Rubini e le macerie

Qualche settimana fa il Corriere della Sera ha iniziato una campagna per intitolare il Palalido restaurato a Cesare Rubini. Per quel niente che contiamo sottoscriviamo in pieno: vivere nel passato è triste, ricordare un grande passato è invece doveroso perché fa parte dell'identità.
Anche se non abbiamo mai visto giocare il Principe e lo abbiamo solo intravisto allenare. Per noi sarà sempre il dirigente della FIP che siedeva in panchina di fianco a Sandro Gamba nei migliori anni della nostra vita, oltre che un mito nei racconti di giornalisti che ne hanno viste tante. Mentre non riscuoteva unanimità di consensi fra i giocatori...Questo non toglie che nessuno come lui rappresenti la storia dell'Olimpia, per molti versi anche più del fondatore factotum Bogoncelli, e che una teorica casa dell'Olimpia avrebbe più fascino se intitolata a lui invece che ad Armani: con tutto il rispetto per chi caccia i soldi nel presente, anche quando li spende male o li affida ad incompetenti. Nel caso del nuovo Palalido, comunque, sarebbero 'solo' un terzo dei 7 milioni di euro previsti per il totale dei lavori (il resto lo mette Pantalone, as usual). Il problema, al di là delle nostre fissazioni storiche, è che il nuovo Palalido al momento non esiste. Lavori che avrebbero dovuto iniziare la scorsa estate non sono, mentre scriviamo, ancora partiti. Non è in realtà partita nemmeno la demolizione, come può testimoniare chi come noi ci passa davanti quasi ogni giorno. La promessa di Rizzi, inspiegabile assessore allo sport di Milano, è che l'Armani giocherà la prossima stagione nel suo nuovo impianto. La realtà è quella del Forum con i teloni neri anti-tristezza a coprire il secondo anello, con un PalaSharp anche lui sulla strada della demolizione (a fine aprile) e uno sport che purtroppo significa solo calcio. Perchè, PalaRubini o non PalaRubini, ci sembra che oltre agli impianti nel 2011 al basket manchi anche la discussione da bar: fuori dalla cerchia degli appassionati non sentiamo nessuno parlare di basket. L'unica cosa del passato che veramente ci manca è questa, la gente che si interessava anche superficialmente alla pallacanestro. Il resto sono giocatori in bianco e nero, forse nemmeno tanto forti come amiamo ricordarli quando schiacciamo il tasto della nostalgia. Non è un caso che la dimensione giusta per il basket italiano di vertice sia nel 2011 ancora quella del Palalido, proprio come mezzo secolo fa.

Stefano Olivari
stefano@indiscreto.it 

2 commenti:

Silvano65 ha detto...

Stefano, resto convinto che lo sport acquisti importanza attraverso il battage madiatico che danno le vittorie, magari all'estero, però se ottenute da parte di squadre con grandi bacini d'utenza. Siena sta facendo bene in Europa League, ma anche se dovesse arrivare alle Final Four difficilmente riporterebbe il basket ai favolosi anni '80. Anni che erano favolosi perché a giocarsela in Italia ed in Europa c'erano Milano, Roma, Torino (per poco). Armani è un benemerito perché sta cercando di riportare a Milano il basket di vertice, ma la strada è ancora lunghissima. Roma si sta rialzando, Napoli é scomparsa in modo indecoroso, Torino é non pervenuta. E queste sono le piazze in grado di mobilitare i grandi numeri, con quello che segue. Varese e Cantù (che fanno tradizione, anche se l'audience è quella che é) lottano contro la mediocrità e, in ogni caso, fuori dai confini italiani non avrebbero scampo. Il nostro migliore coach ha concluso l'esperienza di Madrid in circostanze che io (che non seguo molto) non ho capito. Concludendo, per avere la gente comune che si interessi di basket bisogna che il Barcellona venga a Milano con la paura di perdere. E che perda, con la partita trasmessa in chiaro in prima serata. Oggi come oggi, mancano i prodromi per una situazione del genere, visto che il Barcellona non avrebbe paura di perdere a Milano e che la partita, di conseguenza, non verrebbe teletrasmessa in chiaro perchè nesuno avrebbe interesse economico a farlo. Con quello che segue e che hai fotografato benissimo.

Stefano Olivari ha detto...

Il dato concreto è che gli appassionati non siano diminuiti, anzi, rispetto ai mitici anni Ottanta, nonostante mille altre opportunità di svago e la NBA visibile in ogni modo...la presenza mediatica è figlia dei meccanismi che citi ma anche di scelte di comodo: sparare tre articoletti Inter-Milan-Juventus,anche quando non ci sono notizie, è più facile che effettuare scelte...il Giorno di una volta (ma non della preistoria) mandava due inviati alle partite di basket di cartello, il Corsera pubblicava i tabellini della A2, il Giornale aveva un pezzo di presentazione della giornata di campionato competitivo con quello del calcio...e gli appassionati non erano superiori a quelli di oggi, con la grandi che erano (anche) Varese e Cantù, non proprio due metropoli...