di Oscar Eleni
Il grido per Brumatti, l'ultimo eroe di Rubini, la scuola goriziana, la corona di Gamba e le cifre che tradiscono.
Pino Pino. La gente lo accoglieva così quando il Simmenthal, l’ultima vera Olimpia, andava all’assalto. Noi, piangendo, lo gridiamo ancora adesso che Pino Brumatti se ne è andato a 62 anni e non poteva essere che il cuore, il suo grande cuore, a tradirlo, perché regalava alla gente felicità, ai compagni amicizia vera, al gioco che amava tutta la sua straordinaria forza di goriziano nato per andare sempre all’attacco. Impeto e assalto, ma aveva testa, sapeva sempre dove fermarsi e colpire. Arresto e tiro. Poesia in movimento. Ci è mancato tanto quando il grande basket lo ha costretto ad uscire dalla scena, perché non aveva imparato a mettersi in maschera come piaceva a troppi dirigenti che ci hanno poi portato alla deriva.
L’ultimo dei miei eroi, diceva Cesare Rubini accarezzandolo nello spogliatoio di Bologna dopo lo spereggio perduto contro Varese. Il terzo in tre stagioni: due sconfitte, una vittoria quella del 1971-72, il suo unico scudetto. Era il giorno del grande addio per lui per Arturo Kenney che dall’America cercherà di venire per accompagnarlo nell’ultimo viaggio e speriamo che la nuova Olimpia gli dedichi qualcosa di più di un freddo comunicato stampa, anche se il passato pesa, ma con Peterson questo non accadrà perché anche lui lo amava alla follia, pur non avendolo mai allenato. Ci viene da piangere. Ma lui, stringendoci un braccio con quelle mani che erano tenaglie, ci dice soltanto arrivederci e speriamo che abbia voglia di tenerci un posto vicino a lui, come quando si viaggiava e non ci si annoiava mai perché erano ancora lontani i tempi bui dove sui pullman, sugli aerei, i giocatori non pensavano soltanto ai fatti loro, perduti nell’ottusità delle cuffiette o dei telefonini.
Una carriera splendida, non onorata dalle vittorie che meritava, anche se questo goriziano nato il 19 novembre del 1948, cresciuto in una delle più belle scuole di basket di questo paese, svezzato da Jim McGregor che amava il suo modo di attaccare sempre il canestro, cresciuto come giocatore e come uomo nel regno del principe Rubini che a lui concedeva tutto perché gli dava sempre tutto, è nella storia vera del gioco in Italia e siede con i grandi nella Hall of Fame. Che purtroppo non ha ancora una sede, ma soltanto idee che non si concretizzano. Più di cento presenze in nazionale, due olimpiadi, Monaco 1972 e Montreal 1976, era la voce del cuore per il giovane cronista che affrontava la prima esperienza ai Giochi estivi, era l’energia non dimenticata poi quando in altre 9 Olimpiadi pensavamo sempre ai giorni canadesi con Pino.
Due europei, Napoli 1969, Barcellona 1973, anche se non era fra i preferiti di Giancarlo Primo e questo lo faceva soffrire, ma nella rivoluzione difensiva del grande allenatore romano quel ragazzo solare non andava sempre bene perché il suo ardore lo spendeva per l’attacco e in maglia azzurra, nelle 102 presenze, ha segnato 570 punti, dall’esordio vincente con la Romania a Cortina nel 1968, all’addio, sempre vincente, contro la Cecoslovacchia a Montreal nel 1976. Tre coppe delle coppe, una carriera finita seguendo prima Sandro Gamba che gli voleva bene come ad un fratello minore. Fu proprio il nostro Spartaco di via Washington a consegnargli la corona nella Villa Reale di Monza, nell’ultima estate, quando entrò con il suo passo spedito, anche se aveva preso qualche chilo di troppo, nella casa della gloria del basket nazionale che gli dedicherà un minuto di silenzio su tutti i campi nella prossima giornata di campionato.
Dieci anni a Milano 1967-1977, sei anni a Torino, quattro a Reggio Emilia seguendo Dado Lombardi con il quale diede vita ad una strana e divertentissima coppia che poi fece cose meravigliose anche a Verona fra l’87 e l’89 e a Siena, nel 1989-90 quando la Mens Sana salì dalla B alla serie A2. Quasi novemila punti in carriera (8755 in 620 partite), 14° nella classifica di ogni tempo, 21 campionati in serie A, decimo di sempre. Scrivi le cifre e ti sembra di tradirlo. Pino Pino come ci mancherai.
Oscar Eleni
6 commenti:
lo ricordo a Verona e a Siena.... un vero grande.
non ci credo...se ne è andato uno dei miei eroi. da mobilquettrino 2 sono gli avversari di sempre che ho amato alla follia: Iellini e Brumatti...quanti pomeriggi passati, dopo il mio l'allenamento in palestrina, a guardarlo da qui a lì con la tuta di felpa grigia, correre su e giù insieme ai suoi compagni in un Palalido deserto, dispensando sorrisi e canestri a raffica...Pino non toccava mai il ferro, era sempre ciuff. Mi viene da piangere e non sto scherzando...
Arresto e tiro. E' vero. E' proprio quella l'immagine che è tornata su dal passato. E il palazzetto di viale tiziano in silenzio in una delle prime partite che ho visto, l'inizio di una lunghissima serie. Forse era Chinamartini? Un grandissimo.
L'avevo scritto oggi sul Muro dello Sport.....io non l'ho mai visto giocare, nemmeno a posteriori....mi è rimasta impressa la notizia perchè Brumatti è stato uno di quei nomi (come Orzato...) che la mia generazione quando giocava a minibasket si sentiva ripetere come personaggi mitologici e non capivi mai se fossero esistiti veramente o fossero entità epiche astratte a cui convenzionalmente venivano attribuite azioni e identità reali di più persone.....un po' come Omero o Tom Sawier......
Un cestista implacabile, parte della storia del basket italiano. Riposi in pace.
Ps: posso aggiungere Indiscreto alla mia blogroll?
E' stato una sorta di highlander cestistico.
Guardia vecchio stile,con un jumper irresistibile e il fisico che lo rendeva indigesto a tanti difensori della Serie A1.
Penso che Flipper sia stato uno dei migliori apriscatole di sempre contro la zona.
Fu il primo italiano a valicare il muro dei 7000 punti nel massimo campionato.
@Bvzp:si,era la Chinamartini,poi Grimaldi,infine Berloni.
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