e se uno fa lo scommettitore in maniera professionale mi sembra l'unico modo per restare in piedi.
Evento statistico giocabile, possibilmente non correlato ad altri con nostre puntate. Esempio: se scommetto sull'over 2,5 e metto soldi anche sui 3 gol totali in termini di diversificazione non faccio una grande scelta.
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