Orsi ammaestrati

di Oscar Eleni
Il tifo per il Partizan, il prossimo scudetto di Siena, il succedaneo Monroe, Lardo sulla graticola, la carrozza di Gallinari, la fiducia in Bechi. Voti a Basile, Childress, Uleb, Ercolino, Scavolini, Pasini, Torino, Pianigiani e Sabatini.

Oscar Eleni dal borgo medioevale di Compiano, quello in provincia di Parma, non di Treviso o Reggio Emilia, città che col basket litigano, quel paese dove hanno sopportato una signoria come quella dei Landi per oltre 400 anni dopo i Malaspina, quella dei Visconti, quella che fece del Castello una prigione per carbonari, ma anche la capitale del territorio libero della Valtaro, perché la nostra meta è fra Borgotaro e Bedonia. Compiano per nostalgia di vite precedenti perché se avete pazienza troverete il Museo degli Orsanti, i girovaghi dell ottocento che andavano per l’Europa con orsi e scimmie ammaestrati a fare danze e pirolette. Troverete, in Compiano, alla fine di questo mese anche una esposizione di opere dell’artigianato dedicate alla figura dell’orso mentre nelle strade i teatranti faranno sorridere i più tristi con burattini e tacabanda, nella speranza che non ci trattengano come orsi ammaestrati quali ci rifiutiamo di essere da sempre, anche se appare difficile dimostrarlo, soprattutto adesso che si parla al vento, voce nella valle del Taro senza un eco, perché la compagnia di Barnabò, che domina le feste di questo secolo, ha ben altro a cui pensare e dei nostalgici rompicoglioni si fa volentieri a meno. Nell’ultima scivolata a valle ci è stato detto che eravamo davvero illeggibili ed incomprensibili. Forse era meglio dire noiosi. Pazienza. Succede se invecchi con rabbia e le ciglia diventano più bianche in un Paese che non è più il tuo, non soltanto sportivamente parlando, senza mettersi in ginocchio ascoltando musiche lontane. Come diceva l’avvocato Washington in Filadelfia mentre difendeva l’ammalato di AIDS? Spiegami le cose come se avessi sei anni. Va bene. L’orso e gli orsanti applaudono.
Perché tutti tifavamo per il Partzian a Parigi? Perché quel modo di reclutare giocatori, allevarli, quel bilancio da 3 milioni di euro per chi porta in tribuna anche 22 mila spettatori, sembrano una strada giusta, percorribile anche in Italia. Non lo fanno, non sanno farlo i vecchi, figurarsi questi che per diventare dirigenti devono leggere il manuale del perfetto idiota inventato da qualche burosauro federale convinto che i giocatori crescano sugli alberi, indeciso sul fatto se sia più importante conoscere la casistica dei regolamenti astrusi o la parte essenziale dei fondamentali di un gioco che diventa semplice se lo sai insegnare senza lo schema corna.
Perché Siena ha già in mente la squadra che tenterà di vincere il quinto scudetto consecutivo, per il quarto nessun problema come potrebbero dirvi gli allenatori delle famose “seconde” in tutto, mentre gli altri grufolano cercando di essere porci con le ali o, almeno, con il pelo come hanno scoperto i vetertani australiani? Perché ha il vantaggio di sapere cosa cerca per se stessa, per il suo allenatore, per un pubblico che smania per l’Europa e considera lo scudetto una ribollita con un sapore che diventa sempre meno gradedvole, anche se piace ancora come la prima volta che te la sei mangiata, anche se hai voglia di cacio e pepe, di tavolate lunghe al Mugolone.
Senti bene orsante col piffero ma cosa ti hanno fatto questi dell’Armani che ora pensano al succedaneo Monroe per la volata finale da fare quasi in prima fila? Niente, ma è proprio questo il problema. Non esiste contatto con questo nuovo che avanza perché è una minestrina con pasta glutinata, roba da sacrestie. Hanno giocatori con anima e huevos, ma sono appena tollerati perché hanno salvato la faccia di Proli, lo sceriffo di “Modenam” che va a caccia di tutti i Robin con scarpette rosse, e del Bucchi, maestrino dalla penna blu che sembra avere soltanto la rabbia del rancore, spaventato dalle critiche come capita a chi è troppo permaloso per considerarsi uno dei tanti discreti allenatori di questa scuola, ma senza essere diverso o migliore di altri, una cosa che Milano non accetta perché, va ricordato, ci si diverte con i Rubini e i Peterson, non con i bravi artigiani del borgo. Non ci convinci perché poi questi arrivano proprio dietro a Siena e magari ancora alla finale. Certo che non siamo convincenti e neppure imparziali. Non è colpa del bilancio esagerato e sprecato, non è colpa loro se tutto quello che fanno sembra adatto a qualcosa che è al di là e oltre il giardino del Partizan o del Montepaschi. Insomma a loro piace la musica alta perché uno non possa scambiare un parere con il vicino di sedia, a loro piace tutto quello che a noi non è mai piaciuto neppure quando Milano era quella degli scudetti, quella che fece innamorare, lo sospettiamo, anche se ora non ne siamo più sicuri, il Giorgio Armani che poi decise di entrare in proprio nella gestione, fortunatamente per una città matrigna dove non puoi neppure organizzare una finale del campionato di rugby, dove tutto quello che non è calcio diventa carne da macello. Te la prendi adesso che hanno spezzato le reni alla Montegranaro esaurita dalle frittelle con miele che piacciano agli orsi prima del letargo? Proprio adesso perché se non pensano al domani in maniera convincente saranno sempre davanti agli allenamenti in coppa del dolce Livio e al fronton pelotero del campionato dove si rimbalza per finire nella cesta senese.
Va bene, allora passiamo oltre. Bologna, già cosa dire di Bologna? Che non la sentiamo più come vera città dove andare anche soltanto per fare quattro risate. Certo c’è il commissario P., c’è Lorenzaccio in esilio dalla sua ironia, sfinito dall’imbecillità del contorno, c’è Ugo, ci sono Willy e Sarcastico Pellacani, ci sono tanti bei ricordi, ma non esiste più sintonia dopo aver visto andare sulla grat anche Lino Lardo che ora capirà perché non si va mai in certi posti accettando di essere pagati meno di certi giocatori. Vi dice niente il fatto che Proli e Sabatini siano spesso sulla stessa lunghezza d’onda? Sì, però, la giovanile Virtus al carnevale di Piombino si è bevuta Siena nel classico per tornei con ragazzi di nuova generazione. Voi dite che Consolini resisterà ancora se, per caso, dovesse diventare più popolare di chi lo paga?
Vai avanti con le cose semplici. Il Gallo che non può curarsi la schiena e giocare per la Nazionale? Una dolorosa perdita perché avremmo rinunciato alle conferenze nel cinema del foro Italico con Bargnani e Belinelli per sentire invece qualcosa di meno stucchevole dal Gengis Gallo che gira per New York su una carrozza trascinata da topolini ciechi.
Te la prendi con Proli e Milano e poi fai finta che Atripaldi non sia finito nel fosso con la stessa Biella che l’anno scorso meritava la finale? Non è vero che facciamo finta di niente, ma se le scuse di Milano valgono, allora ha ragione anche il presidente dell’Angelico a chiedere pietà al campo nell’ultima sfida senza domani, anche se ci dispiace che sia tutto finito con Bechi che forse non ha mai sentito la fiducia di chi ama poco il ruvido livornese di certe decisioni. Milano sarà criticabile, ma Treviso fa ridere, o magari piangere, adesso che tutti urlano per avere una piazza dove alzare il capestro? Disastri mentali di chi pensa di risolvere le cose cacciando tutti. Non si rifanno le squadre ogni anno e agli allenatori si deve dare il tempo di lavorare: noi i Vujosevic li mandiamo via.
Come si può giudicare la nuova infornata di stranieri? Come l’uva andata male in un campionato dove la legge di Stonerook e Sato vale sempre, dove un Childress può ancora dare lezioni magistrali a 37 anni, dove un Bianchini lo prendono come assistente nel settore femminile al Geas, ma non lo ascoltano là dove avrebbero più bisogno di personaggi che ancora hanno dentro qualcosa da raccontare o da dire agli orsanti del sistema. Voti tacabanda.  
10 A Gianluca BASILE che ci ricorda come dovrebbe essere un giocatore di scuola italiana allevato fra le zolle, che ha finalmente la sua coppa da esibire, che ha una storia bellissima che non dovrebbe finire perché dentro non è vecchio e non è storto come tanti suoi ex compagni in azzurro a Sydney, quelli che diedero un calcio alla gloria e alla vita per fare i finti ribelli golosi. E’ l’unico italiano in gloria europea. Teniamocelo caro.  
9 Al professor CHILDRESS che in Italia, dovunque abbia giocato, sarà ricordato come uno dei grandissimi artisti del gioco: anche quando i tempi di recupero diventano difficili lui non dimentica l’arte.  
8 All’ULEB, la Lega europea non ha risparmiato sulla fantasia organizzando le finali di Parigi e quelle copie del trofeo consegnate ai vincitori sono stato un tocco di classe in più, ma perché stupirsi che certe cose fioriscano in Spagna? Avete visto i famosi calciatori del Barca in tribuna a Bercy? Canotta e semplicità. Avete visto i salti del presidente Laporta che nel giorno in cui i suoi fenomeni del calcio sbatterono sul muro interista non fece una piega perché sedeva di fianco a Moratti e aveva il dovere di essere diverso dal tifoso visto a Parigi. Da noi quando succederà una cosa del genere? No, non è la malattia della pietra per tutto quello che è bello soltanto altrove.  
7 Al presidente ERCOLINO per come ha cercato di proteggere i suoi due americani che sono andati vicino all’arresto. In America se Gallinari, Bargnani, Belinelli, se uno spagnolo, uno slavo, ma anche un americano avessero avuto una esperienza del genere si sarebbero trovato con le manette e senza sostegno. La difesa dei “figli” va premiata perché ci aiuta a capire meglio chi siamo e dove andiamo. Ironia? Anche.  
6 A Valter SCAVOLINI che ha battuto i pugni sul tavolo nello stesso momento in cui ha capito che a Pesaro si stava creando una situazione dove l’unico a dover sempre pagare era lui. Costruire una nuova Pesaro non dovrebbe essere tanto difficile: basta avere i mezzi per sostenere un progetto che copi in tutto quello che è che è stata la società nei tempi degli scudetti, delle coppe, della gestione unica di chi pagava e parlava certo meno di un Palazzetti da cui fu rilevata la società.  
5 Al topone Piero PASINI esonerato nelle minors dalla signora Somma perché con la sua storia alle spalle non si può cadere in pieno play off facendosi congedare da un comunicato che dice tutto, ma, purtroppo, non dice nulla.  
4 Alla TORINO del basket se non si ribella dopo la figuraccia di Parigi dove aspettavano qualcuno degli organizzatori della finale di Eurolega del 2011 assegnato alla città prima di sapere del disastro Juventus, prima ancora che il museo egizio diventasse la sede dove nascondersi per non andare a firmare un contratto che dovrebbe essere valido anche se sono cambiate le teste politiche.  
3 A PIANIGIANI se non chiarisce subito questa situazione degli allenatori per le squadre giovanili azzurre che dovranno crescere seguendo gli stessi principi della squadra che dovra ridarci la dignità europea. Questa tensione che nasce nel solito covo non può andare bene. Si faccia chiarezza pubblica e a dire le cose come stanno non deve essere solo il cittì.   
2 Al SABATINI che deve pensare una notte prima di decidere sul destino del suo allenatore Lardo colpevole di non aver perso con uno scarto sufficiente per farsi scavalcare in classifica da Roma, in modo da mandare la squadra di Toti nel girone infernale di Siena. Capite a che punto siamo. Il Montepaschi da affrontare soltanto alla fine per potersela raccontare. Questo hanno fatto le rivali dei campioni.  
1 Ai DUBBIOSI che ancora si domandavano come facessero i greci in grave crisi a riempire le tribune del palazzo di Bercy a Parigi? Non era soltanto la passione del basket, era Parigi. In certi paesi, forse anche il nostro, la crisi si sente, ma non si vede mai fino a quando ci tocca la cicoria.  
0 Agli ARBITRI che conitnuano nella caccia al Tola e alle facce di tola dimenticando che l’entrata nella fase critica porta già tensione. Certo poi se siamo così fragili e deboli capita di vedere relegato Facchini alla finale europea del terzo posto per lasciare spazio a gente che si è dimostrata davvero incapace, ma questo Brazauskas chi lo sostiene e protegge? Non diteci Minucci.
Oscar Eleni

1 commento:

Manuel Beck ha detto...

Sul fatto che il campionato italiano sia mediocre siamo tutti d'accordo, però cosa c'entra il fatto che Childress a 37 anni ha segnato 30 punti, peraltro dopo una stagione mediocre? Nei mitici anni '80 dominava Milano dei quasi 40enni D'Antoni, Meneghin e McAdoo; e Dalipagic non fece forse 70 punti a 35 anni suonati? Eppure a quei tempi il campionato italiano era il migliore d'Europa.