di Oscar Eleni
Un derby lombardo con quattro quarti di nobiltà ma anche con una sola tifoseria presente, sconfitta per il basket e per quel che resta dell'Italia...
Una voce grande dal Cile, quella di Neruda, per risvegliarci dal sogno che non sembra incubo: mi piaci quando taci perché sei come assente. Ecco, vorremmo proprio che la partita fra Cantù che vede il suo cielo più grande e Varese che vede la sua terra più piccola facesse tacere le solite angosce, costringendo la paura a starsene fuori dal Pianella e anche da Masnago dove sarà la diretta televisiva a segnare il tempo della vita e dell’esistenza in serie A per la Cimberio.
Insomma vorremmo che fosse assente quella voglia di non capire che lo sport può anche essere vissuto senza odio. Prendiamo la partita da dieci milioni di telespettatori, guardiamo dentro Barcellona-Inter e poi fermiamo l’immagine sui due presidenti, Laporta e Moratti, seduti uno di fianco all’altro. Erano statue da martellare sul cuore con michelagiolesco furore per obbligarle a parlare. Niente. Tutto dentro e alla fine stretta di mano. Si può arrivare ad un epilogo del genere mentre Trinchieri Custer potrerà le sue giubbe bianco blu verso la montagna sacra del playoff da vivere in gloria nella casa dei padri fondatori, guardando gli altri, quelli in maglia rossa del Pillastrini pompeiano, che cercano la salvezza necessaria oggi, ma che servirà per un futuro che è già disegnato abbastanza bene.
Lasciateci questo sollievo dell’assenza di ogni vendetta, di ogni rimpianto. Vivete la partita da grandi. Lo eravate, lo siete, lo sarete ancora e nessuno più vi vieterà di seguire la vostra squadra in trasferta perché avrà capito questa assenza di odio e di vendetta.
Oscar Eleni
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