di Libeccio
1. Raccogliamo dai giornali di questi ultimi tempi alcune dichiarazioni di massimi protagonisti del calcio nazionale che richiedono un approfondimento. "Che la rabbia si diventi gol!", ammonisce Ciro Ferrara. "Voglio in campo undici gladiatori!", aggiunge Ranieri. "Campionato o Champions? Voglio vincere tutto!" precisa John Elkann. Parliamo non di tifosi ultras e del loro variegato armamentario sugli attributi mancanti, sui mercenari e sull’attaccamento alla maglia. I tifosi è normale che ragionino così. Parliamo del top management del calcio italico, la presunta èlìte.
2. Ma a chi si rivolgono questi tre signori? Chi sono i destinatari dei loro perentori messaggi? Forse dei camerieri ai quali non sappiamo quanto legittimamente si può chiedere così seccamente di pulire i vetri (quando torno a casa voglio che i vetri siano stati puliti!). In quel caso (forse) tornando a casa i vetri potrebbero essere puliti, ma non ci giureremmo sempre.
3. Nel caso del calcio professionistico questo genere di approccio autoritario è ben più difficile perchè i destinatari del messaggio sono i calciatori professionisti di grandi società. E lo stesso si intenderebbe se a parlare fossero stati Galliani o De Laurentiis o altri (di sicuro lo hanno fatto in passato). Al giorno d’oggi il calciatore è un opinion maker (spesso senza opinioni, ma è un latro discorso) ricchissimo E' uno che fa tendenza, che agisce sulle scelte di masse sterminate di tifosi e non solo, è uno che nella classica scala dei bisogni è permanentemente situato sul gradino del bisogno più alto: quello di status (piena realizzazione del dentro e del fuori da sè). I calciatori non devono giocare per mangiare, non devono giocare per trovarsi un rifugio, non devono giocare per comprarsi una Ferrari o un Rolex da 50 mila euro: possiedono già queste cose e in abbondanza.
4. Quasi tutti i calciatori, nelle squadre come quelle citate, giocano per sentirsi importanti, accettati, riconosciuti come dei campioni (degli idoli, se proprio vogliamo dirla tutta). E questo genere di livello devono stimolare e accrescere ancora, attraverso prestazioni di eccellenza, conquistando trofei e riconoscimenti da parte dei tifosi normali e eccellenti, del sistema mediatico tutto. A gente così, che gode stabilmente di enormi privilegi negati a qualsiasi altro, si può dire "voglio vedere 11 gladiatori in campo" senza rischiare un comportamento contrario appena gli si volta le spalle? E poi chi erano i gladiatori? Di solito schiavi che attraverso il combattimento all'ultimo sangue preservavano la loro vita (se non soccombevano in battaglia) e in casi rari attraverso la spada riuscivano ad affrancarsi dalla schiavitù. Cosa c'entrano i gladiatori con i calciatori di oggi (ma vale per qualsiasi altra categoria sociale)? Non si rischia di banalizzare una fase difficile della vita di un calciatore con richiami da caserma?
5. Se un calciatore sta giocando da quattro insieme al resto della squadra, la pretesa che debba giocare da sette non rischia di innescare una reazione al contrario? Non sarebbe meglio agire su una comune condivisione delle difficoltà (sì, quegli inciampi che possono colpire anche i calciatori) che hanno innescato i problemi di percorso e quindi le sconfitte o le mancate vittorie? Agire su una comune condivisione significa necessariamente partire dal principale dato di fatto, ovvero riconoscere lo stato di difficoltà. Riconoscere lo stato di difficoltà (scarsi o insufficienti risultati) vuol dire partire dal rispetto dell'altro (riconoscendo i suoi limiti del momento) e nel rispetto dell'altro trovare i motivi del comune riscatto. Questo dovrebbero fare Ranieri, Ferrara, Elkann e chiunque altro (sono tantissimi) che ricorra a tali proclami (soprattutto) nel calcio. I proclami non servono a nulla in generale perché non aiutano a cogliere le complessità. Nel calcio, poi...
Libeccio
(in esclusiva per Indiscreto)
14 commenti:
i proclami "da titolo" però di solito li tirano fuori i giornalisti, da dichiarazioni che, riportate fedelmente, sarebbero dei concentrati di banalità.
tra le dichiarazioni idiote io preferisco l'evergreen "d'ora in poi sono tutte finali" che mi stupisco di non aver sentito dal capitano Zanetti in questi giorni
oltre a ciò, quoto l'ultima frase sui proclami che negano la complessità
infine, sospetto che il riferimento ai gladiatori faccia parte di un certo immaginario militare di cui i calciatori si compiacciono, noi siamo duri, eroici e robe così (sospetto che "300" sia piaciuto molto alla categoria)
ma non è che i proclami sono fatti per il pubblico piuttosto che per i calciatori?
Cioè Ranieri, Elkann o Ferrara, se devono cazziare i calciatori glielo dicono in spogliatoio. Le dichiarazioni alla stampa servono a far vedere ai tifosi che si ha la situaizone in pugno, che si è dei veri condottieri che faranno correre quegli undici mollaccioni che nonsi dedicano anima e corpo alla causa.
Quando il tifoso si chiede "è la società che sta facendo" ecco che escono le dichiarazioni roboanti. Che è poi anche il motivo per il quale i massimi dirigenti delle squadre usano il linguaggio basso del popolo tifoso
concordo con paperogha, questi "proclami" sono ad uso e consumo del tifoso becero, che così magari compra la gazza o tuttosport...
@axel
Mi sbaglirò, ma mi sembra abbia detto a Kiev come una finale.
Sul tema del post, in genere tutti i riti del calcio li trovo banali. Cose del tipo ci siamo parlati nello spogliatoio (si perchè è notorio che parlando trasformo un terzino scarso in un fuoriclasse),oppure il giocatore tizio è forte perchè è un uomo vero (da quando i figli di buona donna non possono esser fuoriclasse? anzi...), e via cantando
"Che la rabbia si diventi gol!"
no ma ha davvero detto così ? Poi non ci lamentiamo se i giocatori fraintendono eh..
Pensate alla distanza siderale che separano questi personaggi a un Nereo Rocco.
Uno che,ai tempi sulla panchina del Padova,salutando un giornalista prima di una partita con la Juventus rispose così al classico "Vinca il migliore":"Speremo de no!?"
Simone quella è fantastica, io la uso sempre in veste di dirigente prima delle partite della mia squadra, in risposta ai miei omologhi avversari, con cui si scambia qualche chicchiera prima della gara. Mi guardano sempre male...
@ paperogha: "Che è poi anche il motivo per il quale i massimi dirigenti delle squadre usano il linguaggio basso del popolo tifoso", mah sarà che lo usano solo per i tifosi, però mi è difficile immaginarmi i vari Gaucci, Lapo ecc.. disquisire tra loro in un italiano eccelente
@Dag Nasty:
Non ti comprendono perchè mostri senza pentimenti un'arma abolita dai pallonari(e molti,troppi, sportivi)d'oggi:l'ironia.
Se questi personaggi riuscissero a comprendere la natura essenzialmente ludica del gioco si vergognerebbero dei loro comportamenti.
La raccolta della differenziata è più importante della Champions League.
E anche del Roland Garros o dell'Eurolega.
Anjo hai sbagliato l'aggettivo: mi è difficile immaginare Gaucci, Lapo etc disquisire in un italiano DECENTE....
Hai ragione Jeremy, tra l'altro anch'io nel commento precedente ho scritto ECCELENTE (con una elle lasciata nella tastiera)...della serie: guardare la pagliuzza nell'occhio dell'altro...
a me piacerebbe vedere in squadre come Juve e Roma 11 calciatori eccellenti. Magari i dirigenti potrebbero partire dalla loro ricerca, prima di chiedere a gente come Poulsen di diventare un gladiatore ....
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