Oscar Eleni che in sogno si è avventurato a passo di marcia sotto i tigli di Berlino dove un tempo sfilavano i soldati prussiani, dove non tanto tempo dopo sfilavano quelli russi, dove si è celebrata una bella festa per oltre 13 mila spettatori, perché la finale di Eurolega è stata proprio coinvolgente, in un’arena adeguata, in un posto dove tutti si sono divertiti, anche chi ha perduto, perché la conclusione del torneo più difficile ci ha fatto capire due cose importanti: non è vero che gli allenatori contano poco, non è vero che il basket più bello in questi giorni lo abbiamo visto seguendo i berci dei playoff NBA.
Con Obradovic e Messina vai più o meno dove vuoi, se poi hai dietro anche buoni giocatori allora spopoli, diventi il padrone. Siamo sempre stati convinti che l’allenatore ha in mano l’anima di una squadra: se può lavorarci sopra, senza ostruzionismo societario, allora arriva ai massimi risultati. Basta pensare al Messina bolognese e ai suoi presidenti, confrontare per credere. Su Obradovic ci bastò vederlo al lavoro, sentire Buzzavo che parlava della sua competenza, della sua “cattiveria”, per renderci conto che dovunque lo avessimo incontrato sarebbero stati guai per le sue avversarie. Certo anche lui invecchia, si ammorbidisce, magari sbaglia, però se esce dalla tenda è per andare a cercare la sua vittima e non certo per regalarle dei fiori. Eurolega senza italiani, ma Messina e Basile sono stati davvero bravi nel ricordarci alla gente come scuola sicura, come terra di grandi tradizioni e siamo sbalorditi, amareggiati, per la scelta di Rigas, il greco a capo degli arbitri Uleb, un amico del nostro basket nei secoli, per non aver chiamato a Berlino neppure un direttore di gara italiano. Schiaffo pesante, condanna prima ancora che la procura di Reggio Calabria metta tutti alla berlina perché chi può leggersi Paolo Toscano sulla Gazzetta del Sud scoprirà quello che temeva da sempre: taroccati gli arbitraggi, le note spese, taroccati i campionati, un misto griglia con olio di colza che coinvolge tutti, perché è dai tempi che le note spese hanno falsificato tanti rapporti come potrebbe testimoniare il povero Ceccotti che aveva scoperto la truffa a barre, ai caselli e nei supermercati, che seguiva piste precise. Dalle serie minori alla massima serie, sia chiaro. Chiedere a Pesaro, Caserta, Roma, Milano, Bologna e Siena.
Nel viale dei tigli hanno marciato anche i giovani di Siena, ma tutti abbiamo guardato sbalorditi i giovani presentati dalla Serbia. Però i nostri c’erano, ma pochi lo hanno potuto notare perché qui gli allenatori devono spendere per avere i punti nell’aggiornamento secondo il sistema Gebbia.
Sui marciapiedi berlinesi ci siamo anche fermati al sole per leggere Il Sospetto, un libricino giallo che lo svizzero Durrenmatt ci ha regalato per rendere più lieve il duro compito del Meneghin che deve andare nella giostra, come il cavaliere nero, sfidando tutti quelli che lo hanno preso in giro, che continuano a stuzzicarlo, che non sono leali: nel libro si dice che un vero Don Chisciotte, e Meneghin lo è diventato ascoltando Petrucci che poi non lo ha liberato dal ciarpame delle teste quadre da comitato regionale, è fiero della sua corazza di latta perché la lotta contro la stupidità e l’egoismo degli uomini è sempre stata difficile e rischiosa, sempre legata alla povertà e all’umiliazione, ma è una lotta sacra e non la si deve condurre a furia di lamentele, ma con dignità.Operateci a cuore aperto perché Messina ed Obradovic ci hanno spiegato che i grandi allenatori cambiano la storia, ribaltano anche partite dove trovi sempre il ragazzo tremebondo che ti lascia nudo, costringendoti a cambiare il piano studiato tanto bene. Nel CSKA hanno tradito più che nel Panathinaikos, per questo hanno perduto, pur salvano la faccia.
Diteci che non abbiamo visto lontano, quando abbiamo avvisato i naviganti nel mare dove domina il naviglio senese che non poteva esserci competizione se sulle navi all’inseguimento non avessero fatto salire dei veri master e commander, se non avessero cercato di imitare chi era davvero il numero uno. La conferma di tutto questo l’abbiamo avuta su Repubblica nella bella intervista di Walter Fuochi al Minucci che quando ha sentito la parola sudditanza ha spiegato al colto, all’inclita, allo stupido, come si costruisce una grande società da cui poi far nascere una grande squadra. In quel duetto fra sapienti ci ha detto anche come potrebbe essere il futuro del Pianigiani se passando al largo anche questa volta dovesse fermarsi ad ascoltare le sirene che lo invocano da lontano, magari in terra straniera. Minucci e la realtà delle cose, schivando ogni secca, ma perché ci ha studiato anche la notte e gli arbitri, lo sapete, fischiano spesso quello che vedono come direbbero a Sky, ma molte volte, come direbbero nei bar sotto casa, fischiano anche quello che vorrebbero vedere per potersene andare tranquilli al confessionale. Il sistema ha sempre avuto questo tipo di funzionamento, devi essere superiore in tante cose per far vedere anche quello che non c’è o nascondere quello che non vorresti far vedere. Ora tocca al Montepaschi perché gli altri si sbranano nel nulla, vanno a cercare funghi in fondo al mare, mentre don Ferdinando riesce a trovare del buono persino in certi personaggi, ma forse perché dando spago a loro li tiene lontani dalle miniere dove si estraggono scudetti, buoni bilanci, dove si crescono in casa allenatori che poi fanno tutti i record possibili.
Strade berlinesi per raccontarsi che SKY ci ha mandato un messaggio forte e chiaro: telecronache dal tubo, non del tubo, almeno in parte, risparmio per avvisarci che il basket in diretta costa tantissimo e per questo bisogna fare bene i conti prima di fare bene i bulli.
Porta di Brandeburgo per lanciare una pietra nello stagno del campionato arrivato alla stretta finale, per ascoltare le banalità di chi parla tanto e non si accorge che per dare fiato alle trombe è sempre necessario avere almeno il fiato o, cosa più importante, uno che ti garantisca che, se non hai scelto il detto “prima di parlare taci” , sarà comunque dalla tua parte pur sapendo con che tipi di giocatori hai dovuto lavorare per tutto l’anno.
Padelle e crauti:
10 A Zele OBRADOVIC perché il suo modo di andare in battaglia è sempre diverso, ma alla fine arriva dove tu non potresti immaginare. Quando perse la seconda contro Siena, nonostante le schifezze arbitrali, andammo in giro a dire che con quella difesa era pronto per lo spiedo, lo dicemmo anche a Rai International scoprendo che il conduttore era stupito dal nostro ottimismo. Aveva ragione lui. Deve aver sentito le vibrazioni del crudele, noi l’illusione di vederlo finalmente invecchiare. Non è stato così ed eccolo lassù dove nessuno potrà mai raggiungerlo.
9 Ad Ettore MESSINA perché nella catastrofe del meno 23, invece di impiccare chi si era staccato da solo i fili, ha provato a riannodare tutto, senza andare in crisi mentale, senza morsicare troppo, dicendo come stavano le cose, riportando alla realtà un po’ tutti. La rimonta è stata un capolavoro mentale contro il più forte di tutti, contro un’avversaria più forte del CSKA. Questo vale doppio anche se l’albo d’oro non ricorderà. Ora lo vedono in partenza per l’Ammerrica, ma cose si scava nei cuori NBA? Questo il dilemma. Culture diverse e mai ecocompatibili.
8 A Luca BASILE che ha sbagliato tiri importanti, ma non si è mai arreso, ha difeso duro, facendoci sapere che in estate sarà meglio pregare gente come lui di vestire la maglia azzurra, senza confidare troppo nei neurolabili del settore.
7 All’ULEB per aver organizzato bene la finale di Berlino, evitando che i tifosi greci andassero oltre la rete, portassero i laser nell’arena. Non era facile, ma, se ci pensate, quando sai cosa vuoi e cosa cerchi non vieni mai sorpreso.
6 Agli ASSISTENTI che nelle finali di eurolega, come del resto in tutto il torneo, si sono rivelati davvero utili, importanti. Pensate che da noi ci sono certi furbacchioni di manager che cominciano a risparmiare ingaggiando assistenti che non hanno neppure superato il primo sbarramento. La stessa cosa per dirigere i vivai dove si preferiscono quelli da due lire, quelli che tanto hanno un altro mestiere.
5 Ad Erasmo LORBEK, a nome dei tanti ragazzi promettenti che vanno e vengono su questa giostra, che anche nella finale di Berlino ci ha lasciato con le mani umide perché questo talento che sembra sempre pronto a sbocciare viene attirato nella rete con troppa semplicità. Dicevano che poteva essere colpa di Repesa quando lo vedevano così incostante, adesso anche Messina potrebbe spiegare che certi giocatori per maturare avrebbero sempre bisogno di soffrire.
4 Alle GRANDI del basket italiano se non faranno di tutto per riportare in Italia l’Ettore Messina che forse ha chiuso la sua esperienza moscovita. Dicono che la NBA ha mezzi più convincenti, ma conta anche cosa si propone.
3 A JASIKEVICIUS il genio delle coppe, l’uomo dell’oro per Barcellona, Maccabi, Panathinaikos, l’uomo che avrebbe dovuto esaltare sempre la Lituania, perché quando gli dici che è finito, che non pensa alla squadra, che non difende, lui cambia lato del disco e ti lascia solo in mezzo ai tigli senza neppure il conforto di una giustificazione per aver parlato prima di tacere.
2 Agli ARBITRI italiani che non hanno aperto bocca dopo la beffa di Berlino dove non sono stati chiamati neppure per le semifinali. Non ci vengano a dire che c’era il veto perché l’italiano Messina era fra i finalisti. Sarebbero bugie anche più gravi di quelle di chi cerca di uscire dalla buca delle lettere della procura di Reggio Calabria.
1 A Dino MENEGHIN se si lascia ancora insultare da certa gente, se non urla chiaro e forte che questo basket lo si può salvare se la gente collabora, non se finge di non capire e si vanta di poterti minacciare.
0 All’OLYMPIACOS Atene per aver alzato in maniera assurda certi stipendi, per aver portato verso la bancarotta un basket europeo che avrebbe bisogno di un calmiere, di gente con la testa sulle spalle ed una mano sul cuore per non rendere inutili i campionati nazionali, concentrando tutto sulla grande visione europea, che è bellissima, ma che ci fa tremare se si possono dare più di 4 milioni di euro ad un Childress.
Con Obradovic e Messina vai più o meno dove vuoi, se poi hai dietro anche buoni giocatori allora spopoli, diventi il padrone. Siamo sempre stati convinti che l’allenatore ha in mano l’anima di una squadra: se può lavorarci sopra, senza ostruzionismo societario, allora arriva ai massimi risultati. Basta pensare al Messina bolognese e ai suoi presidenti, confrontare per credere. Su Obradovic ci bastò vederlo al lavoro, sentire Buzzavo che parlava della sua competenza, della sua “cattiveria”, per renderci conto che dovunque lo avessimo incontrato sarebbero stati guai per le sue avversarie. Certo anche lui invecchia, si ammorbidisce, magari sbaglia, però se esce dalla tenda è per andare a cercare la sua vittima e non certo per regalarle dei fiori. Eurolega senza italiani, ma Messina e Basile sono stati davvero bravi nel ricordarci alla gente come scuola sicura, come terra di grandi tradizioni e siamo sbalorditi, amareggiati, per la scelta di Rigas, il greco a capo degli arbitri Uleb, un amico del nostro basket nei secoli, per non aver chiamato a Berlino neppure un direttore di gara italiano. Schiaffo pesante, condanna prima ancora che la procura di Reggio Calabria metta tutti alla berlina perché chi può leggersi Paolo Toscano sulla Gazzetta del Sud scoprirà quello che temeva da sempre: taroccati gli arbitraggi, le note spese, taroccati i campionati, un misto griglia con olio di colza che coinvolge tutti, perché è dai tempi che le note spese hanno falsificato tanti rapporti come potrebbe testimoniare il povero Ceccotti che aveva scoperto la truffa a barre, ai caselli e nei supermercati, che seguiva piste precise. Dalle serie minori alla massima serie, sia chiaro. Chiedere a Pesaro, Caserta, Roma, Milano, Bologna e Siena.
Nel viale dei tigli hanno marciato anche i giovani di Siena, ma tutti abbiamo guardato sbalorditi i giovani presentati dalla Serbia. Però i nostri c’erano, ma pochi lo hanno potuto notare perché qui gli allenatori devono spendere per avere i punti nell’aggiornamento secondo il sistema Gebbia.
Sui marciapiedi berlinesi ci siamo anche fermati al sole per leggere Il Sospetto, un libricino giallo che lo svizzero Durrenmatt ci ha regalato per rendere più lieve il duro compito del Meneghin che deve andare nella giostra, come il cavaliere nero, sfidando tutti quelli che lo hanno preso in giro, che continuano a stuzzicarlo, che non sono leali: nel libro si dice che un vero Don Chisciotte, e Meneghin lo è diventato ascoltando Petrucci che poi non lo ha liberato dal ciarpame delle teste quadre da comitato regionale, è fiero della sua corazza di latta perché la lotta contro la stupidità e l’egoismo degli uomini è sempre stata difficile e rischiosa, sempre legata alla povertà e all’umiliazione, ma è una lotta sacra e non la si deve condurre a furia di lamentele, ma con dignità.Operateci a cuore aperto perché Messina ed Obradovic ci hanno spiegato che i grandi allenatori cambiano la storia, ribaltano anche partite dove trovi sempre il ragazzo tremebondo che ti lascia nudo, costringendoti a cambiare il piano studiato tanto bene. Nel CSKA hanno tradito più che nel Panathinaikos, per questo hanno perduto, pur salvano la faccia.
Diteci che non abbiamo visto lontano, quando abbiamo avvisato i naviganti nel mare dove domina il naviglio senese che non poteva esserci competizione se sulle navi all’inseguimento non avessero fatto salire dei veri master e commander, se non avessero cercato di imitare chi era davvero il numero uno. La conferma di tutto questo l’abbiamo avuta su Repubblica nella bella intervista di Walter Fuochi al Minucci che quando ha sentito la parola sudditanza ha spiegato al colto, all’inclita, allo stupido, come si costruisce una grande società da cui poi far nascere una grande squadra. In quel duetto fra sapienti ci ha detto anche come potrebbe essere il futuro del Pianigiani se passando al largo anche questa volta dovesse fermarsi ad ascoltare le sirene che lo invocano da lontano, magari in terra straniera. Minucci e la realtà delle cose, schivando ogni secca, ma perché ci ha studiato anche la notte e gli arbitri, lo sapete, fischiano spesso quello che vedono come direbbero a Sky, ma molte volte, come direbbero nei bar sotto casa, fischiano anche quello che vorrebbero vedere per potersene andare tranquilli al confessionale. Il sistema ha sempre avuto questo tipo di funzionamento, devi essere superiore in tante cose per far vedere anche quello che non c’è o nascondere quello che non vorresti far vedere. Ora tocca al Montepaschi perché gli altri si sbranano nel nulla, vanno a cercare funghi in fondo al mare, mentre don Ferdinando riesce a trovare del buono persino in certi personaggi, ma forse perché dando spago a loro li tiene lontani dalle miniere dove si estraggono scudetti, buoni bilanci, dove si crescono in casa allenatori che poi fanno tutti i record possibili.
Strade berlinesi per raccontarsi che SKY ci ha mandato un messaggio forte e chiaro: telecronache dal tubo, non del tubo, almeno in parte, risparmio per avvisarci che il basket in diretta costa tantissimo e per questo bisogna fare bene i conti prima di fare bene i bulli.
Porta di Brandeburgo per lanciare una pietra nello stagno del campionato arrivato alla stretta finale, per ascoltare le banalità di chi parla tanto e non si accorge che per dare fiato alle trombe è sempre necessario avere almeno il fiato o, cosa più importante, uno che ti garantisca che, se non hai scelto il detto “prima di parlare taci” , sarà comunque dalla tua parte pur sapendo con che tipi di giocatori hai dovuto lavorare per tutto l’anno.
Padelle e crauti:
10 A Zele OBRADOVIC perché il suo modo di andare in battaglia è sempre diverso, ma alla fine arriva dove tu non potresti immaginare. Quando perse la seconda contro Siena, nonostante le schifezze arbitrali, andammo in giro a dire che con quella difesa era pronto per lo spiedo, lo dicemmo anche a Rai International scoprendo che il conduttore era stupito dal nostro ottimismo. Aveva ragione lui. Deve aver sentito le vibrazioni del crudele, noi l’illusione di vederlo finalmente invecchiare. Non è stato così ed eccolo lassù dove nessuno potrà mai raggiungerlo.
9 Ad Ettore MESSINA perché nella catastrofe del meno 23, invece di impiccare chi si era staccato da solo i fili, ha provato a riannodare tutto, senza andare in crisi mentale, senza morsicare troppo, dicendo come stavano le cose, riportando alla realtà un po’ tutti. La rimonta è stata un capolavoro mentale contro il più forte di tutti, contro un’avversaria più forte del CSKA. Questo vale doppio anche se l’albo d’oro non ricorderà. Ora lo vedono in partenza per l’Ammerrica, ma cose si scava nei cuori NBA? Questo il dilemma. Culture diverse e mai ecocompatibili.
8 A Luca BASILE che ha sbagliato tiri importanti, ma non si è mai arreso, ha difeso duro, facendoci sapere che in estate sarà meglio pregare gente come lui di vestire la maglia azzurra, senza confidare troppo nei neurolabili del settore.
7 All’ULEB per aver organizzato bene la finale di Berlino, evitando che i tifosi greci andassero oltre la rete, portassero i laser nell’arena. Non era facile, ma, se ci pensate, quando sai cosa vuoi e cosa cerchi non vieni mai sorpreso.
6 Agli ASSISTENTI che nelle finali di eurolega, come del resto in tutto il torneo, si sono rivelati davvero utili, importanti. Pensate che da noi ci sono certi furbacchioni di manager che cominciano a risparmiare ingaggiando assistenti che non hanno neppure superato il primo sbarramento. La stessa cosa per dirigere i vivai dove si preferiscono quelli da due lire, quelli che tanto hanno un altro mestiere.
5 Ad Erasmo LORBEK, a nome dei tanti ragazzi promettenti che vanno e vengono su questa giostra, che anche nella finale di Berlino ci ha lasciato con le mani umide perché questo talento che sembra sempre pronto a sbocciare viene attirato nella rete con troppa semplicità. Dicevano che poteva essere colpa di Repesa quando lo vedevano così incostante, adesso anche Messina potrebbe spiegare che certi giocatori per maturare avrebbero sempre bisogno di soffrire.
4 Alle GRANDI del basket italiano se non faranno di tutto per riportare in Italia l’Ettore Messina che forse ha chiuso la sua esperienza moscovita. Dicono che la NBA ha mezzi più convincenti, ma conta anche cosa si propone.
3 A JASIKEVICIUS il genio delle coppe, l’uomo dell’oro per Barcellona, Maccabi, Panathinaikos, l’uomo che avrebbe dovuto esaltare sempre la Lituania, perché quando gli dici che è finito, che non pensa alla squadra, che non difende, lui cambia lato del disco e ti lascia solo in mezzo ai tigli senza neppure il conforto di una giustificazione per aver parlato prima di tacere.
2 Agli ARBITRI italiani che non hanno aperto bocca dopo la beffa di Berlino dove non sono stati chiamati neppure per le semifinali. Non ci vengano a dire che c’era il veto perché l’italiano Messina era fra i finalisti. Sarebbero bugie anche più gravi di quelle di chi cerca di uscire dalla buca delle lettere della procura di Reggio Calabria.
1 A Dino MENEGHIN se si lascia ancora insultare da certa gente, se non urla chiaro e forte che questo basket lo si può salvare se la gente collabora, non se finge di non capire e si vanta di poterti minacciare.
0 All’OLYMPIACOS Atene per aver alzato in maniera assurda certi stipendi, per aver portato verso la bancarotta un basket europeo che avrebbe bisogno di un calmiere, di gente con la testa sulle spalle ed una mano sul cuore per non rendere inutili i campionati nazionali, concentrando tutto sulla grande visione europea, che è bellissima, ma che ci fa tremare se si possono dare più di 4 milioni di euro ad un Childress.
Oscar Eleni
(per gentile concessione dell'autore, foto tratta da http://www.eurocupbasketball.com/)
2 commenti:
evvai...siamo arrivati al parlare di sè in terza persona!
Si vorra' dissociare da se stesso
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