di Alberto Facchinetti
Gianni Brera è stato il giornalista sportivo più influente del secolo scorso. Rivoluzionario, soprattutto a livello linguistico: molti dei suoi neologismi fanno ancora parte del vocabolario italiano.
Per Antonio Dipollina “gira e rigira ci ritroviamo sempre a citare Brera, che era un caso super-unico, irripetibile nella storia e anche al mondo”. Quando morì il 19 dicembre 1992 in seguito ad un incidente automobilistico sulla strada tra Codogno e Casalpusterlengo, furono molti i giornalisti che ad un tratto sentirono di aver perso il loro maestro. Il giorno dopo la sua morte, Italo Cucci scrisse sul Corriere dello sport: “Ha lasciato una montagna di scritti, che all’improvviso diventeranno storia. Senza continuazione. Adesso che non c’è più, siamo tutti pari, tutti normali”. Candido Cannavò invece sulla Gazzetta dello Sport: “Non lascia eredi, ma solo qualche goffo imitatore. Unico sino alla fine”. A Gianni Mura poi si deve il neologismo Senzabrera. I Senzabrera sono tutti coloro che si sentono orfani del giornalista lombardo. Su Repubblica Mura il 20 dicembre 1992 scrisse: “Io non sarò il tuo erede, Giovanni. Siamo onesti, come te non c’è stato nessuno, e non ci sarà più nessuno”.
Gianni Brera ha lasciato una traccia profonda sul giornalismo sportivo e sulla cultura italiana del Novecento. E il suo rapporto con le tv locali com’ è stato? Intanto bisogna dire che c’è stato. Perché oltre ad essere stato ospite fisso della Domenica Sportiva su Rai 1 nel 1978 e del Processo Lunedì su Raitre nel 1990, non sono poi così rare le sue apparizioni, da ospite o da conduttore, nelle trasmissioni sportive di tv private. Ha lavorato per Telelombardia, TeleArena e Antenna 3. Delle tv locali insomma nemmeno Brera è riuscito a fare a meno. Senza però fare nel mondo delle locali cose fondamentali. Ma le faceva. “Secondo me si buttava via”, ci ha risposto Gianni Mura. “Sì, gli piaceva frequentarle, e il suo piacere era direttamente proporzionale alla cifra d’ingaggio. Questo me lo disse di persona”. Per Giancarlo Dotto “Brera era un genio anche nel buttarsi via (i geni si buttano, sono i primi a disprezzare il proprio saperci fare), diceva mostrando il taschino, infilateci un marengo e sono pronto a fare qualunque cosa. Mura è bravo, molto bravo, sarebbe stato ancora più godibile senza la sindrome del pagellante/flagellante. Entrambi Brera e Mura sono, erano molto poco telegenici. Ma questo non è né un difetto, né una virtù”.
Ma “il peggior Brera televisivo – dice Italo Cucci- non era quello che, dicevano i suoi allievi preoccupati della sua... verginità, smarchettava da Biscardi, quello dell’Accademia e dintorni, ma il grande affabulatore costretto a partorire telegrammi alla “nobile” Domenica Sportiva che tremava quando diceva “paisà”, “meridionale” e via così. Brera ha avuto il coraggio di non negarsi niente, gli mancava di scrivere sui muri: lo faceva per necessità famigliari ma anche perché aveva in sommo disprezzo benpensanti e invidiosi, tanti, del suo successo”. Di Brera ha fatto sì la storia del giornalismo sportivo, non quella delle tv locali. Non ci sono tanti giornalisti, tra quelli che abbiamo intervistato, che hanno un ricordo nitido delle sue apparizioni sull’etere. La maggioranza ricorda le sue trasmissioni, ma è evidente che non ne sa un gran che. Prendiamo come esempio L’accademia di Brera, trasmessa negli Ottanta su Antenna 3. Alcuni di loro non l’ hanno mai vista: è normale che un programma trasmesso in ambito locale non abbia una grande utenza. Tuttavia neanche per i giornalisti televisivi sembra che la trasmissione sia passata alla storia. Il perché lo spiega Fabio Ravezzani. “E’ difficile dire quali siano state le trasmissioni tv che hanno fatto la storia nello sport delle locali, semplicemente perché non ve n’è più traccia. L’Accademia di Brera non è ricordata dagli addetti ai lavori come una trasmissione in qualche modo storica, persa nel fiume di parole dello sport in tv. E, a ben vedere, non c’è davvero nulla di così storico nel parlare di calcio con toni più o meno nobili”. Ravezzani, avendo vissuto a Torino in quegli anni, ammette di non aver mai guardato la trasmissione. E anche Gianni Visnadi, lui proprio di Torino, non l’ ha mai vista. E stiamo parlando di due tra i più famosi conduttori di sport delle tv locali del nord. Lo stesso discorso naturalmente lo si può estendere anche ai giornalisti della carta stampata. Per questioni geografiche L’accademia non l’ hanno mai guardata Nicola Cecere, Ivan Zazzaroni, Massimo Norrito, Andrea Sorrentino. Maurizio Crosetti addirittura ne ha scoperto l’esistenza quando gli abbiamo posto la questione. Paolo Ziliani ha ammesso che prima di diventare autore per Mediaset, guardava poca tv e quasi nulla di tv private. “Dell’Accademia di Brera – ammette Emanuele Gamba - conosco solamente il nome ma più che altro perché, se non ricordo male, era il titolo di una rubrica che teneva sul Guerin Sportivo”. Nemmeno Mura la seguiva con assiduità sebbene “poteva capitare”. Stessa cosa per Giampiero Scevola. “Non guardavo – dice - spesso le reti locali, me ne mancava il tempo. Ma L’accademia di Brera, La panchina di Rivera, Azzurro (mi sembra si chiamasse così) e un’altra trasmissione dove c’era Sandro Mazzola, qualche volta le guardavo”.
Qualcosa della trasmissione è rimasta nei ricordi dei giornalisti che in quegli anni abitavano in Lombardia. A Stefano Olivari piacevano “tutti gli one man show, con titoli diversi, di Gianni Brera, anche quando faceva l’uomo immagine di prodotti improbabili, come il leggendario Winco”. Olivari guardava l’ Accademia. “Da ragazzo la apprezzavo anche senza conoscere la sovrastruttura del brerismo, né aver letto i libri che poi ho letto di e su Brera. Anzi, Brera senza il brerismo dei suoi adoratori-amici (la cucina, le citazioni storiche, la Bassa lombarda, la caccia, l’antropologia, la tattica come spiegazione di ogni partita: ottimi ingredienti, ma solo in mano ad un cuoco come Brera) guadagnava in spontaneità ed efficacia televisiva”. Anche Antonio Dipollina e Gianluca Rossi dicono di ricordarla bene. Ma poi nelle loro risposte non si dilungano a parlare di quella trasmissione, ma di un’altra (Qui studio a voi stadio). No, Brera in tv non ha fatto storia. Né con l’Accademia, né con altre trasmissioni. Giorgio Micheletti sembra l’unico a dare qualche importanza alla trasmissione in questione. “Ha tenuto a battesimo le tv locali”. Ma poi non dice altro.
Sandro Piccinini è quello più critico sul Brera televisivo per le qualità che Brera mostrava in video. “Sulle capacità televisive di Brera e Zanetti il discorso sarebbe lungo. Diciamo che con i loro tempi, il pubblico di oggi scanalerebbe dopo un minuto e gli ascolti precipiterebbero. E’ solo il tempo che crea i miti. Carosio, tanto per citare un altro mito, oggi farebbe la riserva all’ultimo telecronista di Sky. Mosca poteva piacere o non piacere, ma rimaneva un animale televisivo formidabile e fino a quando è stato in buona salute tutte le televisioni nazionali e locali se lo sono conteso in tutti i modi. Non voglio dire che Brera e Zanetti fossero scarsi, voglio solo dire che rimangono due bravi giornalisti (nel caso di Brera, un ottimo scrittore) che vanno valutati nell’ambito dell’era che hanno vissuto, ma non possono più rappresentare un modello. Con i meccanismi di oggi, rimarrebbero due ottimi editorialisti, dalla prosa un po’ stucchevole e retorica. Su Brera nelle tv locali, non ci trovo nulla di male. Come per Mosca, fu una libera scelta, un’apertura verso una nuova forma di comunicazione”. Piccinini non deve essere fan di Brera: “Brera e Zanetti vanno paragonati con i bravi giornalisti di carta stampata che esistono oggi. Tanto per fare un esempio, Paolo Condò della Gazzetta è per me dieci volte superiore a Brera e Zanetti. Sia come scrittura sia come capacità giornalistiche”. Ma nemmeno dei Senzabrera, evidentemente: “Mura è sempre un po’ snob. Forse si rende conto di non essere adatto alla tv ed allora ne è spesso infastidito. Ama solo la trasmissione del suo amico Garanzini, quella che andava in onda a mezzanotte della domenica su Sky con vino e salame sul tavolo. Naturalmente, se fosse misurata dall’auditel farebbe l’uno per cento…”
Non era in quelle trasmissioni sportive che Gianni Brera sapeva dare il suo meglio. Il suo talento usciva invece negli articoli e nei romanzi che scriveva. Non nei programmi delle locali in cui appariva. Anche i suoi allievi (Mura e Cucci in un certo senso lo sono) lo guardavano in tv con poco interesse. Brera là ci andava solo per una cosa: i soldi. Lo ha ammesso lui stesso ai colleghi che gli stavano più vicino.
Alberto Facchinetti
alberto.facchinetti1@virgilio.it
(per gentile concessione dell'autore, fonte: 'Il giornalismo sportivo. Il rapporto tra la carta stampata e le tv locali da Gianni Brera ad oggi', tesi di laurea in discipline dell'Arte, Musica e Spettacolo all'Università di Padova, anno accademico 2006-2007)
24 commenti:
Credo sia stata una fortuna che Gianni Brera abbia partecipato a trasmissioni televisive, anche se certo di non altissimo livello. Se non altro per il fatto che quelli che negli anni ottanta erano bambini o poco più come me l'abbiano conosciuto e quindi abbiano avuto, volendo, una pista culturale da seguire e approfondire. A proposito di piste culturali fa un po' sorridere quello che dice Piccinini con i suoi paragoni a proposito di Brera, visto che il pubblico che "scanalerebbe dopo un minuto" (che detto in italiano significa più o meno che nessuno ha voglia di ascoltare un ragionamento) ha contribuito a crearlo anche lui, con il suo modo di fare televisione che oltre a essere povero e discutibile di contenuti, mi sento di azzardare la previsione che non lascerà nulla ai ragazzini che lo seguono oggi in tv.
Detto questo, grandi e piccini(ni) leggiamo Brera che ci fa bene!
Ciao
Alberto
@Alberto77
Apperò (cit.)
alberto hai perfettamente ragione: mosca sarà stato anche un grande animale televisivo e senz'altro una persona squisita. però purtroppo bisogna ammettere che di calcio non capiva assolutamente nulla, conosceva al massimo 8 giocatori e in maniera clownesca li assegnava ogni settimana a una squadra diversa.
sarà anche stato divertente, però di fatto ha sdoganato l'idea che per parlare di calcio in televisione non si debba essere preparati.
Il discorso di Piccinini su Brera è basato sui tempi televisivi e non ha affatto torto: come oggi il pubblico (che grazie a satellite e web sa tutto meglio dei giornalisti) smaschera le minchiate dei giornalisti in due secondi, allo stesso modo il pubblico odierno (che è normalmente abituato a seguire anche tre trasmissioni contemporaneamente) abbandonerebbe un avinazzato che ci mette un quarto d'ora per smontare un giocatore nato al di sotto del Po parlando in una lingua che capisce solo lui.....
dane non avrei potuto scrivere di meglio :)
@Dane
E' vero il discorso di Piccinini verte sui tempi televisivi e Brera non li aveva e il crepuscolo etilico non è stata una bella cosa e sei stato molto sartriano nel ricordarlo.
La grandezza di Brera è comunque intangibile, anche se può non piacere.
Italo
Per carità, anche Savonarola e Richelieu sono "grandi" della storia..
sarò ignorante non so cosa ci sia di sartriano in stupidi epiteti quali "avvinazzato" (a proposito con 2 v) cmq qui mi sembra che si parli (o si desideri parlare) del rapporto tra tv e giornalismo sportivo, nello specifico Brera..
cmq in linea di massima sarei anche d'accordo con Piccinini ma solo se parlasse di "pubblico di Controcampo" (e non pubblico di oggi) che non sopporterebbe Brera per più di 1 minuto..
"sarò ignorante non so cosa ci sia di sartriano in stupidi epiteti quali "avvinazzato""
Eh, sono tante le cose che non sai.....
Chi cazzo si crede di essere per dileggiare la trasmissione con il salame sul tavolo, lui che presentava controcampo con una manza intera su una sedia?
Ho letto un paio di articoli di brera e li ho trovati vanesi e scontati, certo che se alza la cresta anche quello delle sciabolate e dei "numero", scontato pure per delle fanzine, allora vale tutto
Scusate, ma la trasmissione a mezzanotte di Garanzini (il Processo del Lunedi) non andava in onda su Raitre? Io l'ho vista lì, di certo non su Sky che non ho mai avuto (o quasi). Detto questo, non ho mai visto Brera sulle locali del nord, ma solo sulla Rai da Biscardi quando era ospite fisso, e non mi ricordo abbia fatto sfracelli o lasciato segni epocali. Forse era semplicemente il tipo di trasmissione che non gli si adattava, benchè non fosse, sinceramente, molto a disagio (in generale si berciava molto meno di oggi). Quanto alla sua grandezza, è incontestabile, ma, mi pare, abbia preso anche delle topiche non da poco: la polemica (negli anni della convivenza tra i due sistemi, in Italia), contro la marcatura a zona (gli "zonagri")e a favore dela marcatura a uomo, che considerava superiore. Ed evidentemente riteneva, quest'ultima, complemento imprescindibile del gioco all'italiana (la "squadra femmina" etc.). Nei commenti ad altri articoli, vedi la discussione sul catenaccio, abbiamo visto invece come marcatura a zona e tattica all'italiana siano compatibili.
Ma Brera è stato un grande non per i giudizi tecnici su questo o su quell'altro, ma per il suo stile di scrittura. Io che sono astemio mi godevo anche i suoi pezzi sui vini. Quando scriveva sui piatti della cucina padana faceva venire l'acquolina in bocca. Garanzini con il pane e salame e il birignao radical-snob faceva solo venire i nervi.
@Kalz
esattamente, linguaggio nuovo del calcio, partendo negli anni 60 ed inizio 70, quando era tutto meno formale.
Bello anche il guerin sportivo di Brera, ma penso che sia una cosa per vecchietti, visti gli anni in oggetto.
Garanzini che approdò nel carrozzone di Italia 90 sotto LCDM che lui considera un grande. E' tutto qua.
Italo
Garanzini lo seguo su Radio 24 ogni tanto, e non é male. Sarà che ho molto apprezzato il suo libro su Rocco, ma ha toni condivisibili, anche se non sempre mi trovo d'accordo sulle sue conclusioni a livello tecnico. Però aveva (ahimé) visto giusto quando, dopo la vittoria dei bisleroni a Kiev, nonostante come fosse venuta, si era lanciato in una previsione di lungo cammino in Champion's per loro (andò pure oltre, prevendo proprio la vittoria finale), in quanto aveva visto in quegli ultimi dieci minuti un cambio di mentalità importante. Mi vennero i sudori freddi a sentirlo perché in fondo condividevo ;) Certo, non era facile all'epoca dire queste cose, con ancora tutte le grandi o supposte tali in corsa, e gliene dò atto. Con Brera é un rapporto di amore - odio: ho studiato a Pavia come lui e conosco tutti i luoghi che ha raccontato, ho letto diversi suoi libri e capivo, ovviamente, il dialetto che parlava. Naturalmente mi sentivo ribollire il sangue quando leggevo i suoi maltrattamenti a Rivera. Negli ultimi anni, poi, il suo campanilismo (che tutto sommato ci poteva stare, opposto a quello filo - romano e filo -meridionalista dei tanti giornalisti RAI, un esempio per tutti il commento di Ameri per radio al famoso Napoli - Milan del 1988) diventò razzismo vero e proprio, e iniziò ad infastidirmi un po'.
@Italo, sì il Brera migliore resta quello del Guerino formato lenzuolo con "L'Arcimatto" nella paginone finale e le "10 domande 10".
Cascano le braccia a sentire tanti giudizi negativi su Brera. No a Brera perché era razzista, perché era andato nei casini, perché aveva fatto il parà o per altre corbellerie politically correct del genere. Oppure perché scriveva cose che uno non condivideva. Ero milanista e riveriano, lui detestava il basket che io invece adoravo. E allora? C'è chi considera Saviano un grande scrittore e Celine un razzista o Maupassant un puttaniere...
1)Il Brera televisivo amava gigioneggiare e tromboneggiare più di quanto non lo facesse sulla carta stampata. Il personaggio può essere stato affascinante, ma il suo stile non mi ha mai appassionato, anche se talvolta nella sua scrittura si potevano cogliere lampi di genio. Comunque Coppi e il diavolo per me è un capolavoro della letturatura sportiva.
2) Carosio riserva dell'ultimo dei telcronisti di Sky??? Tra una telecronaca old style, soporifera ma misurata e il Caressa modello Barcellona-Inter, preferisco la vecchia scuola.
3) Sono da molti anni un fedele lettore e ascoltatore di Garanzini, l'ho seguito anche nelle sue avventure televisive, ma da qualche settimana ho smesso di seguirlo alla radio. Trovo che sia diventato un pò troppo elitario nei ragionamenti e nel modo di trattare il suo pubblico.
Chissa' se Il "calciolinguaggio di Brera" di Andrea Maietti è scritto conosciuto a chi al massimo ha saputo sciabolare un "non va'" come massima invenzione dialettica. Uno cosi' non puo' che inciampare nelle primule
Ma possibile che quando si parla di Brera ci si debba per forza dividere o di qua o di là?!...
Dane: io non mi sono schierato ne' di qua ne' di la'. Ho letto degli articoli, non mi sono piaciuti, ma non gli nego uno spessore un miliardo di volte superiore alla maggior parte dei mezzibusti
Transu, ma perchè la prendi personalmente?! Era un discorso generale, quando si parla di Brera si va da chi lo ritiene un cretino a chi lo deifica.....secondo me ha dei meriti (il principale è quello di farci passare ore su Indiscreto) su certe cose ed è stato terribilmente sopravvalutato su altre. Sarebbe utile un po' equilibrio, invece appena osi dire la tua...
Dane: ma che personalmente, e' che abbiamo scritto in 6-7 qui!
@Transumante
Detto fra noi, non ci vuole molto ad essere superiori ai mezzi busti sportivi di adesso.
E' anche un vero peccato che in questo articolo si fosse in così pochi, ma alzando il tiro si diventa nicchia immediatamente
Italo
Transu, ti ha risposto Italo, al di là di quello anche quei pochi post comunque tradivano la tendenza... ;-)
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