di Oscar Eleni
La casa di D'Antoni e Gallinari, il vuoto da riempire, i messaggi Fortitudo, i fischi per Bucchi, i sorrisi di Armani, la fiaccolata per Rubini, Gallinari da Giannino, la vera festa Olimpia, il Forum finto, allenatori in bilico, la scuola senese e il valore di Cantù. Voti a: Tranquillo, Stoudemire, Pecherov, Melli, Galliani, Stern, Messina e Pianigiani.
Oscar Eleni dalla fortezza dei ribelli di Masada portandosi il vino del Duero rubato nella cantina Lefebre quando il sogno e la realtà si sono incontrati a Milano per il ritorno a “casa” di Mike D’Antoni e Danilo Gallinari. Voglia di bere, per ricordare tutto e poi svenire, non ricordando più niente, neppure le scarpe bianconere di Bergonzoni che affabulava la platea del Forum prima di vedere i Knicks troppo verdi e l’Armani troppo bella per non far credere che sarà davvero la sfidante di Siena considerando che i campioni hanno cambiato tanto e i finalisti delle due ultime stagioni sono molto più forti.
Voglia di libertà dalle catene ottuse dei funzionari NBA in gita europea. Per fortuna avevamo in Dario Colombo e nella sua bella squadra dei marinai pronti a traghettarci lontano dall’antro di questi Polifemo che non si fidano di nessuno, che minacciano e non sono davvero gente generosa. Voglia di sorridere con i soldati di Salvatores che nell’isola greca di giorno pensavano alla loro casa e di notte la sognavano. Ecco, anche noi di notte sognavamo a tal punto questa partita fra Milano e New York, con D’Antoni tornato da re nel regno del tetrarca Erode Antipa, figlio di Erode il grande e della sua corte di Erodiadi, da rimandare persino una operazione urgente, ci eravamo tanto immersi in quel mar Morto che sembrava il basket della lunga attesa, l’abisso fra la fine delle partite di una Nazionale in fieri, e il campionato che si avvia soltanto a metà ottobre, da cancellare nella memoria visiva e dalla camera privilegiata del cervello che si porta dietro solo quello che ti piace, gli altri incontri ravvicinati fra le squadre italiane e quelle della NBA all’inizio della prerparazione.
Si vive nell’inganno, ma facevamo finta di credere che tutto fosse vero anche perché i Knicks visti lavorare per due giorni al Palalido ci davano dentro sul serio. Come diceva quel vecchio allenatore di baseball nel film con Redford nella parte del Migliore? In partita è diverso. Tutto vero, ma l’illusione andava avanti anche dopo aver visto troppi nani e troppe ballerine intorno al campo, anche dopo la passerella di chi conta e di chi crede di contare, dei cicisbei che, pur di farsi vedere, diventano baciantini da telecamera e vanno davanti ai D’Antoni, ai Gallinari, per un abbraccio finto come le loro parrucche, le loro ciglia dipinte. Ci sentivamo eccitati anche quando da Bologna i naufraghi del Bounty Fortitudo mandavano messaggini ironici: voi coi Knicks e noi con il Rosazzo mentre la Fossa viaggia per altri mari alla ricerca delle emozioni forti che il gruppo fuggito da Sacrati e rintanatosi nella Masada di provincia non sembra garantire.
Era un privilegio quel tipo di invidia, ma poi il campo e quel barnum durato più di tre ore ci ha davvero lessato, cotto a puntino e non soltanto perché siamo vecchi brontoloni, non per quello spirito da orsi che, dicono finalmente quelli capaci di studiare l’anima della gente, rende questo solitario re di certe foreste simile agli uomini che vorrebbe abbracciare e non mangiare. Siamo convinti che nella notte non indimenticabile è uscito con più angosce il Mike D’Antoni dei Knicks troppo verdi del Piero Bucchi armadillizzato da Armani, a parte i fischi che lo hanno salutasto nella presentazione, un privilegio per lui e per il sindaco Letizia Moratti che dovrebbe ricordare l’affetto di una parte della sua famiglia per il basket nei tempi, era il 1966, in cui nascevano i Giganti.
Certo che dopo una partita del genere sorrideva con più naturalezza re Giorgio dell’arcigno Walsh, poco distante dallo sbadigliante padrone del Madison Square Garden e dei Knicks. L’Armani di quest’anno, se resterà in salute, può puntare al massimo, deve arrivarci, in modo che Antipa Proli non si senta più guardato con freddezza, come è successo al Tip and Coffee nella notte della festa vera a Mike D’Antoni e a Pentesilea Laurel. Sembra buona davvero la squadra che adesso può ruotare intorno a centri non soltanto generosi come il professor Rocca, a numeri quattro non estemporanei come il Mancio più bello mai visto in giro sui campo dopo la vita nella cantera azzurra di Simone Pianigiani, perché con Pecherov che ha una mano santa si può davvero ruotare bene il personale, basta non avvilire nessuno, facendo sentire tutti importanti e non sopportati, basta avere la mente sgombra anche quando non sarà esibizione come contro i Knicks e, per rassicurare l’Eurolega, il simpatico Bertomeu che abbiamo visto cantare i suoi salmi di fianco al monumentale Stern, vi diciamo che anche in coppa l’Armani ci darà dentro se ha mandato Valli, il nuovo assistente di Pollicino Bucci, fino a San Pietroburgo per vedere le prossime avversarie, i colossi del Vecchio Continente.
Pagelle o rodimenti? Prima i rodimenti.
-Tutto bello nella settimana del ritorno a casa di d’Antoni e del Gallo?
- Quasi tutto, anche se ci siamo pentiti di non aver bevuto abbastanza per guidare l’armada di Dan, con Meneghin, Bariviera, sì anche Barabba che non lo amava, Premier in testa, verso la casa di Cesare Rubini, a pochi passi dal Tip and coffee. Dovevamo fare una fiaccolata di preghiera sotto la casa dell’unico vero Principe del rinascimento milanese. Magari la malattia carogna che toglie la memoria lo avrebbe graziato per un minuto, un attimo fuggente che si meritava.
A parte questa minchiata tutto il resto è andato bene?
Sì, fino a quando ci siamo accorti che Vittorio Gallinari non era con i suoi compagni di allora, ma troneggiava nella festa del figlio Danilo in zona Giannino. Incredbile.
Beh, un padre deve stare con i figli.
Ci sta, se non fa mestieri infami, tipo notturni in tipo in ospedale, in questura, quasi tutti i giorni (e non è sempre un bene come direbbero certi allenatori), ma se arrivano da tutte le parti d’Italia per stare insieme come succedeva un tempo, allora bisogna fare una scelta, salutare gli amici della nuova generazione che girano intorno alla solarità del Danilo di oggi e fiondarsi dall’altra parte, pazienza se nel gruppo c’era anche qualche faccia antipatica. Succede, ma quelli veri c’erano tutti come direbbe Sasha Djordjevic che in quell’incanto organizzato così bene da Cinzia Lauro, una che aspettiamo a Masada insieme ad altri che hanno dato tutto all’Olimpia prima di vedersi indicare la porta con la brutalità usata ai tempi di Erodiade per tagliare la testa ai poveri Giovanni Battista del creato, messo in piedi dalla passione della famiglia Tranquillo, non potevano mancare quelli che erano diventati storia seguendo Dino, Bob e Mike.
Sono musse, caro orso del laparocele da ridurre e chiudere in una rete.
Può essere ma lo sapevamo che al Forum sarebbe stato molto finto, prefabbricato, mentre le feste che nascono spontaneamente sono una cosa diversa, si piange davvero, si ricorda non tanto per consolarsi, ma per camminare ancora insieme, almeno una volta, sulla costa dove l’arrivo dei barbari ti fa avvicinare a certi ragazzi che, sfollando, dopo una partita troppo lunga, confessano di essere stati spesso in disaccordo, ma ora capiscono che il pesce puzza sempre dalla testa se non si fa attenzione nella ricerca dell’acqua, del limone e delle foglie per farlo restare sempre fresco.
D’Antoni e Bucchi: chi resisterà più a lungo in posti dove la gente li arpiona e, magari, li fischia?
Dovrebbero farcela tutti e due, ma i Knicks sono apparsi davvero leggeri, mentre l’Armani c’è, basta non farla saltare in aria tenendola sulla corda troppo in anticipo.
Guardate che Siena gira e vince come un tempo.
Certo, le grandi scuole esistono perché anche quando cambiano gli alunni si possa andare avanti venerando i sacri testi.
Non vi siete accorti che Cantù non ha mai steccato in precampionato e ha vinto persino il Lombardia.
Leggiamo tutti i giornali, anche le brevi che irritano padri smemorati, anche le notizie sul pasticcio della nazionale giovanile dei fuggiaschi notturni con la faccia da schiaffi e la presunzione che non li manderà mai da nessuna parte se non entreranno nella cella di rigore di collegi dove i maestri insegnano davvero e mandano a quel paese genitori maleducati. Cantù è stata fatta ancora meglio degli anni scorsi ma il precampionato, cara gente, porta soltanto aromi da supermercato. Aspettare per capire chi è davvero forte e Antonello Riva garantisce per Caserta, Pillastrini per Montegranaro, Lefebre per Treviso, Sabatini per la Virtus anche se il Blizzard è un vento da deserto più che da costa Azzurra, Boniciolli per Roma, Dalmonte per Pesaro e via col tango.
Dai con le pagelle così si va a bere a Masada.
10 A Flavio Tranquillo, questo non vuol dire che manchiamo di solidarietà verso Claudio Pea querelato dai sostenitori della banda Osiris, per il montaggio del filmato Amarcord con i D’Antoni’s e il resto dell’armada di Peterson sugli schermi del Tip and coffe dove dovrebbero scommettere anche sul cibo affidandosi a Sergio del Torchietto.
9 Allo Stoudemire che sembrava il veterano svogliato di tutti i precampionato seri, nel basket, nel calcio, ma poi, vista la faccia del suo allenatore, del gioiello Gallinari che tormentava i carri armati delle scarpe nuove, si è svegliato e ci ha dato dentro, l’ha messa anche dentro.
8 A Pecherov che definiscono come un ulano feroce, anche se nella NBA non la pensavano così, perché con due dita steccate ha fatto strage delle veline Knicks, dando la certezza che Milano ha trovato l’anti Lavrinovic.
7 Ai ragazzi” Gallinari e Melli perché hanno saputo battere l’emozione andando a cercare la strega dentro loro stessi. Certo in maniera diversa, ma questo vuol dire che hanno testa e anche cojones.
6 Ad Adriano Galliani che non ha mancato l’allenamento dei Knicks al Palalido, che si è fatto vedere alla partita e che ha ammesso candidamente di essere un tifoso senza limiti, anche se ha deciso di andarsene quando Corbelli ha cacciato il suo amico Natali. Finalmente tutto è più chiaro nel prima e nel dopo dell’Armani.
5 Al mitico presidente NBA, al magnifico Stern, che non ci ha garantito di poter vincere la battaglia salariale con i giocatori NBA proprio adesso che abbiamo fatto il pieno di notizie, di passionali sposalizi con il suo mondo.
4 Alle partite troppo lunghe come le organizzano gli americani. Non si resiste tre ore. Ma neppure due, cari arbitri italiani che comunque siete stati onorati ai Mondiali da Lamonica e al Forum da Cerebuch.
3 A quelli che credono ancora al tifoso di basket tipico come nei tempi in cui ci mettevano l’anello al naso con gli Harlem e organizzano intorno all’evento cose che tolgono sacralità al resto. Non siamo bigotti, siete voi che restate ignoranti.
2 Ad Ettore Messina che si mette a litigare con un quasi santo come Prigioni. Succede, ma se succede a due giganti come loro bisogna davvero preoccuparsi e questo è dolorso perché il Tancredi che conosciamo esce sempre alla grande quando c’è da combattere.
1 Agli uomini NBA, diciamo l’apparatnik, che sono venuti a Milano. Non li conoscevamo e sarebbe stato meglio non incontrarli mai.
0 A Simone Pianigiani se non trova il tempo per far nascere qualche speranza nei suoi rivali, ma, soprattutto, se non chiede udienza straordinaria al presidente federale per sistemare subito questa situazione dei settori giovanili dove si deve partire dall‘idea che prima dei voti, prima dei clientes si devono assolutamente formare i giocatori.
Oscar Eleni
4 commenti:
un sentito grazie a Oscar Eleni, nessuno mi definiva più "ragazzo" da un po' di tempo (-:
io mi sono commosso a rivedere il baffo ...a pensare alla partita di grenoble che è quella hce mi ha fatto innamorare del basket ... ieri sera ero in lacrime davanti al tv color
Clima da perline colorate regalate ai selvaggi, ma gli 11mila presenti (per un'amichevole, sia pure carica di significati e di effetto nostalgia) erano veri...D'Antoni bravo a non fare il ruffiano, fra Milano e Treviso è stato 21 anni in Italia sognando la NBA che lo aveva scaricato da giocatore e adesso non poteva dire che gli manca il nostro basket...peccato non sia già entrato nella storia con i Suns, come avrebbe potuto se due azioni fossero girate diversamente...difficile lo possa fare con questi Knicks, che pur buonissimi partono dietro, a Est, ai Celtics, agli Heat e anche ai Magic...
Il problema, Stefano, è proprio quello che hai segnalato all'inizio: la NBA continua a non adeguarsi alla mentalità dei paesi che visita, imponendo con testardaggine pratiche inconciliabili con il nostro modo di pensare, e creando finte aperture che diventano muri se uno prova ad uscire dal seminato. Ricordo nel 1999 le cheerleader degli Spurs disperate ("make some noise, please!" supplicavano, udibilissime dalle prime file) perché nessuno le considerava. Questi dimenticano che esiste la tv e la gente sa che certe partite valgono zero sul piano tecnico, poi ovvio che l'elemento emotivo, specialmente se ci sono D'Antoni e Gallinari, ha il sopravvento.
Posta un commento