Il migliore

di Stefano Olivari
La poca originalità di LeBron Mvp,  la vita di Siena, il disfattismo dei quarantenni e la tara alle conference.

1. Siamo nella seconda metà della stagione regolare NBA, con l'All Star Game ormai alle porte, qualche idea sull'Mvp ce l'hanno un po' tutti. La nostra è che non si debba essere per forza originali: in molte classifiche parziali vince Derrick Rose, in effetti arrivato a un livello di maturità mostruoso, in alcune Amar'e Stoudamire che sta difendendo meglio che nel resto della carriera (l'uso non intensivo del pick and roll da parte dei Knicks però lo penalizza un po' e gli fa forzare troppe conclusioni), nella nostra non ci viene in mente un dominio in ogni aspetto del gioco come quello che sta esercitando LeBron James con la maglia degli Heat. E non certo per i 51 punti appena segnati ai Magic, con il corollario di una statistica tirata fuori dalla Espn: per trovare un essere umano capace di metterne almeno 50, di punti, con almeno 11 rimbalzi e 8 assist bisogna risalire al 1989 e a Michael Jordan. Dategli una stella che le difese avversarie devono onorare (Wade), qualche tiratore affidabile (Miller, Jones, Chalmers, House) al quale recapitare il pallone con una fucilata, un lungo sveglio come Bosh e un altro che stia al suo posto (con caratteristiche diverse Dampier, Ilgauskas e Anthony che forse è il più utile di tutti): gli hanno dato rutto questo, stanno difendendo bene e lui con un campo più aperto fa letteralmente quello che vuole quando vuole. La storia vera dovrà essere fatta nei playoff contro i Celtics in una finale della Eastern già scritta, ma l'Mvp si assegna per la stagione regolare. E LeBron ha già dimostrato cosa vale, così come i Cavs hanno fatto vedere cosa sono senza di lui.

2. La Montepaschi non vincerà nemmeno quest'anno l'Eurolega, ma a Belgrado ha dimostrato ancora una volta di essere l'unica squadra italiana di alto livello ad avere qualcosa dentro. Qualcosa che non è in commercio, ma si costruisce avendo un progetto. Senza McCalebb e Lavrinovic, cioé il 100% dell'unico gioco immarcabile del basket odierno (il pick and roll con possibilita di pick and pop, traduzione: avere il lungo che porta il blocco capace sia di andare a canestro che di allargarsi e tirare da tre, con la guardia in grado sia di penetrare che di sfruttare il blocco che origina il gioco), la prestazione difensiva della squadra di Pianigiani è stata emozionante. Zisis e il fin qui detonico Michelori su tutti, grande come al solito Stonerook al di là dei numeri in una partita che ridà speranze realistiche di quarti di finale. Un segnale di vita importante, per un basket che pensa di risolvere tutto cambiando 'progetto' ogni due settimane. 


3. Il disfattismo di molti appassionati, soprattutto di quelli oltre i quaranta anni di età, si scontra a volte con i numeri. Prendiamo la leggendaria stagione 1982-83, quella di Roma contro Milano, dei pienoni, del basket italiano che dominava in Europa sia a livello di nzionale che di club, eccetera. Ebbene, la media spettatori della serie A1, comprendente i playoff, fu di 3.801. Nella scorsa stagione, quella del dominio di Siena che toglie interesse al campionato e dell'Europa che ci dà bastonate, sono stati 3.852. Con i tre giocatori più forti, o comunque più riconoscibili, che giocano in quella NBA che si può guardare anche sul cellulare...Non vogliamo dire che il basket italiano di oggi sia meglio di quello di una volta, non sia mai, ma che spesso scambiamo lo spazio mediatico per la vita reale. Se i caporedattori di una volta mettevano i tabellini della A2 e quelli di oggi per superare le 10 righe hanno bisogno di Gallinari che esce con un'attrice, la colpa non è di chi continua a seguire il basket. Della mitica 'una volta' mancano i personaggi in grado di essere conosciuti anche dalla mamma o dalla nonna, per questo Dan Peterson fa innervosire i compagnucci della parrocchietta. Ed emoziona invece noi spettatori, ma non certo perché dopo di lui non ci siano stati allenatori capaci.


4. Si stava meglio...adesso. Dopo decenni di pareri da bar sparati guardando una ventina di partite NCAA all'anno, Espn America e il web ci consentono di parlare del nostro basket preferito con quelle tre persone che conosciamo interessate all'argomento. In altri tempi avremmo preso per oro colato i ranking, che invece hanno molto in comune con quelli della boxe: generati da confronti con avversari diversi, in contesti diversi, esistono solo per far discutere e per dare alla commissione della NCAA qualche elemento in più di scelta per il tabellone del torneo finale (per cui sono qualificati di diritto solo i campioni delle conference). Fra le squadre che seguiamo con una certa assiduità, anche perché ci hanno giocato alcuni idoli d'infanzia (Kreso Cosic, Fred Roberts, Danny Ainge), c'è di sicuro Brigham Young: ovvia quindi la predilezione per Jimmer Fredette, la guardia senior che per talento e personalità è molto di più della solita guardia senior bianca di BYU. Capocannoniere dell'intera NCAA ma sempre sotto controllo, con il suo 1,87 Fredette ad ogni azione sfida le difese avversarie (anche contro Wyoming, pessime percentuali ma protagionista in quasi tutte le giocate decisive) alternando a tiri da metà campo entrate alla Tony Parker: ma dove la stella degli Spurs accelera lui rallenta, evitando la 'crema' con un controtempo che ricorda quello di Nick Galis. Ecco, Fredette va guardato, a parole non sappiamo rendere l'idea. Quello che volevamo dire è che è incredibile che Brigham Young sia considerata la squadra numero 9 della nazione, con tutto il rispetto per una squadra mai andata oltre le Elite Eight (nel 1981, l'anno da senior di Ainge). Leggendo di questo ranking e delle statistiche di Fredette una volta avremmo sognato, adesso no. Meglio adesso, diciamo con il dolore dei professionisti della nostalgia.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it

11 commenti:

angyair ha detto...

LBJ è una potenza, uno scherzo della natura a livello fisico e con un talento cestistico 5 stelle, ma ogni volta che gli vengono permessi i 4 passi (a lui e a quasi tutti ormai nella NBA) mi viene sempre un colpo al cuore.

Simone ha detto...

1.Il Bernard King Trophy(...)ha tre pretendenti.
Rose(che sta crescendo in maniera quasi preoccupante,giorno dopo giorno),Durant e James.
Il Prescelto,che per dirla con Chris Rock ha fatto grandi i Washington Generals,non ha molti paragoni nella storia dell'Nba.
E' il ritorno al futuro di quella specie.
Stokes,Robertson,Magic.
Adesso lui.
Gli Heatles sono già da titolo in difesa;l'attacco è privo di continuità e disfunzionale.
Ma con due "esterni" così e il talento individuale potrebbero anche fare il colpaccio.
La chiave è Mike Miller.

@Angyair:me too...

2.Secondo me con McCaleeb sarebbe stato l'anno giusto.
Lo meritavano.
Infatti quest'anno nessuna portaerei è esente da difetti tecnici.

3.E' una questione di immaginario,non di cifre.
Che vanno,al contrario dei voti,pesate.
A quei tempi c'erano Milano,Roma e Torino da scudetto.
E le italiane che dominavano le coppe europee...addirittura Rieti vinse una Korac!?
L'esposizione dei media era differente.
Il problema della pallacanestro italiana è stato di tipo politico.
Si tendeva al moloch calcio ma si è finiti ad assomigliare al volley.
Provincia a go go.
Ma la pallavolo tricolore,malgrado tutto,ha un'identità precisa.
Questo basket no.
Qualcuno mi spieghi il regolamento delle retrocessioni(e conseguenti promozioni),se ci riesce...

E' un tipo di diffusione delle notizie deciso dalla Pallonara.
L'incultura sportiva è una merce perfetta:fa più rumore(bianco..)il gossip della realtà.
D'altronde se ci fossero più spazi di riflessione autentica,la spina(al baraccone)sarebbe già stata tolta da tempo.
Avete visto il tipo di promozione che si adotta per il Sei Nazioni?
Sembrano "Braveheart" in salsa Signorini...
Si tende al ridicolo ovunque.

4.L'ho incrociato un paio di volte.
Combo-guard che dovrà(alla Deron Williams ma non troppo..)adattarsi al ruolo di point.
La meccanica di tiro e la naturalezza del gesto mi ricordano Mark Price(niente male..)ma la corazza è quella di un culturista.
Esegue jumper perfetti da nove metri,senza sforzo apparente.
E' pure bravo a puntare il canestro terrorizzando l'avversario.
Per il piano di sopra deve "convertirsi" e incrementare il palleggio e la visione di gioco.
In Europa,nel contesto giusto,farebbe già onde...

Arturo ha detto...

Concordo, con bmac finivano dritti in final four, tra l'altro le corazzate storiche non mi sembrano irresisitibili, il barca sembra aver perso animus pugnandi, e rubio è sempre più caso umano, all'olimpiakos manca il settore "terziario", i vecchi draghi di zelimir cominciano a pagare l'usura del tempo. Occhio al fenehrbace, jasi si è già impossessato della squadra

Manuel Beck ha detto...

Sull'Eurolega occhio che i top team cercano di arrivare al picco di forma per i playoff, per cui può anche essere vero che qualcuna sia più vulnerabile degli anni scorsi, ma anche no. L'unica cosa certa è che al momento tutte le favorite sono in tabella di marcia per qualificarsi, se non fanno +20 tutte le volte è secondario.

Manuel Beck ha detto...

@ Simone Basso: per me l'unico vantaggio del volley italiano sul basket è l'enorme differenza di seguito nel rispettivo settore femminile. A livello maschile l'identità ce l'avranno anche, ma un'identità provinciale, di nicchia. Oltretutto, ultimamente non hanno più neanche il vantaggio dei grandi risultati della nazionale.

Simone ha detto...

@Manuel Beck:infatti rimane di nicchia.
Però il basket,anni fa,prometteva ben altri sviluppi.
Soprattutto un consolidamento nella visibilità verso il grande pubblico.
Tutto il resto è l'amarcord ne "Il fallimento certificato da Peterson"...

Manuel Beck ha detto...

Sì. l'ho letto.
Discorso complicato, comunque, quello dello sgonfiamento mediatico del basket all'inizio degli anni '90. Forse era appunto una bolla gonfiata al di là del suo valore effettivo, sia dai media milanocentrici sia dai paperoni che buttarono miliardi per poi stufarsi. Poi era anche un periodo (metà anni '80, intendo) in cui il calcio era meno invasivo e c'era meno concorrenza di altri sport: lo sci pre-Tomba contava poco, il tennis aveva chiuso l'era Panatta, le moto quella di Agostini, il volley era nell'età delle caverne, eccetera.
La cosa triste è che questa sensazione di crisi permanente, di "poteva essere ma non è stato", mi sembra che ce la portiamo dentro da quasi 20 anni e non c'è modo di liberarsene.

Simone ha detto...

@Manuel Beck:concordo,soprattutto sull'epilogo e quella sensazione spiacevole da "reduci"...

Italo Muti ha detto...

@Simone, Manuel

concordo anch'io, un epilogo da omega totale, con la pallonara ad imporre il nulla mentale....roba da 11 comandamento

Italo

Simone ha detto...

@Italo:'na lobotomia.
Talmente evidente che ormai in molti non se ne rendono nemmeno conto.

Italo Muti ha detto...

@Simone

infatti si vedono i frutti....neanche del male, marci, senza costrutto e senza futuro.

Italo