La coppa del nono

di Stefano Olivari
Il Festival di Sanremo non è più quello di una volta, quando la mattina dopo la finale fischiettavi il ritornello del vincitore: questa almeno è l'architrave ideologica dei cultori del passato, dilaganti questa settimana su tutti i canali a colpi di Tony Dallara e di Homo Sapiens (li sfidiamo però su Mino Vergnaghi). Ma nemmeno la NBA è più quella di una volta, visto che sta perdendo centinaia di milioni come se fosse una serie A o una Premier League qualsiasi.
Quale è quindi la differenza fra la NBA e le altre grandi leghe professionistiche che bruciano soldi nel nome della gloria personale, per non dire di peggio, dei proprietari di squadre? Che la NBA vuole smettere di perderli, a partire dal 2011 e cioè da quando avrà la possibilità di uscire unilateralmente dal contratto collettivo ridiscutendo il tutto al ribasso; dal salary cap alle ormai infinite 'eccezioni', dalla Larry Bird (che consente ad un club di rinnovare il contratto ad un suo giocatore sfondando il cap) alla Mid-Level (che consente di ingaggiare un giocatore, sempre sfondando il cap, all'ingaggio medio di un giocatore NBA: attualmente circa cinque milioni e mezzo di dollari l'anno).
Senza addentrarsi in tecnicismi, la lega a livello aggregato chiuderà questa stagione in rosso di 400 milioni di dollari: sembra una cifra immensa, ma è il valore di mercato di una delle trenta franchigie, e non stiamo nemmeno parlando dei Lakers. Comunque una cifra preoccupante, che si somma al fatto che dal 2005 ad oggi le annate a livello generale si sono sempre chiuse in perdita (sia pure a quote inferiori). I nomi di chi è messo peggio? Atlanta, Memphis, Detroit, Miami, Orlando, New Orleans, Oklahoma City, Indiana, New Jersey, Minnesota, Charlotte, Milwaukee and Philadelphia. Non solo mercati modesti, ma anche metropoli. Non solo situazioni sportive e di immagine depresse, ma squadre da titolo nel recente passato (Detroit, Miami) o nel presente (Orlando, Atlanta).
Insomma, una brutta storia a cui si sta cercando di mettere una pezza riducendo la percentuale del costo del lavoro (dei giocatori) sui ricavi: attualmente è al 57%, percentuale che dagli Angelopoulos della situazione (i proprietari dell'Olympiacos, nipoti della Gianna olimpica) sarebbe considerata virtuosa, ma che nei progetti di Stern e proprietari dovrà scendere di molto. Il gigantismo-record dell'All Star Game di Dallas, con decine di migliaia di persone che hanno guardato un megaschermo, ha quindi segnato la fine di un'epoca. Visto che tutto sarà ovviamente strutturato per non perdere le stelle, è sicuro che ad essere picconata sarà la classe medio-bassa. Nella lega nessuno può guadagnare su base annuale meno di 475mila dollari (parliamo quindi di un rookie scelto tardi nel draft o proprio non scelto), questo significa che l'Europa dei magnati a fondo fintamente perso potrà pescare ancor di più di quanto non faccia dal nono della rotazione in avanti (a referto si va in 12, ma i contratti possono essere 15). Il famoso 'ricco che mette i soldi', base dello sport professionistico extra-americano, potrebbe conoscere una nuova stagione di effimera gloria.
stefano@indiscreto.it

7 commenti:

Dane ha detto...

Direttore, giuro che durante il tg dell'ora di pranzo ho pensato a Lei chiedendomi "ma a sto giro non ci scrive nulla sul Festival"?!... :-D

Simone ha detto...

La guerra tra i proprietari e il sindacato giocatori è già cominciata.
Penso che nell'estate 2011 ci sarà la serrata:ma Stern limiterà l'emorragia come fece nel'99.
Vorrebbe comunque introdurre l'hard cap;che significa la quota del personale giocatori al 40%.
Se usciranno bene da questa prova l'Nba ricomincerà ad espandersi commercialmente.
Sternville,con l'Nfl,rimane il modello da imitare,ed ammirare,per tutte le leghe professionistiche...
Vedremo.

Italo Muti ha detto...

@Direttore
Il legame tra Larry Bird e Tony Dallara è un capolavoro dialettico, ma è piùfacile che stern raddrizzi la baracca come whole system piuttosto che il Festival ritorni ai fasti raggiunti in passato. Conseguentemente, ci aggreghiamo a Simone.
Italo

GuusTheWizard ha detto...

Su Sanremo sono discretamente fondamentalista: nuclearizziamo tutto e facciamola finita !!

Italo Muti ha detto...

@Guus
The Arabian Wizard?
Italo

Simone ha detto...

@GuusTheWizard:il ministro competente (per il nucleare) abita a una manciata di chilometri da Sanremo.
La reggia principale del Papa ligure comincia in provincia di Imperia e finisce in quella di Savona.
Vanta pure l'aereoporto personale,ma con la pecunia statale.

@Italo:Larry Legend ha un sense of humor impagabile.
Quando si ritirò da allenatore dei Pacers gli chiesero come avrebbe passato il tempo.
Lui rispose:"Giocherò a golf aspettando la morte".
Grouchesque.

Miky ha detto...

Verissima la seconda parte dell'analisi sul rinnovato ed ancor più imponente "potere d'acquisto" relativo dei maggiori club europei, ancor più vero e crudele l'aggettivo "effimera" dato che i noni di turno verrebbero giù soltanto per il vil denaro, non certo per diventare parte nel breve-medio termine del progetto di un Olympiacos "qualunque".

Ma dal punto di vista dell'Nba anche un mezzo nuovo Lockout non credo possa essere identificato anche come lontanamente positivo: nel 99 si arrivava dall'addio di MJ e si stava per entrare nel nuovo millennio con la prospettiva di diventare sempre di più la Lega sportiva più seguita al Mondo, e l'iniziare con 2 mesi di ritardo senza giocare l'All Star Game (clamoroso viatico di visibilità per i tanti semplici appassionati, meno per chi è interessato ad Altro) lanciò un segnale di insicurezza molto pericoloso.
Senza contare le perdite economiche delle 29 società nei mesi di inattività forzata dalle trattative.
Giusto che Stern voglia tornare a livelli di perdita inferiori (ma in questo periodo c'è qualcuno che non sta perdendo?!) se non addirittura a guadagnare come ai bei tempi (in termini semplicistici), ma credo che, in quel 57%, il nodo sia proprio il contratto massimo percepito dalle stelle di turno.
Sarebbe quindi più auspicabile provare a ridurre sensibilmente quel tipo di quota salariale relativa a quel tipo di status, piuttosto che ridurre ancora i salari dei più deboli (dai noni in su, senza tante pretese di contratti elevati, sempre visto lo status) che comunque più di tanto non potranno essere ridotti: troppo difficile "combattere" a tavolino per realizzare un prospetto simile?