Anno sottozero
Di poche ore fa sono i funerali di Gianluigi Porelli, non un santo ma uno dei pochi dirigenti del basket italiano con una visione dello sport diversa da quella del 'ricco da intortare perché ci metta i soldi'. Non è un caso che Bologna sponda Virtus fin dai suoi tempi sia l'unica realtà italiana in cui sia possibile fare basket di buon livello anche prescindendo (teoricamente, perché poi c'è sempre stato) dallo sponsor. Senza grandi segreti: bastano, si fa per dire, seimila abbonati disposti ad anticipare cifre importanti già in estate. Di adesso è l'inizio dei primi Europei a cui l'Italia non partecipa perché eliminata in qualificazione, con un c.t. da due anni (il Mondiale 2006 fu un'occasione persa, ma non mal giocata) indifendibile ma anche troppo facile da linciare: non ha il baffo della Nike come il più indisponente dei suoi campioni (ti possono dare 10 milioni di dollari all'anno anche solo per marketing, non è un delitto farlo o dirlo), è anziano e forse con i capelli tinti, ha il difetto di essere un player's coach in un contesto in cui servirebbero forse di più i sergenti di ferro. Intanto fra poche settimane riparte la nostra Nba sfigata, con giocatori (non importa se stranieri o italiani) che durano poche partite, progetti pluriennali (Vitali, per dirne uno) azzerati da un filotto di partite sbagliate e tifosi che vorrebbero avere qualcosa a cui attaccarsi ma non la trovano. Moriremo guardando Controcampo?
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3 commenti:
Ottima fotografia Stefano.
Vari temi da te sfiorati, filo denominatore comune, il bene comune come obiettivo primario, e in questo Porelli sicuramente è stato uno dei pochi a tenerselo sempre bene a mente.
Sull'Italbasket, secondo me c'era poca chimica, pochissima identità di squadra, non un enorme voglia di sbattersi, un talento diffuso povero e i pochi talentuosi che non riuscivano a produrre per gli altri, e infine una conduzione tecnica (senza voler linciare nessun) semplicemente non ha saputo adeguarsi al materiale umano che aveva a disposizione, proseguendo sull'unico canovaccio noto che mal si adattava a questo gruppo. Il risultato è una squadra che ha reso meno di quello che poteva.
A mio avviso il buon Charlie è da tenere in ambito federale con incarichi di coordinamento ma è tempo di cambiare...
Di sicuro Recalcati come c.t. è da cambiare, perché il livello medio dei giocatori della Nazionale (anche senza Gallinari) è paradossalmente molto superiore a quello generale del basket italiano. La quantità di canestri facili della Francia (come noi mediocre nel tiro da fuori) è stata imbarazzante, dieci cambi difensivi consecutivi sbagliati non dipendono dal caso o dalla qualità dei giocatori ma da come hanno lavorato nelle settimane precedenti. Poi la qualificazione non è stata certo persa in questo agosto: è finito un ciclo, ma questo non vuol dire che Scariolo (ieri contro la Serbia ha rimediato una figura da...Italia, pur avendo a disposizione qualche talento in più) o Messina (due Europei su tre semifallimentari, nella sua gestione azzurra, oltra alla qualificazione mancata per Atlanta) avrebbero combinato di sicuro molto di più. Giusto cambiare, ma senza linciare.
D'accordissimo direttore. Giusto cambiare... le teste pensanti del basket italiano più ancora dell'allenatore
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