Con Gedo

di Alec Cordolcini
Bilancio della Coppa d'Africa appena vinta dall'Egitto: il torneo di Ahmed Hassan, il cinismo di Shehata, gli attaccanti del Ghana e la lezione di Giresse.

1. Più esperti del Ghana, più tecnici dell’Algeria, più strutturati di Nigeria e Camerun, più umili della Costa d’Avorio. L’Egitto campione d’Africa per la terza volta consecutiva, la settima in totale, ha vinto sotto tutti i punti di vista. La miglior squadra, dotata del maggior numero di giocatori capaci di costituire per il collettivo un valore aggiunto. Quello che i vari Eto’o, Drogba e Obi Mikel non sono riusciti a fare. Il tecnico dei Faraoni Hassan Shehata ha compiuto l’ennesimo capolavoro, reso ancora più difficile questa volta dall’assenza di due pezzi da novanta della sua nazionale quali Zaki e, soprattutto, Aboutrika, entrambi infortunati. In copertina ci è finito Gedo con i suoi 5 gol (l’ultimo dei quali ha deciso la finale), tutti realizzati da subentrato. Ma la palma del miglior giocatore del torneo la merita Ahmed Hassan, splendido 34enne dalle lucide geometrie, alle quali unisce corsa, grinta e tanto carisma. Giunto con tutta probabilità all’ultimo atto della sua carriera con l’Egitto, Hassan, interno destro nella mediana a cinque di Shehata, aveva rischiato di chiudere la sua avventura nel peggiore dei modi quando, nei quarti di finale, una sua autorete di testa aveva portato in vantaggio il Camerun. Ma è stato proprio lui a pareggiare i conti con una botta dalla distanza, per poi ripetersi nei supplementari e fissare, grazie anche a Gedo, il punteggio sul definitivo 3-1.
2. Equilibrio, organizzazione, varietà di soluzioni: queste le armi dell’Egitto. Senza il bulldozer Zaki davanti si sono alternati, in fase realizzativa, Meteeb e Zidan; meglio il primo nella fase a gironi, uscito alla distanza il talento dell’Amburgo, un solo gol, però splendido, in semifinale contro l’Algeria. In difesa Gomaa e Said hanno fatto valere tutta la loro esperienza, permettendo al numero uno El-Hadary di non ripetere le prestazioni monstre del 2008. Non le ha ripetute nemmeno uno stranamente spento Hosny, due anni fa miglior giocatore della manifestazione e oggi tra i meno brillanti della compagine. L’Egitto ha sofferto le squadre chiuse e impostate ad agire di rimessa; l’Algeria della prima mezz’ora in semifinale (vinta 4-0, ma è stato necessario un rigore generosissimo per sbrogliare la matassa), il Ghana finalista. I Faraoni però sono sempre riusciti ad imporsi con il cinismo della grande squadra.
3. Capitolo Ghana. Gli uomini di Rajevac meritano solo applausi. Si sono presentati ai blocchi di partenza falcidiati dalle defezioni, hanno perso subito il loro elemento migliore (Essien) eppure si sono guadagnati la finale con prestazioni di rara maturità ed efficacia, pur se esteticamente tutt’altro che esaltanti. Ma per una squadra imbottita, nell’undici titolare, di giocatori classe 88, 89 e 90, questo basta e avanza. I migliori sono stati proprio i baby: Agyemang Badu davanti alla difesa, Kwadwo Asamoah a cavallo tra la mediana e l’attacco, Samuel Inkoom sull’out destro, Andrè Ayew qualche metro più avanti. Asamoah Gyan ha invece messo più di una pezza sulla mancanza di un bomber da area di rigore del Ghana, un difetto ormai cronico pagato a caro prezzo in finale. Evidentemente né Adiyiah Osei, a differenza di alcuni loro coetanei, sono ritenuti pronti dal ct a vestire la maglia da titolare. Se ne riparlerà in Sudafrica.
4. Uscendo dalla cerchia delle finaliste, Angola 2010 si farà ricordare per l’eccellente Peter Odemwingie (Nigeria), una seconda punta coi fiocchi; per le accelerazioni di Christopher e Felix Katongo, il cui Zambia ha dovuto arrendersi immeritatamente alla Nigeria nei quarti solo dopo i rigori; per l’ottimo Gabon messo in campo da Alain Giresse nell’esordio contro il Camerun (una lezione di tattica al connazionale Paul Le Guen); per il muro difensivo dell’Algeria, squadra ad una sola dimensione, sufficiente però per arrivare in semifinale pur priva di una punta degna di questo nome (quale, senza scomodare nomi di primissimo piano, l’angolano Flavio o lo zambiano Jacob Mulenga); per l’emozionante rimonta del Mali contro l’Angola, da 0-4 a 4-4 negli ultimi dodici minuti; per l’approccio mostrato dal Mozambico del tecnico olandese Nooij, coraggioso nell’affrontare un torneo al di sopra delle proprie possibilità giocando un calcio veloce fatto di sovrapposizioni, verticalizzazioni e tanta circolazione di palla. La difesa imbarazzante e la tecnica approssimativa degli interpreti erano però limiti invalicabili.
Alec Cordolcini
Radio Olanda

6 commenti:

Anassagora ha detto...

un piccolo accenno alla squalifica del togo??

K

Alec Cordolcini ha detto...

Per mia scelta personale parlo solo di calcio giocato, di norma.

valentino tola ha detto...

Ciao Alec, un punto molto interessante.

Personalmente sono rimasto assai deluso dal livello di questa Coppa d'Africa, davvero basso. Solo la Costa d'Avorio con le sue individualità, o un miglioramento del Ghana (che passerà per il recupero dei vari assenti) potranno avverare in Sudafrica l'annosa profezia sul calcio africano come del futuro, perchè complessivamente mi sembra che siamo ancora indietro.

Noto un'approssimazione sconcertante in troppe squadre. Il Ghana stesso a me proprio non è piaciuto, anzi avrei trovato un mezzo scandalo una sua vittoria.
Nelle prime gare del girone in cui provavano ad attaccare erano un disastro perchè pur avendo buoni giocatori ma avanzavano senza alcuna logica: due-tre giocatori in avanscoperta, portando palla senza guardare i compagni, mai nulla di corale, qualche lancio buttato lì. Siccome la squadra rischiava di spezzarsi ogni volta che perdeva palla, allora dagli ottavi in poi hanno avuto la pensata geniale: tutti ammucchiati dietro e vediamo che succede, se Gyan Asamoah inventa qualcosa (ottimo se si considerano i colpi isolati l'uno dall'altro, mediocre invece come giocatore a tutto tondo). Gli è andata bene, nulla da dire, però non è calcio secondo me, e paradossalmente gli è andata male proprio la partita che hanno giocato in maniera più ordinata, la finale.
Mi concentro sul Ghana per rappresentare i limiti in generale dimostrati dalle nazionali africane. Che non sono limiti di organizzazione tattica difensiva come spesso si afferma, ma limiti di organizzazione della fase di possesso, cui vanno aggiunti limiti tecnici in tanti dei giocatori che non sono passati per l'Accademia dell'Asec di Abidjan. Kwadwo Asamoah è un talento vero, questo sì.

La Nigeria, solitamente la più incasinata di queste nazionali, stavolta è stata la meno peggio delle big, un po' più logica delle altri.

Quelle che a livello collettivo hanno regalato la miglior impressione son state proprio le piccole: il Gabon da te citato, una squadra vera, il Mozambico, ma anche il Burkina Faso aveva un senso (lo Zambia purtroppo non l'ho mai visto). Ma è così difficile far giocare a calcio anche Eo'o, Drogba e compagnia?

Alec Cordolcini ha detto...

Ciao Valentino, concordo pienamente con ciò che dici. Il livello complessivo è stato deludente. Non nego di essermi annoiato alla visione di molte partite. Io sono partito simpatizzando per il Ghana, pieno di giocatori a mio parere di grande talento. Però dopo averlo visto giocare sono contento che non abbia vinto, perchè gioca più a calcio il Mozambico o il Malawi di loro. E mi dispiace parecchio ammetterlo.
Nigeria meglio del previsto, ma che delusione Mikel.
L'Algeria in semifinale (e alla fase finale del Mondiale) non è un bello spot per il calcio africano, ammesso che questa definizione abbia senso. Anche se, considerato il parco attaccanti degli algerini, dubito possano giocare in un modo diverso da quello attuale

Christian T. ha detto...

Una domanda: perchè l'Egitto domina in Africa da anni e non va al Mondiale da 20 anni tondi tondi?

CT

jeremy ha detto...

Vero mistero.