di Stefano Olivari
Solo le persone serie sanno ridere di se stesse oltre che dell'assurdità della vita. E nonostante la sua immagine pubblica, che poi sarebbe quella televisiva, Maurizio Mosca era una persona serissima.
Senza entrare in dettagli (sconosciuti ai più, anche a livello di sentito dire) del suo privato, che lo farebbero comunque apparire come un gigante in mezzo a professionisti del buonismo e delle buone azioni in favore di telecamera, per quelle decine di volte che lo abbiamo incrociato in studi di emittenti non proprio di rilevanza mondiale (lui non buttava via niente, mentre quello è sempre stato il nostro livello di inviti) possiamo raccontare alcune cose fuori dalla retorica del grande maestro che se ne è andato. Anche perchè Mosca dei sedicenti maestri era il primo a ridere.
a) Maurizio Mosca alzava il telefono e chiamava chiunque potesse dargli notizie di prima mano riguardanti l'argomento della trasmissione: la più strampalata delle superbombe di mercato nasceva come minimo dalla confidenza (magari volutamente infondata) di un una persona coinvolta nell'operazione: in un mondo dove si usa 'riprendere' (cioè copiare) quanto scritto da un collega non è una cosa da poco. La rubrica telefonica di Mosca, vista con i nostri occhi, era spaventosa per volume, qualità dei nomi e disordine.
b) Maurizio Mosca era puntualissimo, anzi di più. Strapagato da alcune emittenti, riservava la stessa serietà anche a quelle che non gli potevano offrire nulla né come soldi nè come visibilità. Pochi compagni di trasmissione sono riusciti ad arrivare prima di lui in uno studio. La puntualità non è una mania o una perversione, ma una forma di rispetto.
c) Maurizio Mosca era educato, scusate l'aggettivo un po' antico. Non si permetteva mai una battuta con chi non avesse la posizione per poterla ricambiare.
d) Maurizio Mosca era cosciente di occuparsi di una materia che deve portare gioia nelle tristi vite di noi tutti. Per un giornalista sportivo è difficile accettare il ruolo dell'intrattenitore, solo i più intelligenti ce la fanno. Esprimeva solo una piccola percentuale del suo potenziale e delle sue conoscenze, secondo persone autorevoli si è buttato via. Se l'ha fatto, l'ha fatto coscientemente.
e) Maurizio Mosca aveva il senso della televisione e del ritmo come nessuno, dal niente sapeva animare una discussione basandosi proprio sul niente. Schiacciando un tasto, inventando in mezzo ai ribaditori dell'ovvio.
f) Maurizio Mosca aveva fatto il giornalista sul serio, quando il giornalismo esisteva ed aveva una funzione critica che oggi si è persa perchè pochi conoscono le materie di cui parlano meglio dei lettori. Ed era emerso (soprattutto occupandosi di boxe) nella Gazzetta dello Sport degli anni Sessanta e Settanta, che per motivi di età noi abbiamo preso per la coda ma apprezzato infinitamente. Poi si è adeguato ai tempi, diventando meno interessante (almeno per noi) ma molto più popolare. Di sicuro il degrado del giornalismo sportivo in Italia non va ascritto a chi lo ha reso popolare, ma a chi ha riempito le redazioni di parenti d'arte (di poca arte, quasi sempre), amanti, figli del proprio dentista, neolaureati dalla mentalità impiegatizia e persone erditate da fallimenti di giornali di cucito e wellness.
Non è abbastanza per farne un santino o un maestro di giornalismo da statua equestre (tipo quelle dedicate a uomini di potere alla Cannavò), ma è abbastanza per dire che è stato un piacere ascoltarlo. Il più improbabile dei pendolini, la più folle delle classifiche di Supergol (rivista memorabile, il moschismo messo su carta), la più trash delle puntate dell'Appello del Martedì, la più surreale delle risposte alle telefonate, il più spiazzante scenario di mercato: erano tutte cose fatte per noi, non per la parrocchietta di quelli che si leggono a vicenda.
stefano@indiscreto.it
14 commenti:
Stefano, bel pezzo. Fatico a conciliare le tue parole con quel che ho sempre pensato di MM finché mi è capitato di vederlo (e saranno ormai stati anni che non lo facevo, anzi nemmeno sapevo che andasse ancora in tv), ma il tuo merito è anche questo, qui e oggi.
Sulle redazioni piene "di parenti d'arte (di poca arte, quasi sempre), amanti, figli del proprio dentista, neolaureati dalla mentalità impiegatizia e persone ereditate da fallimenti di giornali di cucito e wellness." approvo, come ovvio, con tutte le mie forze. Aggiungerei altre categorie ma mi auto-imbavaglio anche oggi.
grazie maurizio per averci fatto divertire e sognorare perchè come dice il direttore:
"Maurizio Mosca era cosciente di occuparsi di una materia che deve portare gioia nelle tristi vite di noi tutti. "
il vero grosso problema è che oramai il calcio non è divertimetno ma riscatto sociale per chi lo segue, modo per superare le frustrazioni e un egregio sistema di poter per chi controlla squadre e curve ... infatti l calcio e lo sport sono l'oppio dei popoli essendo forme di religione pagana.
Ecco io vorrei tornare a divertirmi un po con il calcio come si fa ?
Supergol...non ne perdevo un numero.
Direttore,
applausi per umanità, misura e onestà intellettuale.
Maurizio Mosca è stato, a suo modo, un "artista" della comunicazione: ha capito con largo anticipo che la via tracciata era quella della spettacolarizzazione, anche buffonesca, e si è ritagliato una parte in commedia, certamente conscio della cosa.
Credo, ma non essendo dell'ambiente vado a naso e a memoria, che si sentisse "in credito" rispetto al suo editore principale e che, se avesse potuto, avrebbe ambito ad altra collocazione.
Il ritratto fuori scena rende giustizia a un signore.
Anni '70. Milano. Via Solferino. Bar interno della Rcs. Tardo pomeriggio della vigilia di Natale. Corridoi deserti, nessun giornalista della Gazzetta nel raggio di qualche centinaio di chilometri. Solo Maurizio Mosca si aggira sconsolato: "Due giorni di festa? Una noia mortale." Poi una luce improvvisa negli occhi: "Adesso telefono a Boniperti".
sto per dire - probabilmente - una scemenza.
ho avuto un lievissimo contatto indiretto con maurizio mosca per un invito ad un torneo di beach volley. al telefono si dimostrò squisito con quel che era il semplice ragazzo di bottega dell'accoglienza hotel di un torneo di lignano sabbiadoro. declinò l'invito (non vi dico quanti invece si fecero la vacanzetta gratis) perché doveva seguire l'incidente di lentini.
da allora, al di là della qualità delle sue partecipazioni, l'ho sempre seguito con simpatia.
e un altro tratto indiretto di umanità e profondità penso di averlo notato nelle sue partecipazioni ai lutti altrui.
mai un necrologio banale o striminzito (che sorriso amaro mi suscitano sempre gli annunci con trecento firme che si suddividono la spesa della partecipazione...), ma sempre parole sentite e concetti originali, con reali riferimenti alla vita del defunto.
Direttore, d'accordo con Lei sull'usare MM come benchmark per segnare la differenza tra essere seri ed essere seriosi, un po' meno sull'educazione del nostro nel fare battute (credo "Pantera" Danova coltivi un'opinione differente dalla Sua...).
Al di là dei facili cortocircuiti che ogni tanto lo portavano ad aggredire l'interlocutore con incomprensibili crisi epilettiche è però vero che dal punto di vista tecnico era un signor professionista. Tanto per fare una metafora, fosse stato un calciatore nessuno potrebbe ricordare un suo ritardo agli allenamenti o un dolorino diplomatico, ecco.
Purtoppo resterà nella storia per la sua propaggine di carriera più clownesca, che lui poteva ben permettersi visto che una carriera "seria" l'aveva già vissuta (roba che certe scimmiette di oggi non colmerebbero reincarnandosi 14 volte come il Dalai Lama...) ma che ha indiscutibilmente lanciato (o semplicemente interpretato...) una deriva di cui oggi osserviamo i disastri. Insomma, una specie di Nereo Rocco maleinterpretato da mediocri catenacciari cagasotto o una specie di Sacchi imitato da aguzzini fanatici dello schema.
In conclusione, è morto un giornalista ma non è morto un certo modo di fare giornalismo. E sinceramente non so delle due cose quale mi dispiaccia di più.....
p.s.: in una settimana Maurizio Mosca, l'attore che intepretava il capostipite della famiglia Carrington in Dynasty, lo spaghetti-crooner Nicola Arigliano.....Direttore, gli anni 80 ci stanno sfuggendo di mano!.....
Quindi è un coro unanime di commenti positivi per l'uomo Maurizio Mosca. Nulla da dire, non conoscendolo. Resta però un pezzo fondamentale dei salotti trash fatti di calciomercato senza senso e provocazioni fini a se stesse. Spiace ma è così.
Profilo tracciato con il garbo e l'onestà intellettuale che sono una griffe del nostro Direttore.
Ho avuto l'avventura di conoscere Mosca in un passaggio della sua carriera televisiva (primavera del 2000) che non guadagnerà di certo l'immortalità, ma che ha lasciato in tutti coloro che ne sono stati a vario titolo partecipi un ricordo dolce e leggero.
Stagione breve e intensa di purissimo divertimento e - per quanto mi riguarda - di spensieratezza mai più ritrovata. Resta indelebile il suo sorriso cordiale e un po' infantile, le buone maniere d'altri tempi, le battute fulminanti per il gusto della risata corale e fragorosa, la squisita generosità ed il piacere di stare in mezzo alla gente. Resta soprattutto un amico, conosciuto proprio in quella occasione, che è oggi per me più che un amico il fratello maggiore che non ho avuto.
Per questo ti ringrazio di cuore e ti auguro buon viaggio, caro Maurizio.
Va anche detto che il Pallone non è più nemmeno quella messa Laica di cui scriveva P.P.P. su l'Europeo nel 1970, ormai un wrestling in cui la Serietà del commento è qualcosa addirittura di ridicolo essa stessa, malgrado voci bianche che non interpretano la Marionetta del teatrino (Beccantini,per dire ).
Però,se iL wrestling ha ispirato un film come quello di Aronofsky, forse pure il calcio attuale troverà qualche narratore di rilievo.
Non mi piaceva il giornalismo di Cannavò, non mi piaceva il giornalismo di Mosca.
Ma riconosco loro professionalità e conoscenze dello sport, cosa che non hanno coloro che ne hanno ereditato lo stile ma non la cultura (si pensi a quel direttore della Rosea che non sapeva chi fosse Fiorenzo Magni)
L'articolo è bello e toccante e rivaluta molto l'uomo, che per me era relegato all'avanspettacolo, ma ringrazio il direttore per avermi fatto vedere le cose sotto un'altra luce. Comunque "l'intervista" a Zico fu una cosa grossolana; peccato, direi ...
@Stefano
Parfait, linee essenziali come un disegno di Grosz, lineare come un progetto razionalista anni 40, la vita scorre veloce, più veloce della nostra andatura e, se qualcuno colma alcuni buchi del nostro niente, è sempre opera meritoria.
Il fatto che lo abbia fatto Maurizio Mosca è solo il ritratto della nostra pochezza, ma lui non c'entra nulla. Ha avuto le sue carte e le giocate, bene ma con qualche caduta.
Direttore, aspetto sempre un'entrata templare a casa mia.
Italo
Ivan, la solita necrofilia italica del "son sempre i migliori quelli che se ne vanno" oppure un tentativo da parte del Direttore di mettere in luce aspetti meno fruibili per il pubblico televisivo.
Per quello ho cercato, per quanto potessi, di rovinare il quadro.
Personalmente ritengo l'uomo di un'insopportabile antipatia, il giornalista di una professionalità esemplare, anche nel momento in cui ha deciso di monetizzare la carriera cedendo alle ousinghe dello spettacolo. Ma come deto, lui se lo poteva permettere, perchè se sparava un'impreticabile intreccio di mercato, quantomeno lui poteva vantare (come detto da qualcuno) Boniperti come suggeritore. Niente a che vedere con quelli che chiamano l'amico in Spagna per suggerirgli una puttanata biblica, con los copo di fragliela scirvere in aptria epr poter poi riprenderla come "in Spagna scrivono che...".
Tutto qua.....
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