Trucchi di serie Z

di Stefano Olivari
Uno degli aspetti più grotteschi del mercato NBA, almeno per noi che lo seguiamo da lontano mentre purtroppo al Quark Hotel siamo vicini, è quello dei buyout. Che di fatto tengono il cinema ancora aperto, con tre casi clamorosi che si stanno definendo proprio mentre scriviamo queste righe: Larry Hughes con i Kings, Drew Gooden con i Clippers e soprattutto Zydrunas Ilgauskas con gli Wizards.
La definizione di buyout, per quanto riguarda questa lega è semplice: un giocatore sotto contratto con una squadra viene liquidato, con il consenso di tutti, ricevendo meno della cifra residua del contratto ma ottenendo in cambio la possibilità di riciclarsi sul mercato. Visto che nella NBA si scambiano contratti contro contratti, con i soldi che fungono solo da integrazione minima, quasi tutti i buyout nascondono l'inganno e addirittura alcuni il doppio inganno. Inganno quando la squadra acquirente del contratto sa già che quel giocatore non le interessa ed il giocatore sa già in anticipo di non volerci andare per alcun motivo. Doppio inganno quando tutto è stato organizzato per far ritornare il giocatore nella sua squadra di partenza rispettando solo il termine di minimo 30 giorni dalla 'trade' originaria.
Il caso Ilgauskas è emblematico: finito agli Wizards nel quadro dell'operazione Jamison, l'ennesimo supergregario per far vincere l'anello a LeBron James, ma al tempo stesso non rientrante nei progetti degli Wizards, si sta apparecchiando il tutto per il ritorno a Cleveland con la modica spesa per Washington di 1,5 milioni di dollari (fonte: Washington Post). Circa un decimo del contratto originario del lituano, che fra un mese potrà tornare alla corte del re (di cui è uno dei compagni preferiti) per inseguire la grande vittoria, a meno che non accetti le tiepide offerte di Nuggets o Hawks. Tutto fatto seguendo la lettera del regolamento, ma non certo lo spirito: Washington ha liberato spazio salariale per la ricostruzione della squadra, questa finora l'unica cosa sicura, mentre se Cleveland lo prendesse (magari 'spalmando' sugli anni futuri il piccolo danno finanziario subito da 'Z') avrebbe un reparto lunghi pazzesco.
E lo spirito della norma violato? Sarebbe bastata scriverla meglio, non è che i Cavs sarebbero (meglio usare il condizionale, magari fra due minuti Ilgauskas firma per tornare nel suo Atletas: la squadra di Kaunas, meno popolare dello Zalgiris, dove sono esplosi lui e Stombergas) più disonesti di tanti altri che l'hanno aggirata in passato. Phil Jackson e Doc Rivers, due che da una super Cleveland avrebbero solo danni, considerano già fatto il tarocco, mentre su vari giornali si è scritto che questa volta Stern si metterebbe di traverso con il suo potere 'dissuasivo'. Prima però dovrebbe dimostrare che quella fra Danny Ferry, general manager dei Cavs, ed Ernie Grunfeld degli Wizards, sia stata una recita fin dall'inizio. Infatti così non sarà, visto che la notizia dell'Associated Press è stata riportata anche dal sito della NBA. Come dire: abbiamo capito, ma non possiamo farci niente. Senza onestà non c'è regola che tenga.

stefano@indiscreto.it

6 commenti:

furio ha detto...

Stefano, forse tra i vari trucchi gestionali il più subdolo è il mitico salary cap. Mi sa dire se, da quando è stato introdotto, il titolo è mai stato vinto da una squadra che lo rispettasse? perchè tutte le franchigie campioni che mi vengono in mente erano in territorio luxury tax, per quel che ne so. Certo si tratta di una scelta che i proprietari pagano di tasca propria e finisce col beneficiare finanaziariamente i concorrenti, ma sicuramente contraria allo spirito della norma. Vedremo se Stern riuscirà a far passare il paventato hard cap e soprattutto da che parte si schiereranno i proprietari sulla questione

Roberto Gotta ha detto...

Molti aspetti della NBA attuale sono farseschi, quello che ha segnalato Stefano è uno dei più evidenti perché va ad incidere su movimenti importanti e rende vana la struttura razionale (ma non troppo, vedi appunto l'escamotage luxury tax) della regolamentazione. Sono in generale tempi strani per NBA ed NFL, che come sapete nel 2010 probabilmente non avrà salary cap.

Stefano Olivari ha detto...

Ci rimarranno le nazionali! Forse nemmeno quelle, se è vero che Pianigiani vuole sfruttare per Eze (che ha giocato in una giovanile nigeriana) azzurro il precedente di Olajuwon 1996...

furio ha detto...

a proposito di farse NFL, il sindacato dei giocatori si è categoricamente opposto alla proposta della lega di introdurre controlli sull'assunzione di ormoni della crescita perchè - orrore - richiederebbero le analisi del sangue. interessante anche l'analisi secondo cui in realtà alla NFL stessa la questione in sé non interessi per nulla ma sia solo una carta giocata contro la union nell'ambito dei negoziati sul prossimo contratto collettivo. In effetti non si capisce perchè Goodell dovrebbe voler rischiare di rompere il giocattolo, visto che per ora a quanto pare in USA ci si dopa solo nel baseball - come in Europa solo nel ciclismo, ovviamente

Roberto Gotta ha detto...

Infatti, questa cosa dell'HGH è molto negativa...

pietro ha detto...

Effettivamente la norma del buy-out è ridicola. Invece non sono d'accordo con chi è contro il salary cap. Ha reso la NBA più equilibrata e spettacolare, perchè nessuno gestisce le cose in perdita. Una squadra di serie A da titolo ti costa 300 milioni e ne guadagni se ti va ben 200. Con la luxury tax paghi il doppio dello sforamento, ma se prendi il giocatore giusto guadagni, non vai in perdita. E non parlo solo di introiti da palazzetto. Tanto che i Lakers se non sbaglio sono valutati 500 e passa milioni di dollari. E il salary cap viene giustamente sforato per tenersi Bryant e Gasol e qualcun altro. Altrimenti zeru tituli e zeru magliette vendute (la NBA in Cina vende più magliette di Bryant che di Yao... Stern magari è scemo col dress code, ma sa fare il suo lavoro e ridicolizza i nostri dirigenti ogni volta che emette un respiro).

Di sicuro la regola del buy-out falsa un po' il mercato, ma il fatto della cessione dei contratti così come sono, quindi a parità di scambio, rende tutto molto interessante.

La NBA è sì socialista :-) ma in un contesto di libero mercato: non sono mica come i nostri che pensano che il bene del calcio siano solo le grandi squadre.

Grazie a queste regole solo dal 2000 a oggi, nell'ultima decade, si sono giocate il titolo (contando solo le finaliste di Conference):

Boston - New Jersey - Orlando - Miami - Detroit - Indiana -Cavaliers - Milwaukee - Knicks e Philadelphia

Portland - Lakers - Spurs - Sacramento - Dallas - Minnesota - Phienix - Utah - Denver

Ovviamente c'è chi ha dominato di più, soprattuto a Ovest, ma di fatto in quale campionato di calcio - pur con la regola fake del buy-out che riporta il buon Zydrunas a Cleveland - abbiamo avuto metà delle squadre in lizza per il titolo?

La logica è chiara: le franchigie si spostano in mercati appetibili. Ogni franchigia può avere una stella che trascina gli spettatori.