1. Un recente sondaggio lanciato dal quotidiano inglese Daily Mail ha eletto il francese Stephane Guivarc’h peggior attaccante di sempre della Premier League, ovvero il campionato inglese dalla stagione 92-93 in poi. Campione del mondo con la Francia nel 1998, Guivarc’h era stato acquistato dal Newcastle, dove la sua avventura si incanalò ben presto nel poco emozionante tunnel che porta dalla panchina e tribuna, senza ritorno. Il diretto interessato, oggi allenatore di una squadra amatoriale bretone, non l’ha presa bene. “I sondaggi non mi interessano, ciò che dice quel giornale ancora meno. Giocai solo quattro partite, due da titolare, e segnai una rete al Liverpool. La gente ricorda solo ciò che le fa comodo. Ero arrivato in Inghilterra grazie a Kenny Dalglish, che però venne esonerato dopo due partite. Lo sostituì Ruud Gullit, un turista più che un allenatore. Si faceva vedere solo due volte alla settimana, il resto del tempo lo trascorreva in Olanda con la sua donna”. Guivarc’h può comunque consolarsi; ricca è la galleria di flop made in Premier League. Il sondaggio del Daily Mail ci fornisce l’occasione per ripescare un articolo comparso qualche tempo fa sul tristemente defunto Mister Football. Benvenuti nel Premier League Horror Show.
2. La panoramica sull’universo bidonaro inglese non può che iniziare dal simbolo dei disastri che la sentenza Bosman ha causato alle finanze dei club, ovvero Winston Bogarde. Per lui parlano i numeri: al Chelsea il difensore olandese guadagnava all’incirca 40mila sterline alla settimana, e se si considera che in quattro anni di Blues ha disputato solo dodici partite in prima squadra, risulta che il club di Stamford Bridge lo ha pagato 693mila sterline a partita, rimpinguandogli il conto in banca di ben 8 milioni di sterline in totale. Un’autentica gabbia dorata che Bogarde si rifiutò di lasciare anche quando il nuovo patron del Chelsea, Roman Abramovich, non gli assegnò il numero di maglia. Preferì la tribuna, le risatine di scherno alle spalle, i week-end spesi a Londra modello turista per caso, fino a quando arrivò la scadenza del contratto e lui se ne tornò in Olanda e pubblicò l’autobiografia “Questo negro non si piega davanti a nessuno”. Nemmeno al denaro?
3. Rimanendo in tema di olandesi, West Ham e Sheffield Wednesday ricordano ancora con parecchi brividi Marco Boogers e Wim Jonk. “Mad” Marco sbarcò ad Upton Park dopo anni di gol e gavetta in Eredivisie per spaccare il mondo, e invece alla seconda presenza distrusse solamente Gary Neville con un tackle a piedi uniti da codice penale. Poco dopo sparì dalla circolazione; lo ritrovarono nascosto in un parcheggio di roulotte in Olanda. Disse che non sopportava lo stress della vita a Londra. L’ex interista Jonk arrivò invece a Sheffield per prendere in mano le redini del centrocampo degli Owls. Lo fece con la stesse grinta di un budino molle, e al termine della seconda stagione la squadra retrocesse. La dirigenza lo difese: “Ha un tocco di palla vellutato e un gran cervello tattico”. Peccato che il calcio sia uno sport che contempli anche la corsa. Intelligente però lo era di sicuro; il suo contratto conteneva una clausola che prevedeva il pagamento di 5mila sterline per ogni partita persa per infortunio. Ne saltò quasi la metà.
4. Ai Mondiali del ‘98 esplose la stella di Michael Owen. "Non sono meno veloce di lui", dichiarò il sudafricano Sean Dundee appena sbarcato ad Anfield per affiancare in attacco proprio Wonder Boy. Referenze? Tre reti nel Karlsruhe fresco di retrocessione dalla Bundesliga, un campanello d'allarme che l'allora manager dei Reds Roy Evans ignorò. Poi gli bastarono tre partite per scaricarlo. Ad una velocità, quella sì, supersonica. Resistette invece molto di più John “Faxe” Jensen, centrocampista campione d’Europa con la Danimarca nel 1992 prelevato (irregolarmente, si sarebbe scoperto poi) dall’Arsenal di George Graham. Quattro stagioni con i Gunners (con 138 caps) e lo stesso numero di gol segnati all’Europeo, ovvero uno. Il lieto evento accadde il 31 dicembre 1994 contro il QPR; il giorno successivo ad Higbury e dintorni comparvero magliette dedicate al miracolo. C’era scritto “I saw John Jensen score”. Se però credere in un campione d'Europa può avere conseguenze negative, puntare su un campione del mondo può rivelarsi addirittura nefasto. Già detto di Guivarc'h, costato al Newcastle 3.5 milioni di sterline, non va dimenticato il brasiliano Kleberson, per il quale Alex Ferguson ne spese addirittura 6.
5. All’Old Trafford però si è visto anche di peggio. Bruciante è stato il fallimento di Juan Sebastian Veron, due stagioni (più un'appendice al Chelsea) a vagare senza meta nel centrocampo dello United, perso in un'incompatibilità pressoché totale con compagni, allenatore e ambiente. Sembrava che sopra l'Inghilterra gravitasse un buco nero capace di prosciugargli fino all'ultima stilla di talento, per restituirglielo una volta varcati i confini e uscito dal paese. Una sindrome, quella del buco nero, che ha colpito Andriy Shevchenko così come in passato si è accanita sul suo gemello del gol ai tempi della Dinamo Kyiv, Sergei Rebrov, transitato senza colpo ferire in quel di Londra (sponda Tottenham Hotspurs e West Ham), e sui capocannonieri di Euro 2000 Patrick Kluivert, più a suo agio sulle piste da ballo della capitale piuttosto che sull’erba del St. James’ Park di Newcastle, e Savo Milosevic, a cui erano bastate poche partite per venir ribattezzato dai tifosi dell'Aston Villa "Miss-a-lot-evic" (gioco di parole tra “miss”, sbagliare, e “a lot”, molto). In casa dei Villains peggio riuscì però a fare Bosko Balaban, 5.8 milioni di sterline regalati alla Dinamo Zagabria per meno di dieci presenze a rendimento zero (gol, ovviamente) in due anni.
6. Capitolo Italians: se i vari Zola, Di Canio, Vialli e Di Matteo hanno sventolato con successo il tricolore in terra inglese, lo stesso non si può dire per Michele Padovano (Crystal Palace), Corrado Grabbi (Blackburn), Massimo Taibi (Manchester United) e Andrea Silenzi (Nottingham Forest). Taibi, portiere di più che buone qualità, raggiunse il punto più basso della sua carriera proprio quando pensò di essere arrivato al top. A Manchester soffriva di tremarella, difficile altrimenti spiegare come fu possibile farsi passare sotto le gambe il placido pallone calciato da Matthew Le Tissier che quasi fece fatica, tanto era lento, a finire in rete. Quel pomeriggio del 25 settembre 99 all’Old Trafford il Southampton lo costrinse raccogliere tre palloni in fondo al sacco. Otto giorni più tardi ne arrivarono altri cinque, gentile omaggio del Chelsea, ed a fine partita per Taibi era già pronto un biglietto aereo di sola andata per l'Italia. Un simile foglio di via lo ricevette anche Silenzi dal Nottingham Forest: legnoso e grezzo come nemmeno un attaccante dell’ex Fourth Division, in sei mesi aveva gonfiato la rete solo dell'Oxford in FA Cup e del Bradford nella Coppa di Lega. Prestato al Venezia, quando si rifiutò di tornare in Inghilterra il Forest non fece una piega e gli liquidò all’istante i rimanenti due anni di contratto. A Nottingham e dintorni non si segnalò alcun tentativo di suicidio.
7. Storie da raccontare ne rimangono tante: Tomas Brolin finito a fare il venditore di aspirapolveri a Stoccolma dopo essere stato scaricato per adipe eccessiva da Leeds e Crystal Palace; Florin Raducioiu licenziato dal West Ham per aver preferito un giro defaticante tra i negozi di Londra alla routine dell’allenamento quotidiano; la gioventù bruciata di Hugo Viana (Newcastle) e Helder Postiga (Tottenham Hotspurs), per la serie non tutti i portoghesi possono essere Cristiano Ronaldo; la velocità “fermo immagine” di Igor Stepanovs (Arsenal) e Mauricio Pellegrino (Liverpool), scheletri nell’armadio rispettivamente di Arsène Wenger e Rafa Benitez. Lo spazio rimanente lo merita però il principe dei flop made in Premiership, il Bidone (maiuscola d'obbligo) per eccellenza, mister Ali Dia from Senegal. Lo ingaggiò Graeme Souness per il suo Southampton nella stagione 95-96 dopo aver ricevuto una telefonata da George Weah, nella quale l’allora giocatore del Milan caldeggiava vivamente l'acquisto di questo suo cugino 30enne che aveva giocato nel Paris Saint-Germain collezionando anche 13 presenze nella nazionale senegalese. Era tutto falso, telefonata compresa, che si scoprì essere stata fatta dal procuratore di Dia. Il buon Ali, ruolo attaccante, almeno nelle intenzioni, scese in campo per la prima e unica volta il 21 novembre 1996 in un match contro il Leeds. Sostituì Le Tissier dopo una mezz’ora di gioco e rimase in campo 53 minuti, sufficienti per permettere a centinaia di testimoni oculari presenti sugli spalti di affermare che quello sia stato il peggior giocatore mai visto su un terreno di gioco di Sua Maestà, talmente scarso da non poter ambire nemmeno a una squadra di non-league. Ci provò lo stesso tentando con i dilettanti dell’Fc Gateshead, ma venne messo alla porta dopo poche settimane e sparì nel nulla. Ali Dia, il Luis Silvio d'Albione. Si può fallire in Premier League anche quando si è campioni, ma è più facile quando non lo si è.
2. La panoramica sull’universo bidonaro inglese non può che iniziare dal simbolo dei disastri che la sentenza Bosman ha causato alle finanze dei club, ovvero Winston Bogarde. Per lui parlano i numeri: al Chelsea il difensore olandese guadagnava all’incirca 40mila sterline alla settimana, e se si considera che in quattro anni di Blues ha disputato solo dodici partite in prima squadra, risulta che il club di Stamford Bridge lo ha pagato 693mila sterline a partita, rimpinguandogli il conto in banca di ben 8 milioni di sterline in totale. Un’autentica gabbia dorata che Bogarde si rifiutò di lasciare anche quando il nuovo patron del Chelsea, Roman Abramovich, non gli assegnò il numero di maglia. Preferì la tribuna, le risatine di scherno alle spalle, i week-end spesi a Londra modello turista per caso, fino a quando arrivò la scadenza del contratto e lui se ne tornò in Olanda e pubblicò l’autobiografia “Questo negro non si piega davanti a nessuno”. Nemmeno al denaro?
3. Rimanendo in tema di olandesi, West Ham e Sheffield Wednesday ricordano ancora con parecchi brividi Marco Boogers e Wim Jonk. “Mad” Marco sbarcò ad Upton Park dopo anni di gol e gavetta in Eredivisie per spaccare il mondo, e invece alla seconda presenza distrusse solamente Gary Neville con un tackle a piedi uniti da codice penale. Poco dopo sparì dalla circolazione; lo ritrovarono nascosto in un parcheggio di roulotte in Olanda. Disse che non sopportava lo stress della vita a Londra. L’ex interista Jonk arrivò invece a Sheffield per prendere in mano le redini del centrocampo degli Owls. Lo fece con la stesse grinta di un budino molle, e al termine della seconda stagione la squadra retrocesse. La dirigenza lo difese: “Ha un tocco di palla vellutato e un gran cervello tattico”. Peccato che il calcio sia uno sport che contempli anche la corsa. Intelligente però lo era di sicuro; il suo contratto conteneva una clausola che prevedeva il pagamento di 5mila sterline per ogni partita persa per infortunio. Ne saltò quasi la metà.
4. Ai Mondiali del ‘98 esplose la stella di Michael Owen. "Non sono meno veloce di lui", dichiarò il sudafricano Sean Dundee appena sbarcato ad Anfield per affiancare in attacco proprio Wonder Boy. Referenze? Tre reti nel Karlsruhe fresco di retrocessione dalla Bundesliga, un campanello d'allarme che l'allora manager dei Reds Roy Evans ignorò. Poi gli bastarono tre partite per scaricarlo. Ad una velocità, quella sì, supersonica. Resistette invece molto di più John “Faxe” Jensen, centrocampista campione d’Europa con la Danimarca nel 1992 prelevato (irregolarmente, si sarebbe scoperto poi) dall’Arsenal di George Graham. Quattro stagioni con i Gunners (con 138 caps) e lo stesso numero di gol segnati all’Europeo, ovvero uno. Il lieto evento accadde il 31 dicembre 1994 contro il QPR; il giorno successivo ad Higbury e dintorni comparvero magliette dedicate al miracolo. C’era scritto “I saw John Jensen score”. Se però credere in un campione d'Europa può avere conseguenze negative, puntare su un campione del mondo può rivelarsi addirittura nefasto. Già detto di Guivarc'h, costato al Newcastle 3.5 milioni di sterline, non va dimenticato il brasiliano Kleberson, per il quale Alex Ferguson ne spese addirittura 6.
5. All’Old Trafford però si è visto anche di peggio. Bruciante è stato il fallimento di Juan Sebastian Veron, due stagioni (più un'appendice al Chelsea) a vagare senza meta nel centrocampo dello United, perso in un'incompatibilità pressoché totale con compagni, allenatore e ambiente. Sembrava che sopra l'Inghilterra gravitasse un buco nero capace di prosciugargli fino all'ultima stilla di talento, per restituirglielo una volta varcati i confini e uscito dal paese. Una sindrome, quella del buco nero, che ha colpito Andriy Shevchenko così come in passato si è accanita sul suo gemello del gol ai tempi della Dinamo Kyiv, Sergei Rebrov, transitato senza colpo ferire in quel di Londra (sponda Tottenham Hotspurs e West Ham), e sui capocannonieri di Euro 2000 Patrick Kluivert, più a suo agio sulle piste da ballo della capitale piuttosto che sull’erba del St. James’ Park di Newcastle, e Savo Milosevic, a cui erano bastate poche partite per venir ribattezzato dai tifosi dell'Aston Villa "Miss-a-lot-evic" (gioco di parole tra “miss”, sbagliare, e “a lot”, molto). In casa dei Villains peggio riuscì però a fare Bosko Balaban, 5.8 milioni di sterline regalati alla Dinamo Zagabria per meno di dieci presenze a rendimento zero (gol, ovviamente) in due anni.
6. Capitolo Italians: se i vari Zola, Di Canio, Vialli e Di Matteo hanno sventolato con successo il tricolore in terra inglese, lo stesso non si può dire per Michele Padovano (Crystal Palace), Corrado Grabbi (Blackburn), Massimo Taibi (Manchester United) e Andrea Silenzi (Nottingham Forest). Taibi, portiere di più che buone qualità, raggiunse il punto più basso della sua carriera proprio quando pensò di essere arrivato al top. A Manchester soffriva di tremarella, difficile altrimenti spiegare come fu possibile farsi passare sotto le gambe il placido pallone calciato da Matthew Le Tissier che quasi fece fatica, tanto era lento, a finire in rete. Quel pomeriggio del 25 settembre 99 all’Old Trafford il Southampton lo costrinse raccogliere tre palloni in fondo al sacco. Otto giorni più tardi ne arrivarono altri cinque, gentile omaggio del Chelsea, ed a fine partita per Taibi era già pronto un biglietto aereo di sola andata per l'Italia. Un simile foglio di via lo ricevette anche Silenzi dal Nottingham Forest: legnoso e grezzo come nemmeno un attaccante dell’ex Fourth Division, in sei mesi aveva gonfiato la rete solo dell'Oxford in FA Cup e del Bradford nella Coppa di Lega. Prestato al Venezia, quando si rifiutò di tornare in Inghilterra il Forest non fece una piega e gli liquidò all’istante i rimanenti due anni di contratto. A Nottingham e dintorni non si segnalò alcun tentativo di suicidio.
7. Storie da raccontare ne rimangono tante: Tomas Brolin finito a fare il venditore di aspirapolveri a Stoccolma dopo essere stato scaricato per adipe eccessiva da Leeds e Crystal Palace; Florin Raducioiu licenziato dal West Ham per aver preferito un giro defaticante tra i negozi di Londra alla routine dell’allenamento quotidiano; la gioventù bruciata di Hugo Viana (Newcastle) e Helder Postiga (Tottenham Hotspurs), per la serie non tutti i portoghesi possono essere Cristiano Ronaldo; la velocità “fermo immagine” di Igor Stepanovs (Arsenal) e Mauricio Pellegrino (Liverpool), scheletri nell’armadio rispettivamente di Arsène Wenger e Rafa Benitez. Lo spazio rimanente lo merita però il principe dei flop made in Premiership, il Bidone (maiuscola d'obbligo) per eccellenza, mister Ali Dia from Senegal. Lo ingaggiò Graeme Souness per il suo Southampton nella stagione 95-96 dopo aver ricevuto una telefonata da George Weah, nella quale l’allora giocatore del Milan caldeggiava vivamente l'acquisto di questo suo cugino 30enne che aveva giocato nel Paris Saint-Germain collezionando anche 13 presenze nella nazionale senegalese. Era tutto falso, telefonata compresa, che si scoprì essere stata fatta dal procuratore di Dia. Il buon Ali, ruolo attaccante, almeno nelle intenzioni, scese in campo per la prima e unica volta il 21 novembre 1996 in un match contro il Leeds. Sostituì Le Tissier dopo una mezz’ora di gioco e rimase in campo 53 minuti, sufficienti per permettere a centinaia di testimoni oculari presenti sugli spalti di affermare che quello sia stato il peggior giocatore mai visto su un terreno di gioco di Sua Maestà, talmente scarso da non poter ambire nemmeno a una squadra di non-league. Ci provò lo stesso tentando con i dilettanti dell’Fc Gateshead, ma venne messo alla porta dopo poche settimane e sparì nel nulla. Ali Dia, il Luis Silvio d'Albione. Si può fallire in Premier League anche quando si è campioni, ma è più facile quando non lo si è.
(in esclusiva per Indiscreto)
25 commenti:
Non è la brujita ad aver fallito, ma quei "testoni" degli albionici a non aver capito le sue lezioni. Perchè l'ayatollah del lancio lungo, l'imperatore dell'esterno destro ha insegnato calcio ovunque sia andato. :)
Ayatollah del lancio lungo, ovviamente e rigorosamente d'esterno destro, è fantastica. Cmq grandissimo giocatore
Leo, l'ho già postato tempo fa, ma quando rivedo la traversa su calcio d'angolo tirato d'esterno destro, vado in lacrime...
Che poi il vero mistero non è la precisione del tocco, dato che anche tanti altri grandissimi (mi vengono in mente Totti, Zidane, ecc.) avevano un lancio d'esterno al millimetro, ma il fatto che faceva fare 50 metri alla palla!!! Usava l'esterno quando altri potevano lanciare solo s'interno
Ma questo Ali Dia non potevano visonarlo, non dico prima di prenderlo (non chiedo tutta questa "competenza"), ma almeno in partitella d'allenamento?
Sul caso Bogarde io sto tutta la vita con lui: i fessi sono quelli che fanno i contratti faraoinici a sproposito. Lui ha fatto benissimo.
Veron pur avendo le gambe di un fenicottero, ha una potenza nel calcio impressionante. Dovuta sicuramente ad una meccanica del movimento eccellente.
Inter-Roma, campionato. Palla spazzata larga dalla difesa dell'Inter, viaggia in direzione di Veron che si trova sulla fascia sinistra, trequarti difensiva.
Il rilancio è alto, la palla non tocca terra. La Bruijta, al volo, lancia di esterno destro.
La palla finisce sulla fascia destra, ai limiti dell'area avversaria (esattamente: fa 40-50 metri in lunghezza e percorre interamente il campo in larghezza) e si posa placida sui piedi di Luis Figo, che si esibisce in uno stop talmente semplice che sarei riuscito a farlo anche io.
Giù il cappello.
PS: che cazzo aveva fatto di così terribile questo Ali Dia?
Nick, immagino fosse un giocatore tipo terza categoria a cui è riuscito il colpo gobbo del cazzaro professionista.
dag son d'accordo...ma in 50 minuti nemmeno io riuscirei a fare una figura come quella descritta da alec! :D
Mi piacerebbe sapere cosa ha fatto concretamente di tanto terribile...chissà se alec interviene!
Ali Dia raccontato da Matt Le Tissier
AliDia
Sempre con ricerca Ali Dia esistono altri video
Bah ho visto alcuni video su Youtube: si vede un giocatore che tenta di giocare ma che alla fine riesce a tenere il passo degli altri. Sembra solo un brocco come ce ne sono tanti a tutti i livelli, non un non-giocatore. Credo conti molto la storia assurda del suo ingaggio. Ma ve lo ricordate Gheddafi?! Quelle è una delle pagine piu nere del calcio italiano.....
L'aneddoto di Ali Dia mi fa tornare alla mente qualcosa di simile, nel mio piccolo (ma era pur sempre serie B).
Era la seconda metà degli anni Novanta. La Reggiana viveva un periodo d'oro, alternando vivacchiamenti decorosi in serie A a stagioni ruggenti in serie B, in cui conquistava il ritorno nella massima serie.
Colti da manie di grandezza, i dirigenti emiliani se ne partivano così in giro per l'Africa, a scoprire (speravano loro) talenti diciottenni da lanciare nel grande calcio lucrandoci sopra; salvo poi sbolognarli al fesso di turno quando ci si rendeva conto che gli osservatori inviati in Africa potevano sì e no vendere perline sulla spiaggia, non certo capire di calcio.
Il fesso di turno, il più delle volte, era una squadra di C1; ma una volta, ahinoi, ci cincappò il Cosenza della dirigenza Pagliuso, e soprattutto di quel gran conoscitore di football che era il figlio del presidente.
Fu così che dall'Emilia venne dirottato nel Bruzio il nigeriano Onyabor Monye Precious Eccetera, che non sapevamo manco quale nome scrivergli sulla maglietta. Conservo ancora un ritaglio di giornale (CorSport) in cui un dirigente dichiarava testualmente:"questa volta non lo abbiamo preso a scatola chiusa, lo abbiamo visionato a lungo, è proprio il giocatore che ci serviva".
Secondo la leggenda, era un interno di centrocampo capace di adattarsi a giocare centrale difensivo, libero in grado di guidare la difesa.
Si segnala un suo esordio ufficiale a Genova (0-3) irrilevante perché entra in pieno recupero; ed il suo esordio vero in casa, contro il Chievo, a secondo tempo inoltrato (quindi giocando meno dei mitologici 53 minuti di Ali Dia), con gli scaligeri avanti uno a zero. Entra in campo, zampetta sulle sue scarpette bianche che già qualche sospetto avevano destato negli astanti, si mette in mezzo alla difesa a fare il libero, e nei successivi dieci minuti inanella una serie di lisci impressionanti sui cross avversari, che convincono il buon Gianni De Biasi a spostarlo in zona mediana, a costruire il gioco, che sarebbe stato il lavoro suo. Alla quinta palla consegnata bellamente ai giocatori clivensi, esasperato De Biasi lo mette sull'esterna di centrocampo, in zona anonima, tanto per non toglierlo dal campo e bruciarsi l'ultima sostituzione. Quando, su un pallone alto, abbatte con una testata il nostro stesso terzino, De Biasi si gioca il tutto per tutto: Precious all'attacco, unica punta, a fare meno danni che sia possibile, e tutto il resto della squadra dietro per gli ultimi minuti, a difendere con le unghie e con i denti il pareggio, intanto raggiunto col solito gol dell'eterno Gigi Marulla, stra-bandiera dei Lupi (e reggino di Stilo, per la gioia anche di Jeremy).
Il tempo di fallire in maniera miseranda un interessantissimo contropiede, ed il triplice fischio fece calare il sipario sull'esperienza cosentina di Onyabor Monye Precious (non so se poi abbia convinto in seguito qualche altro sprovveduto di essere un calciatore, e abbia avuto una carriera).
Grande Marulla, che per chi non lo sappia sta a Cosenza come Palanca sta a Catanzaro. Pierfra, magari se hai amici in provincia qualcuno lo avra visto zampettare sui rigogliosi campi di petra battuta delle serie minori, magari in qualche Silana di turno.
e il discorso vale anche per il fantastico Precious (di nome e di fatto...): ma De Biasi non aveva notato nulla di strano in partitella?
Ma soprattutto: le partitelle le fanno ancora?!?
Dag, i giocatori spesso (se non sempre) ti vengono imposti. Vengono imposti nei top team, figurati a Cosenza in C. Poi è chiaro che di fronte a certe cose non si possono chiudere entrambi gli occhi, ma quanti rottami (piccoli e grandi)vagano anche in serie A, giocando anonimamente, solo perche caldeggiati dalla proprietà e senza nessuna scelta tecnica alle spalle?
è verissimo purtroppo...
Beh Jeremy, adesso anche a noi è toccata la tassa Diamoutene (ma le squadre gliele estraggono a sorte di volta in volta?), però per fortuna sembra che non ci sia l'obbligo di farlo giocare!
Scusate ma Diamoutene (onesto giocatore nemmeno tanto scarso)chi ha come procuratore? Perche è incredibile come cambi squadra ogni anno.
"La gente ricorda solo ciò che le fa comodo."
Come quando si dice "in fondo è un campione del mondo"?!...
"Winston Bogarde. Per lui parlano i numeri: al Chelsea il difensore olandese guadagnava all’incirca 40mila sterline alla settimana, e se si considera che in quattro anni di Blues ha disputato solo dodici partite in prima squadra, risulta che il club di Stamford Bridge lo ha pagato 693mila sterline a partita, rimpinguandogli il conto in banca di ben 8 milioni di sterline in totale."
La stessa cosa si potrebbe dirla allora anche per Savicevic e Trezeguet (non esattamente due brocchi...) nelle rispettive prime stagioni in Italia...
"“Ha un tocco di palla vellutato e un gran cervello tattico”. Peccato che il calcio sia uno sport che contempli anche la corsa. "
Non è che Redondo e Guardiola corressero molto più di Jonk, che fosse capitato (come il suo sodale Bergkamp...) nel Milan di Ancelotti magari avrebbe avuto altra storia...
"il fallimento di Juan Sebastian Veron, due stagioni (più un'appendice al Chelsea) a vagare senza meta nel centrocampo dello United, perso in un'incompatibilità pressoché totale con compagni, allenatore e ambiente"
Vogliamo cominciare a chiederci il perchè?!...
"la gioventù bruciata di Hugo Viana (Newcastle) e Helder Postiga (Tottenham Hotspurs), per la serie non tutti i portoghesi possono essere Cristiano Ronaldo"
Così come non in tutti i campionati e non in tutte le squadre è possibile giocare a calcio...
"Si può fallire in Premier League anche quando si è campioni"
Appunto...
"Scusate ma Diamoutene (onesto giocatore nemmeno tanto scarso)chi ha come procuratore? Perche è incredibile come cambi squadra ogni anno."
Così su due piedi direi Raiola..... :-D
Raiola....adesso si spiegano taaante cose... :-) Non sono d'accordo sui tuoi appunti: Trezeguet alla prima stagione nella Juve fece capire ad Inzaghi che c'era un nuovo sceriffo in città segnando 14 in 24 partite. Non proprio un Winston Bogarde.... Poi: perche Veron ha fallito in Inghilterra?
@Nick
L'ha rispsota su Ali Dia e' quella di Dag_Nasty: mito alla rovescia non tanto in quanto brocco in se' (come tanti tanti altri), ma per la storia che lo ha caratterizzato. La raccomandazione fasulla e' roba da mandrakata...
@Dane
C'e' modo e modo di camminare nel calcio...diciamo che quello di Jonk non era esattamente utile alla squadra
Trezeguet e savicevic una stagione in Italia da semi-turisti, Bogarde in Inghilterra molte di piu'...
Scusa alec ma sta stagione di Trezeguet da semiturista non mi risulta: faceva turnover con Inzaghi (quindi non proprio un nulla....) ma l'ha inzaccherata 14 volte in campionato. Non mi sembra una presenza effimera.
@Alec: ho perso di vista Jonk dopo la sua ultima stagione al PSV, quindi è sicuramente come dici tu. Era solo per contestare l'idea che se uno non corre come un (puledro) inglese non è un calciatore, e soprattutto che se uno fallisce in un campionato non è detto che sia un pacco: vale per quando il campionato italiano era il campionato italiano e vi fallivano tanti brocchi ma pochi campioni, figuriamoci per quello inglese (fino a prima dell'invasione dei "barbari"...) dove spesso fallivano i brocchi ma anche tanti (troppi) campioni.
Tranquillo, battute astiose di un anti-albionico... :-D
@Jeremy: Platini al primo anno fu capocannoniere eppure il bilancio sulla sua stagione veniva considerato "fallimentare" (non ridete: andate a rivedervi i giornali...). 14 gol di Trezeguet, è vero, ma quasi tutti segnati in corsa, mentre nella prima metà della stagione veniva centellinato "alla Kovacevic" da Ancelotti. Poi magari ricordo male io, comunque diciamo che per essere un "campione di tutto" svernò un po' troppo... ;-)
p.s.: Veron?! Come al solito ci saranno stati tanti fatti contingenti, uno dei quali la colpa di voler giocare a calcio...
Segnalo ai meno attenti un autentico campione del bidone: il mitico brasiliano "El Gaucho" Toffoli, sbarcato a Lecce nel 1993. Il peggiore di sempre visto nel Salento: http://www.calcioblog.it/post/1629/i-campionissimi-el-gaucho-toffoli
mi ricordo il rigore col Foggia, fece un cucchiaio talmente lento e centrale, che il portiere del Foggia, Mancini, fece in tempo a tuffarsi, rialzarsi, prendere il caffè e parare .... mandato via a furor di popolo dopo pochissime apparizioni .... altro che Luis Silvio .... tornò in brasile a giocare a beach-soccer !!!
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