Il rapimento di Durant

di Oscar Eleni
L'idea di Urtubia, i veli di Jaaber, Belinelli la vittima, i reclutatori del volley, le liste degli stipendi, la finezza di Proli, la separazione da Sky, la diretta di Bonamico e la A senza idee.

Oscar Eleni da Belleville, dove Parigi sembra ancora un villaggio. Lo dicono quelli di Repubblica. Per riuscire a capire, parlando con il falsario anarchico Lucio Urtubia, navarro di grande corazon, come si potrebbe rapire Kevin Durant visto che lui, mentre scandalizzava il Che Guevara mostrandogli perfette imitazioni di travellers cheque americani, pensava anche che avrebbe potuto rapire Michel Platini per fare cassa rivoluzionaria, molto prima che il presidente dell’UEFA facesse meraviglie juventine, dicesse e facesse cose giuste quelle di questi giorni per spiegare ai Maradona del mondo che se sbagli devi anche pagare, se evadi le tasse devi rifondere, ai Blatter della terra che ci vuole orecchio per sbagliare sempre ogni mossa. Lucio Urtubia potrebbe anche capire meglio di noi chi sta falsificando la realtà della squadra appena costruita.
Troppo ottimismo sulle probabili debolezze di Siena, ma è pur vero che Milano ha la squadra da battere anche se si fa prendere dall’ansia soltanto perché nel torneo di Caorle ha perso due volte di fila aspettando Hawkins e il poeta Jaaber che si è tolto almeno sei veli nelle ultime interviste, ma ancora nasconde qualcosa sotto il settimo perché ci rifiutiamo di credere che a Roma, dove c’è tanta comprensione per il gruppo Italia, persino affetto per un Crosariol o per un Vitali, non abbiano fatto di tutto per togliergli dalla testa l’idea che fosse un povero Aladino senza lampada. Estate troppo lunga, pensate che molti giocatori sono fermi da maggio e fino ad ottobre non sapremo se hanno almeno studiato, non avremo certezze sulla loro voglia di fare sempre meglio.
Tornando ad Urtubia, vorremmo che ci portasse Kevin Durant, il quasi ventiduenne campione del mondo e di Oklahoma, per metterlo a confronto con i nostri virgulti: quando si allena, quando gioca, quando parla, quando vive la sua bella età. Eh sì, mentre Meneghin in consiglio federale ha scoperto che i risultati delle rappresentative giovanili, a parte quella d’oro di Lucchesi con le sue diavolette, sono una fetenzia perché, cara gente, manca proprio questo tipo di confronto con un sistema che produce i Durant anche fuori dalla vita dei college. Sentite parlare Belinelli trasferito a New Orleans e vi sembra di avere a che fare con una vittima, mentre invece la realtà spiega bene che per avere certezze bisogna darne, sempre, in ogni ora della vita professionale.
Rapire Durant e anche i reclutatori della pallavolo italiana che nelle loro giovanili, queste veramente d’oro, hanno ragazze e ragazzi che vanno dall’uno e novanta ad oltre i due metri. Dove sono adesso i Riccardo Sales che andavano davanti alle scuole, con il rischio di essere considerati non giusti, per reclutare ragazzi ben dotati fisicamente? Dove sono questi pazzi, tipo Lele Molin, che trovando Marconato alla Ghirada, sul sentiero che portava verso il reclutamento della Sisley pallavolo, lo hanno dirottato verso gli uffici della Benetton basket dove c’è sempre un Pressacco con le parole giuste per non farsi scappare la preda? Qui si fanno programmi tecnici di retroguardia per andare contro quello che predicava Messina, legato al concetto che si deve correre e difendere duro e che la zona esiste se si muove non se è fatta da statue che aspettano l’errore altrui, che il basket è atletica giocata e non soltanto arroccamento dietro al pick che è poi una roccia friabile per chi non conosce la regola primaria: passa la palla, prendi la palla, tira la palla, ma sempre a chi porta la tua stessa maglia e, soprattutto, nel canestro avversario.
Certo che abbiamo giovanili povere, ma per capire il problema basterebbe chiedere alla solerte associazione allenatori, agli agenti più illuminati come quelli che avendo contratti con quasi tutti gli uomini guida, dalla serie A alle minori, un bell’elenco dei prezzi correnti per chi insegna ai ragazzi. Dopo tutto sarà più semplice da comprendere, meno il fatto che per arrivare ad allenare davvero dovresti avere anche un patrimonio di famiglia consistente per resistere ai corsi, ai raduni, alle lezioni fuori sede per prendere punti e, dicono, aggiornarsi, anche se poi in cattedra vanno dei nessuno e ad ascoltarli ci devono andare molti che sono già in serie A. Liste degli stipendi: lo vorrebbe anche il fisco. Per i giocatori, per gli allenatori, per chi lavora nel settore mentre si aspetta di uscire dalla miniera del professionismo, un aiutino da tesoretto pubblicizzato tipo quello della Carrà e della splendida Sandrelli, per togliere l’angoscia ai piloti di Milano, Siena e Roma che nel sommerso di interviste a schiena piegata vorrebbero convincere chi legge che sono gli altri a spendere troppo, mentre loro stanno nel virtuoso e, se vinceranno, sarà soltanto perché sono più bravi.
Non è vero che Milano ha bisogno di soldi e una nuova verginità europea: l’anno scorso Antippa Proli, l’uomo che non deve chiedere mai, soprattutto a chi gli potrebbe togliere dagli occhi la fastidiosa fettina anti pensieri forti, come se fossero taglie più forti, si fece “amico” Bertomeu e quelli dell’Eurolega confondendo il solito intervistatore inginocchiato con la battutaccia della coppa come allenamento. Questa volta è stato più abile e non potrà dire di essere stato capito male: agli abbonati per il campionato l’eurolega verrà servita gratuitamente, almeno nella prima parte. Te capì il Livio che finezza?
Eurolega tradita da SKY anche questa volta, come per tutta l’estate, con truppe cammellate già pronte alla resa perché si dice che a fine stagione Lega e SKY si divideranno perché il genio che vive nella fiera bolognese ha fatto sapere che, con l’appoggio di altre grandi, la produzione televisiva verrà fatta in proprio, fate i conti gente, e poi offerta gratuitamente alle televisioni visibili in chiaro, quando e come non interessa.
Una Lega slegata che ci fa venire qualche sospetto perché li vediamo fermi e bolsi mentre il vero motore del sistema, ben individuato nella creatività di una A2 che, senza interferenze federali, senza troiate protezionistiche da terza fascia europea, farebbe altre cose utili agli associati e al basket, si muove, piazzando quello che ha, nel migliore dei modi possibili. La Lega di A2 viene a Milano a presentare il campionato e non ha una squadra a Milano. Bonami(k)o strappa anche una diretta a Sport Italia: il vero ed unico rifugio del domani cestistico se Peterson, come Tanjevic, resisterà nella vita che si è scelto e a tutte le bagatelle del sistema e, magari, anche al ritorno di qualche vecchio discepolo che prima rideva di lui e oggi potrebbe tornare a dipendere da lui.
La prima serie si affida al solito gruppo della carità pelosa, del sistema da medico pietoso che poi aggrava ogni tipo di ferita nella mente di giocatori che credono di essere quello che non saranno mai se passeranno l’estate a smarchettare e sbevazzare. Per capire la Lega di A1 e forse anche tutto il resto chiedere alla NBA per quello che ha dovuto conoscere portando i Knicks al Forum di Assago, chiedere per farsi un’idea senza pregiudizio da amanti traditi. Dicevamo della A2 che si presenta, ha idee, progetti mentre più in alto non sanno ancora dove e come presenteranno il campionato, né hanno avuto il dubbio che la supercoppa meritasse una sede diversa. Vanno avanti camminando con le spalle girate alla dea bendata, alla dea ragione, alla dea dell’amore per un gioco che non diventa popolare se lo fai vedere male, anche se speri di farlo vedere non criptato e non parabolato.
Oscar Eleni

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