La formula della serie A di hockey su ghiaccio, il cui campionato inizierà il prossimo 26 settembre, fa ridere o piangere? Le partecipanti saranno nove, con la solita equilibrata distribuzione sul territorio italiano: i campioni del Bolzano, poi Renon, Val Pusteria, Fassa, Asiago, Alleghe, Cortina, Pontebba e la neopromossa Valpellice (unica quindi al di fuori del Triveneto). La cosiddetta stagione regolare prevede cinque gironi: tre per così dire di andata e due per così dire di ritorno, mentre la qualificazione ai playoff sarà difficilissima: ci andranno solo otto squadre su nove. L'anno scorso i club del nostro massimo campionato erano otto, con Milano, Torino e Varese in A2. Come tutti gli sport, anche l'hockey ghiaccio viene gestito in perdita per i soliti motivi: non è colpa di nessuno se a Roma o Bologna non esiste un pazzo che ambisca a vincere lo scudetto di 'disco su ghiaccio' (per parlare anni Trenta) o qualche centinaio di appassionati che costringano i negozianti locali ad autotassarsi. Il discorso è sempre il solito: ha un senso, sia economico che etico, questo professionismo da sfigati? Senza offesa per l'hockey, perchè negli sfigati includiamo anche tutte le realtà calcistiche non in grado strutturalmente di autofinanziarsi (quindi dalla B in giù). La vera rivoluzione sarebbe lo sport nella scuola inteso non solo come pratica ma come agonismo, in modo da ancorare ogni comunita locale ad una realtà che non dipenda dai capricci o dai fallimenti del primo farabutto riciclatore che passa. Significherebbe ridimensionarsi in ogni senso, perchè non è che un trentenne canadese verrà mai a frequentare il liceo a Bolzano pagato sottobanco dal preside, e dare una connotazione amatoriale vera all'attività senior. Il professionismo dei 'grandi' potrebbe stare in piedi solo con un Club Italia che facesse tornei internazionali, mentre tutto il resto dipenderebbe dalla passione e dal territorio. Non cambierebbe molto a livello di nomi, probabilmente le valli dominerebbero ancora di più, ma come filosofia sportiva sarebbe una svolta vera. Non c'è alcun motivo per guardare la serie A di basket o di hockey quando hai a tua disposizione hai NBA ed NHL, a meno che quelli che vanno in campo non rappresentino qualcosa per te. Onore a Kenny Corupe e a Nicolas Corbeil, ma che senso hanno?
6 commenti:
Diretto, onde evitare fraintendimenti precisi bene (magari in grassetto) che parla del "professionismo" in certi sport paracondominiali (in Italia, ovviamente)e non che l'attività agonistica nell'hockey(tutti: pista, prato,ghiaccio, inline)sia senza senso.
Dovrebbe essere chiaro a tutti, anche se qualche anno fa il presidente della squadra campione d'Italia (di hockey ghiaccio) disse che il movimento avrebbe potuto autofinanziarsi con i diritti televisivi...
"sport nella scuola inteso non solo come pratica ma come agonismo, in modo da ancorare ogni comunita locale ad una realtà che non dipenda dai capricci o dai fallimenti del primo farabutto riciclatore che passa"... Esatto: guarda caso la medesima situazione per cui nell'enorme parte di USA dove non ci sono squadre pro dei 4 grandi sport, perché insostenibili economicamente, si divertono lo stesso con high school e college. Chiaro anche che i proprietari di squadre dei 4 suddetti sport non sono farabutti riciclatori, ma lì ci sono regole diverse...
Poche cose sono meno appassionanti delle estati da venditori di diritti...il mio dentista potrebbe tranquillamente tirare fuori domani mattina i 300mila che servono per un diritto di LegaDue di basket...ma se si accetta questa logica non ci si può lamentare che poi arrivi lo sceicco a comprare tutto...
Non credo che la scuola possa gestire delle squadre tipo licei e college USA. Ultimamente, per quello che ne so, si sta cercando di incentivare l'autonomia, ma di lì a poter gestire dei veri e propri programmi sportivi mi sembra che ci sia un abisso. Sulla necessità di abolire il professionismo in stile Crotone non ho dubbi ma se penso a tutti i professori di ginnastica avuti forse ce ne sarebbe stato 1 con la mentalità giusta, gli altri erano se andava bene ex-atleti più o meno mediocri se non fortunati vincitori della lotteria del posto fisso.
Penso che il futuro di tutti gli sport minori (cioè tutti a parte il calcio) sia quello di fare squadra di rappresentanza regionale (o più regioni) professionistiche che partecipino a campionati sovrannazionali (ovvero europei) senza retrocessioni e promozioni, mentre invece i club dovrebbero partecipare a campionati locali meramente dilettantistici e servino come serbatoio alla rapprasentativa regionale.
Lei direttore aveva scritto qualche mese fa un post in cui appunto diceva che il baseball stava intraprendendo questa strada: ci sono novità? Io da qualche parte ho letto che però si volevano far dare contributi dalla Major League americana...saprebbe dirmi qualcosa di più al riguardo?
Posta un commento