Uomini di serie B

di Stefano Olivari
Nel giorno della Festa dell Donna una domanda cattiva: perchè un equivalente maschile dei trionfi della Di Martino e della La Mantia agli Euroindoor, a parità di sport, avrebbe avuto un maggiore riscontro mediatico? Tre possibili risposte...

Nel giorno della Festa della Donna vorremmo uscire dalla retorica delle donne che hanno fatto passi avanti nel mondo del lavoro e dello sport, il classico servizio da Tg1 di una volta, tanto per rimanere nel nostro orticello. Vero a livello quantitativo, falso se si guarda ai posti di comando: entrando in un ospedale 8 medici ‘normali’ su 10 sono donne, ma ad andare bene la statistica scende a 1 su 20 quando si parla di primari. Lo sport non fa eccezione, perché la presidentessa della situazione è quasi sempre ‘moglie di’ o ‘figlia di’: non è un grande passo avanti, dal punto di vista culturale, essere piazzata in un posto dal padre o dal marito. E le giovani industriali sono nel novanta per cento dei casi figlie di vecchi industriali, dalla Marcegaglia in giù. Insomma, la nostra società è ancora profondamente maschilista e l’Islam avanzante non fa sperare bene bene per il futuro. Ma stavamo parlando di sport…
Ecco, nel giorno della festa della Donna vorremmo rispondere a una domanda che ci siamo fatti da soli, alla Marzullo, guardando in televisione i trionfi agli Europei Indoor di Antonietta Di Martino nel salto in alto e di Simona La Mantia nel triplo.
Perchè un loro equivalente maschile, a parità di sport (anche lo stesso Fabrizio Donato, argento nel triplo), avrebbe avuto un maggiore riscontro mediatico? Stiamo sull’attualità, perchè se allargassimo il discorso dovremmo partire dalla differenza di trattamento fra una Schiavone che vince il Roland Garros e uno Starace che vince una partita nel gruppo B di Coppa Davis.
Risposta parziale numero uno: anche le donne, come spettatrici, seguono maggiormente lo sport maschile di quello femminile.
Gli sport individuali si salvano un po’ da questa logica, ma quando si va su quelli di squadra il confronto è imbarazzante, anche come spettacolo. Risposta parziale numero due: per mille ragioni, storiche e culturali (anche ragioni pessime, non è che le tradizioni siano per forza positive), una comunità o una nazione si identificano con più facilità in un atleta o in una squadra maschile, con ovvia prevalenza del calcio sulle altre discipline. Un bergamasco che segue poco lo sport ha più probabilità di buttare un occhio sul risultato dell’Atalanta in serie B piuttosto che su quello della Foppa Pedretti campione d’Europa di volley. Risposta parziale numero tre, la più cattiva: per evidenti ragioni biologiche e biomeccaniche le prestazioni degli uomini forti sono ‘migliori’ di quelle delle donne forti. Portando al retropensiero, difficile da confessare, che nello sport la donna di successo sia un po’ un uomo di serie B. Questo non toglie che Di Martino e La Mantia siano straordinarie, senza dimenticare che non ci si può esaltare per lo sport femminile solo nel nome del politicamente corretto.

stefano@indiscreto.it
(pubblicato sul Guerin Sportivo)

5 commenti:

Duvix ha detto...

Credo che la "risposta parziale tre" sia quella decisiva. E non ci vedo nulla di maschilista o razzista: il motivo per cui si vede più volentieri una partita di calcio maschile di una di calcio femminile, è lo stesso che fa preferire Barcellona-Arsenal a Pro Patria-Pro Vercelli (ossia maggiore tecnica, maggior agonismo e maggior spettacolo, almeno in termini di probabilità). Ben vengano le podiste e le calciatrici: ma siccome la "forza" di un movimento è data anche (forse dovrei dire soprattutto) dal seguito di pubblico che ha (e, quindi, dal giro di affari che genera), non si può certo imporre al pubblico di preferire chi per primeggiare corre i 100 m in 11 secondi a chi li corre in 9,50.

Dane ha detto...

Certo Duix, perchè infatti tu davanti alla tv riesci a percepire la differenza tra chi corre i 100 metri in 11 secondi invece che in 9,50.....ma dai, la risposta giusta è la seconda (ed anche la prima discende dalla seconda, in fondo...).
Non seguo molto la pallavolo però chi la segue mi dice che ormai è più bello vedere il volley femminile dove si vedono ancora gesti tecnici mentre il volley maschile è ormai tutto spara-spara. Eppure gli stessi che mi dicono ste cose continuano a seguire più il volley maschile.
Ricordo la finale di basket alle Olimpiadi di Atlanta tra USA e Brasile: mi divertii un mondo, certo più che in una partita del campionato italiano maschile.
Non parliamo poi del ciclismo su pista (quanto ho urlato per la Bronzini a Chorzów!...), dove al di là delle prestazioni e dei bicipiti e delle prestazioni lo spettacolo visto dalla tribuna o dalla tv di una Krupeckaite o una Pendleton non è inferiore a quello di un Bauge o un Chris Hoy... :-/

p.s.: e sono bravo che non citato # Liz Hatch che poi facevate apposta # ad equivocare !... :-P

Dane ha detto...

http://1.bp.blogspot.com/_atrK-jBKJKY/SuzgHqKoD3I/AAAAAAAAJfo/VO4BF_ZhAcA/s400/MaryCressari-Vigorelli-achter-scooter.jpg

Proprio oggi, 8 marzo, Festa della Donna, ricevo in regalo da un amico che si è prodigato per travagliati passaggi di mano, una vecchia bellissima foto in bianco e nero: Mary Cressari che, assistita da alcune compagne, tra cui Luigina Bissoli, revisiona e prepara la sua bici.
Ciclista storica dell'Età dell'Oro del ciclismo italiano al pari della citata Luigina Bissoli, la Cressari conquistò il Record dell'ora nel 1972, qualche settimana dopo il medesimo record per la categoria maschile ottenuto dal belga Eddie Merckx.
Al ciclista belga la legava la bicicletta, anche per lei una Colnago, che ovviamente godette della sperimentazione di cui usufruì settimane prima il Cannibale: dal radiale anteriore alle forature su tutto ciò che era forabile. A partire della catena, che sulla bici femminile assumeva un'involontario carattere decorativo di tutt'altro che trascurabile impatto estetico.

Il suo telaio era però bianco, così come chiare eran le ciocche bionde della Cressari, ma la gentilezza iconografica non inganni perchè quelle gambe pestavano eccome sul parquet, che fosse quello del Vigorelli dove la grande Mary preparò gambe e bicicletta alla sperimentazione in vista della spedizione messicana o fosse quello dell'Olimpico di Città del Messico. Dove ottenne il record che resistette 6 anni, a differenza del ricordo che resistette all'infinito nelle menti degli appassionati ma svanì in fretta in quelle di un popolo senza memoria.

Meno male che ogni tanto, magari nel giorno di una festa svilita nel suo significato da troppe motivazioni commerciali, salta fuori qualche vecchia foto a ricordarci che dovunque andiamo, qualsiasi cosa facciamo, loro sono lì a spingere, sudare, combattere come noi. A volte anche di più.

Grazie di esistere.

zoleddu ha detto...

anche io escluderei la 3 e metto le altre due risposte sullo stesso piano. in 2 dei 4 sport che seguo con assiduità henin e felix meglio dei loro corrispettivi maschili..

mizio71 ha detto...

Lo sport al femminile ha degli spazi in cui il gesto atletico e tecnico è pari, se non più bello, di quello maschile, ed altri in cui effettivamente è inferiore. Per dire, nel calcio il maschile prevale, perchè è un gioco più veloce, più tosto al maschile. Nel tennis sono pari: meno potenza nelle donne, ma maggiore grazia e la minore velocità rende paradossalmente il gesto più apprezzabile (come nel volley, mentre nel basket la differenza con gli uomini salta agli occhi). E infatti il tennis femminile ha molta visibilità e ricchi premi, che poco hanno da invidiare a quello maschile. La Schiavone ha avuto un grosso eco dai media per la vittoria al RG, certo fosse stato un uomo ... ma ha avuto un plauso che poche donne in Italia hanno avuto (meritatissimo, impresa epica). L'atletica è un altro sport dove le donne sono pari agli uomini per grazia e bellezza del gesto (almeno in quasi tutte le discipline). E comunque non ci vuole lo sport per capire che siamo un Paese maschilista .... Culturalmente siamo semplicemente la serie B dell'occidente evoluto ....