di Simone Basso
Lasciando da parte il cannibalesco Bjoerndalen, ci occupiamo della creatura più mitologica di quell'esercizio per eletti chiamato biathlon: Magdalena Forsberg.
Panta rei, se c'è una caratteristica della natura umana che amiamo è la sua varietà di gusti e di tradizioni. In India ed in Pakistan stravedono per il baseball delle colonie, ovvero il cricket; nella Russia orientale amano, oltre che la vodka, il bandy: l'hockey su ghiaccio giocato in spazi enormi. I discendenti di Ibsen e Strindberg invece si accompagnano, nei dì invernali cortissimi, ad una nobile disciplina; colma di metafore esistenziali sulle passate (?) attività dei loro avi. Il biathlon è un abile incontro tra l'abilità manuale dello sparo, crudelmente ancestrale, e il movimento ritmico infinito dello sci di fondo; il quadro, impeccabile e minaccioso, è quello delle foreste freddissime del Nord Europa. Uno sport teosofico, affascinante quanto traditore, giocato sull'equilibrio sottile (e folle) tra la prestazione atletica e il controllo delle emozioni. In pedana, con il cuore in gola e l'acido lattico nelle orecchie, si tenta un patto con i propri fantasmi: ci si gioca tutto sparando a bersagli, da cinquanta metri di distanza, con il diametro variabile dai quattro centimetri e mezzo (a terra) agli undici e cinque (in piedi)...
Lasciando da parte, tra i maschietti, il cannibalesco Bjoerndalen (unico contemporaneo paragonabile al divino Federer) ci occupiamo della creatura più mitologica di questo esercizio per eletti: Magdalena Forsberg. Fino al Marzo 2002, suo passo d'addio ufficiale, per le folle trepidanti di Rupolding e Falun o i semplici carbonari, come noi, che guardano invidiosi quel rito pagano, il biathlon ha avuto un'icona incontrastata. Magda rappresentò la personificazione umana del corri e mira, colei che rese (quasi) logica la specialità sportiva più irrazionale e schizofrenica di tutte; caratterizzata da una quantità spaventosa di variabili impazzite: spari, tattica, fondo, neve, vento, pressione. Il poker giocato con Lucifero, angelo caduto in disgrazia per i giudei o divinità lucente per i romani, fu la cattedra della regina, illuminata, svedese; danzatrice delle nevi così soave e spietata.
Arrivò dal fondo puro nel 1993 e nel '95 si impose a Rupolding e Holmenkollen, santuari sacri dello sci nordico; giorno dopo giorno costruì un palmares impressionante, divenendo un punto di riferimento imprescindibile per le avversarie. Raggiunse lo zenith della carriera durante la campagna 2001: infilò un filotto di trionfi che fecero gridare al miracolo gli esperti, sempre con quello stile leggero ed inconfondibile, gli occhi azzurrissimi concentrati verso il bersaglio. Determinata, vincente, mai cattiva; immersa in un limbo di tranquillità irreale, quasi fosse avvolta da un oceano ieratico di silenzio, rassicurante. A farla amare ancor di più anche le sfortune olimpiche: dopo le condizioni impossibili di Nagano '98 la rassegna mormone, quattro anni dopo, parve adatta per chiudere la pratica inevasa.
Arrivò in perfetto orario alla stazione dell'oro di Soldier Hollow: due vecchie conoscenze insieme a lei (la rivale designata Poiree e la Nikoultchina) ma schiave del suo curioso carisma; l'ultimo colpo, quello dorato, uscì di lato per un'inezia. Fu forse il vento maligno, il destino o un po' di manina (proprio lei, principessa di ghiaccio): il risultato fu una beffa bergmaniana. Soprattutto per i cinque cerchi, che non vantano nell'albo d'oro il nome della biatleta più forte di sempre. Un mese dopo il Lago Salatissimo, a Ostersund, l'inseguimento di fronte a una massa gialloblu di adoratori: alla quarta e ultimissima sparatoria il gioco sembrò chiuso, a favore della Bailly, poi il seppuku innocente della francese, che si sciolse davanti agli Ynglingar, e la favorita del pubblico fece cinque su cinque. Come se quei proiettili innocui fossero teleguidati dall'amore di quei simpatici invasati: alla faccia dello stereotipo degli svedesi freddi e compassati. Al traguardo Magda mandò bacini pudichi alla tribuna in estasi, con l'esultanza contenuta tipica di una campionessa come lei: sesta Coppa del Mondo consecutiva in bacheca e un addio incredibile della Regina ai suoi fedeli.
La signora eternamente in giallo, il colore del primato anche nel corri e spara, concluse la sua epopea con il quarantaduesimo sigillo in Coppa, nella Mecca di Holmenkollen. La classe, la sportività e la gentilezza ne fecero la prediletta dei tedeschi, veri depositari moderni di questo sport; gli autori della trasformazione mediatica del biathlon, oggi anche uno spettacolo televisivo emozionante. Altro pianeta rispetto al morente sci di fondo, postumo in vita prossimo all'estinzione. La dama che da signorina si chiamava Vallin si ritirò con scelta di tempo perfetta; lo fece con una tutina dorata, alzando l'ennesima Coppa. Educata ed esemplare, al solito: a Lathi, qualche settimana prima del rendezvous finale, non sporse reclamo contro un taglio di corsia evidente della Apel; l'esile secondo che la separò, alla fine della gara, dalla lungagnona teutonica non giustificò, per la signora in giallo, il ricorso alla giuria: "Non voglio vincere a tavolino e Katrin meritava più di me la vittoria". Quanto fu grande Magdalena Forsberg, esempio raro di campionissima non ammalata di egoismo; intoccabile come un'aurora boreale nel cielo scandinavo.
Simone Basso
(in esclusiva per Indiscreto)
19 commenti:
Uso uno degli aggettivi con cui hai descritto la Forsberg per descrivere il tuo pezzo: soave. Sport bellissimo il biatlhon, emozionante in tutto. Uno sport di fretta e calma allo stesso tempo. Immagino sia difficilissimo togliersi gli sci, pensare un nanosecondo e mettersi a mirare e sparare (con una precisione incredibile)con i battiti del cuore che ti salgono in gola.
Una delle (tante) ragioni per cui adoro Indiscreto è il fatto che si parli anche di sport semi-sconosciuti ai più.
Grazie Direttore, grazie Simone
@Jeremy,Anjo:merci!
E' uno dei pochissimi sport veramente televisivi,perchè oltre allo scenario innevato c'è la Ruota della Fortuna sconsigliata alle aorte deboli.
Ma sono stati capaci di innovare rinnovandone comunque il fascino:non è un caso che la IBU sia altro rispetto alla FIS.
Per loro fortuna non hanno ucciso il senso della disciplina,come hanno fatto invece gli altri per il povero fondo...
E potremmo cominciare una discussione sul massacro tecnico agonistico dello sci alpino,ormai un Rollerball per le ginocchia martoriate degli atleti.
Oggi pomeriggio Bjoerndalen,a Hochfilzen,ha vinto la 91esima corsa della sua carriera:siamo ai livelli di Ingemar Stenmark...
Simone, come mai il fondo è così in crisi?
@Anjo:bella domanda,la risposta soffia nel vento...
Il fondo è gestito da anni come una cupola:per aumentare gli introiti,quindi riempirsi le tasche,si è deciso di snaturarne l'essenza.
Lo sprint è l'antitesi dello sci nordico,così come è demenziale la conservazione artificiosa dello stile classico.
Lo decisero,qualche anno fa,per volere di Odd Martinsen:naturalmente per far vincere la figliola Bente.
Poi,incredibile ma vero,si è brutalizzato lo spettacolo inserendo le corse in linea. Ennesimo scempio agonistico:le corse sono diventate una pallida imitazione di quelle ciclistiche.
Una parodia triste di uno sport che fu bellissimo.
Dopo la Belmondo,una alla quale (tra regolamenti stupidi e d****g) tolsero almeno due Coppe,il buio totale.
Il biathlon è uno sport meraviglioso e bisogna ringraziare Eurosport e max ambesi per trasmetterlo e commentarlo con grande qualità. Purtroppo la Rai lo snobba puntualmente. In Germania è praticamente sport nazionale. Tra l'altro è uno sport estremamente televisivo. Se Hofer diventasse competitivo ai massimi livelli magari e la Rai lo trasmettesse diventerebbe uno sport estremamente popolare. Non certo una moda come il curling a Torino 2006.
@SIMONE SALVADOR:yes,la Wilhelm per esempio è spesso ospite di programmi d'intrattenimento tedeschi.
Confermo anch'io:la coppia Ambesi-Puppo è eccellente.
@Simone
Ciao uomo che non dorme mai, argomento bellissimo il biathlon, immersi in un clima incredibile e soli con se stessi. Il grilletto che deve essere toccato senz'affanno mentre, il fiato, incomincia ad essere incombente.
Pura poesia epica, Walhalla, Thor, Siegfried, in a whole system.
Oltre alla divina, se dicessi Frank Ullrich per noi vecchietti?
Italo
@Italo:ola.
Il corri e spara è un esercizio meraviglioso,ancora più nordico dei fiordi e del ghiaccio.
Pensa che il grande Ullrich condivide con il sottoscritto il compleanno,anche se non l'anno di nascita.
Lunedì passo dal tuo blog e sarò verboso assai:tanto per cambiare...
@Simone
sei sempre il benvenuto e non sei mai verboso. Il problema è che hai molto da dire, se vogliamo dire problema.
Tra l'altro dovrei mettere in linea un altro articolo.
Au bientot
p.s. Lunedì a che ora, vista la tua media vampiresca?
Italo
Ma come mai il biathlon non è gestito dalla FIS?
Sempre stato così o è una scissione recente?
(il problema degli italiani è che sembrano fermi rispetto agli altri. La Ponza è una eccellente tiratrice, ma fosse almeno un pelino più veloce...)
@Ataru:il biathlon nacque come sport invernale all'interno della federazione di pentathlon moderno.
Se ne distacco solamente negli anni novanta,ma era già da decenni indipendente politicamente.
Il problema italiano,malgrado la notevole tradizione altoatesina,è di tipo culturale:in pochi,tra i fondisti,provano con il poligono.
Mentre in Scandinavia,Russia e Germania è ormai la prassi.
Errata corrige: "Se ne distaccò.."
Sempre emozionante il biathlon, sopratutto la staffetta. L'Austria stava per fare la frittata con una penultima sezione di tiro dalle sembianze quasi fantozziane.
Noi 9°, peccato perché si era iniziato bene.
Se a Vancouver De Lorenzi e Hofer beccassero la giornata perfetta al tiro...
@Ataru:a livello più alto dipenderà dalle lune norvegesi.
L'Austria è la più compatta,la Russia è imprevedibile;poi le varie Germania,Francia,Bielorussia,etc...
Inserirsi nel lotto di queste è maledettamente complicato.
Ho appena visto le batterie dello sprint: in effetti è l'antitesi dello sci di fondo (anche se il percorso di Davos era molto bello).
Simone, perché dici "è demenziale la conservazione artificiosa dello stile classico"?
Sarà che è il tipo di sciata che si è ereditato dai nostri avi, ma a me la tecnica classica ha sempre affascinato di più del passo pattinato
@Anjo:uno sport basato sulla resistenza che diventa,senza una vera ragione tecnica,un esercizio basato sull'esplosività.
Alcune cadute delle sprint,tra intrecci degli sci e spallate,sono grottesche:se ai dirigenti va bene che si rida per lucrare un pò di share televisivo...
Lo stile classico è bellissimo,ma l'evoluzione porta ad un altro gesto.
Perchè preservare una tecnica che apparteneva ad un'altra epoca?
Con il pattinato si scia meglio e più velocemente:è una questione di materiali,anche l'alternato nacque sulle esigenze dello sci nordico antico.
Sarebbe come obbligare gli atleti a correre sulle vecchie piste di terra battuta...
@Simone,
si tuto chiaro, ma il mio augurio per Vancouver era rivolto alle gare individuali.
Nella staffetta più di fare una bella figura non credo sia possibile.
In quanto a copertura mediatica ricordo he durante le olimpiadi di Torino il biathlon non è mai stato trasmesso o quasi, giusto per far capire quante risorse le alte sfere riversano in questa disciplina.
Simone, in effetti hai ragione. Mi sono lasciato prendere dalla mia passione per una tecnica che ho sempre interpretato (e praticato)più come un modo per esplorare "il mondo" che farmi prendere dal lato sportivo vero e proprio (come col kayak del resto)
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