Gian Paolo Ormezzano su TuttoBiciWeb: il pensiero unico del calcio che dà da mangiare a tutti toglie spazio anche ai pochi che avrebbero voglia di occuparsi di altri sport. Trattati con sufficienza, come gente che non farà mai carriera e non sarà riconosciuta dal vicino di casa...
Provo a fare un gioco. Faccio finta di voler fare, adesso, il giornalista sportivo. Ho 25 anni, come allora, non 75, come adesso. Allora adoravo due entità: Fausto Coppi nel ciclismo e il Torino nel calcio. Scrivevo già su giornaletti in ciclostile e non solo: di nuoto, lo sport che praticavo agonisticamente, e di letteratura, poesia, cinema, altre mie passioni. Adesso non ho nessun ciclista per cui tifare e il mio Toro sta in serie B. Teoricamente sono messo meglio per fare il giornalista sportivo: non frequento passioni sportive devianti, assorbenti, comunque pericolose. Adesso come allora amo molto lo sport, lo ritengo, se praticato bene, fonte di sanità anche mentale, e penso che sia metafora della vita (e viceversa), così che scrivendo di sport posso anche pensare di scrivere di tutto.
Comincio dunque a fare il giornalista. Senza uno straccio di contratto. Allora ero definito abusivo, adesso precario. Trovo in redazione soltanto adepti del calcio. Adepti assoluti, integralisti, fanatici. Mi dicono che il calcio dà da mangiare a tutti, se voglio fare il giornalista devo scrivere di calcio. E va bene. Scopro in fretta che, a parte le scadenze rituali di grandi eventi, tipo campionati del mondo, nessun altro sport può avere a priori spazio sul giornale. Una sola eccezione, stagionale: la Formula 1 (sinché la Ferrari va…).
A casa ho papà che mi parla di Coppi e che crede che io gli creda quando mi dice che i giornali degli anni quaranta, cinquanta, primi sessanta erano pieni di ciclismo. Anche molto di più che a fine anni novanta, quando l’Italia aveva preso ad amare Pantani e così a riamare lo sport della bicicletta. Provo sommessamente a chiedere, quando sto al giornale, se non sarebbe il caso di dare più spazio al ciclismo, visto che mio padre e tanti suoi amici ne parlano eccome. Mi dicono che del ciclismo ormai frega appena qualcosina a pochi, che è sport tutto pieno di doping e comunque si leggono soltanto le storie di doping. Provo a dire che potrei occuparmi io di ciclismo, avrei qualche idea su come scriverne. Mi dicono che o scrivo di doping o non mi legge nessuno, e dunque se non scrivo di doping lo spazio per il ciclismo non c’è. Scopro che ci sono poche righe, quando ci sono, per dire di corse che io ritenevo assolute, le cosiddette classiche di primavera. Comunque lo spazio è sempre condizionato dall’argomento: che non è mai la corsa in se stessa, ma la presenza in essa di un reduce dal doping, un pentito di doping, un sospettato di doping, un espiatore presunto innocente o conclamato colpevole di pene legate al doping.
Un vecchio pensionatissimo giornalista mi dice che quando lui si preparava a partire per il Giro d’Italia si sentiva arrivare addosso l’invidia, comunque partecipe dell’evento, di tutta la redazione. Adesso anche l’inviato al Giro d’Italia è messo in discussione, si può scrivere benissimo stando davanti alla televisione, cosa che comunque lui come tutti farebbe se mandato al seguito della corsa. Al massimo potrà seguire un paio di tappe, quelle nella zona di diffusione del giornale, con un’auto piena di scritte pubblicitarie del giornale stesso. Provo ancora, di tanto in tanto, a dire che mi sembrano davvero poche cinque righe per la corsa che apre la stagione, troppe cinquanta per dire che Tizio ciclista col doping non ha smesso, anzi. Mi dicono di non scordarmi, la sera prima di cercare il sonno, di rivolgere la preghierina di ringraziamento al buon Dio che ci ha dato tanto calcio di cui scrivere, così tanto calcio che ne resta un poco anche per me.
Il mistero su come si sia potuto verificare un simile ribaltamento di posizioni, morali ma anche materiali, per me rimane enorme. Per me che ho 25 anni, per me che ne ho 75. Come giovane virtuale non so spiegarmi niente, come vecchio reale temo di sapermi spiegare tutto, e dunque di campare di pensieri e certezze troppo individuali, personali per valere qualcosa.
Quando facevo il giornalista giovane rampante, che ci credeva, andare al Giro d’Italia era il massimo: e il giorno in cui la notizia della designazione mi arrivò addosso ero persino più che felice, ero padrone del mondo. Mi dicono che adesso in redazione si fatica a trovare un giovane valido che voglia seguire il Giro d’Italia, specialmente se lui si perde tanto calcio che conta, finali di coppe, campionati continentali o mondiali. In fondo avrei dovuto capire tutto già nel 1970: stavo al Giro d’Italia, c’era in contemporanea il Mondiale di calcio in Messico, quello di Italia-Germania 4 a 3, e in molti mi fecero sapere che in fondo avevo buttato via il mio tempo dietro ai ciclisti.
Devo a questo punto esporre il mio perché del ribaltone, è un dovere, non un piacere. Credo che c’entrino il benessere che sconsiglia la frequentazione anche della fatica altrui e che si sintetizza nella precoce motorizzazione dei bipedi, la politica che in qualche modo asseconda sempre il calcio che serve da tranquillante, da sfogatoio di eventuale violenza, da creazione di tangenti per gli stadi, adesso con la tessera del tifoso anche da mailing-list per operazioni commerciali, la televisione che col calcio fa pornografia di corpi mentre col ciclismo soccombe spesso persino a quella cosaccia che si chiama panorama… Ma credo anche in colpe del ciclismo, masochista nel darsi al doping sia praticandolo sia scovandolo ed esponendolo (e però qui ci vorrebbe un perché supplementare, e non ho risposta), ed in colpe di noi giornalisti sportivi: presto o tardi il calcio dà più soldi del ciclismo, consente frequentazioni più fruttuose, ed in fondo impegna poco, in comodi stadi e di solito in città attraenti, stimolanti. Ma questo è tutto un altro bunga-bunga.
Fonte: Gian Paolo Ormezzano, Tutto Bici Web
Segnalazione di Simone Basso
8 commenti:
STANDING OVATION!!!....il calcio è uno strumento di controllo sociale, solo i controllati non se ne accorgono.....
bellissimo articolo. Grande Ormezzano e grande Simone per averlo segnalato.
Splendido articolo... E pardossalmente uno dei miei primi libri, quello che mi ha fatto innamorare definitivamente del calcio è proprio "Storia del calcio" di G.P.O. datato 1983 se non erro...
Sui motivi che hanno portato al dominio assoluto del calcio non so, faccio fatica a capirli: un ruolo importante l'ha avuto certamente la degenerazione della Rai.
Dane: sul controllo sociale non saprei... In fondo anche il ciclismo in certi periodi poteva avere (ha avuto forse) tale funzione
@Dane,Jack Torrance,Francesco74:
"Brillante promessa,solito stronzo,venerabile maestro."
Queste categorie dell'anima furono codificate da Alberto Arbasino.
GPO appartiene alla terza.
Il volume sul calcio è eccellente,segnalo però due piccoli capolavori come "Storia dell'atletica"(Simeoni in copertina)e "Storia del ciclismo".
Entrambi fondamentali nello spiegare la nostra mitologia sportiva.
Per dirla tutta(e far capire come gira la ruota..)Ormezzano fece notare che l'opera ciclistica triplicò le vendite rispetto a quella calcistica...
Il ciclismo fu fondamentale come fenomeno sociale(unificante..)durante le due guerre.
Divenne un vettore formidabile anche della rinascita italiana(artigiana)dopo la fine del secondo conflitto.
Il foot sorpassò la bici,come spazio sui media,nel 1958.
Notare bene la dissonanza:gli sfregaselle in vetrina non erano più Coppi e Bartali ma Baldini e Nencini.
Comunque due campioni di altissimo livello e con il primo in un'annata da fuoriclasse assoluto.
La pallonara era invece nella peggiore crisi della sua storia:la nazionale non riuscì nemmeno a qualificarsi per la fase finale della Coppa del Mondo.
Ma il Bel Paese aveva cominciato la trasformazione industriale e i grandi gruppi scelsero il flipper "divino"(cit.Aldo Giordani)per veicolare la nuova immagine.
http://www.youtube.com/watch?v=Gv_IQXMMuwg
Francesco74, t'ha risposto Simone: il coinvolgimento del ciclismo era spontaneo, quello del calcio fu studiato...
io da calciofilo ma anche appassionato di(quasi)tutti gli altri sport(ad esempio quando ci sono le olimpiadi per me è una festa)mi chiedo perchè una gazzetta non possa avere la stessa impostazione dell'equipe riguardo agli altri sport, esempio
http://chepalle.gazzetta.it/post/23968052/extraterrestri o
http://chepalle.gazzetta.it/post/23286489/saranno-diventati-pazzi
se poi si vuole salire ancora di livello basta dare un occhio ai media(sia tv che giornali)svedesi
Del ciclismo, ringraziando il cielo, mi restano i racconti di mio padre. Quest'anno sono riuscito a trovargli per Natale il Calendario di Coppi, una roba quasi da loggia massonica: lo ha messo nel posto d'onore ed è stato il regalo di Natale che ha gradito di più. Il vero problema, però, é il ciclismo di oggi: forse la soluzione sarebbe un calendario meno fitto oppure una sorta di numero chiuso annuale per le corse, che rispetti i limiti fisiologici umani. La ripresa di credibilità con il conseguente aumento di interesse e la copertura mediatica conseguente farebbero il resto. La gente amava il ciclismo perché era uno sport di fatica, perché l'uomo lottava contro gli elementi della natura, la metereologia e le montagne. L'epica del ciclismo, infatti, é fatta di montagne e maltempo. Forse oggi siamo troppo abituati all'autovettura che ci protegge da entrambi gli elementi, e fatichiamo a capire. Chissà.
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