di Oscar Eleni
L'Eurolega in tivù, i piedi di Minucci, gli allenatori Benetton, i campioni al potere, l'invidia per i Grizzlies, l'usato sicuro di Cantù, l'esilio di Boniciolli, il paradiso di Peterson, la strada di Tanjevic, la retrocessione di Brindisi e l'allenatore dell'anno. Voti a Belinelli, Gallinari, Vitucci, Zorzi, Diener, Mahoric, Marconato, Sacripanti e Meneghin.
Oscar Eleni dalle pietre rumorose di Boulder, stato del Colorado, 1655 metri sopra il livello del mare arbitrale e arbitrario. Alla ricerca di un’ombra, quella dello scorpione di Stephen King, quella del Danilo Gallinari mandato a Denver, sempre Colorado, dalla ferocia del mondo Knicks, ben lontano, sia New York che la terra delle pepite, da questo paradiso ecologico, spirituale, da questa comunità progressista che ci ruba alle puntate di Mork e Mindy, ma ci permette di avere una scusa per non aver trovato un finanziamento adeguato per andare a Barcellona dove in questo fine setimana l’Europa sceglierà la sua squadra migliore. Esserci, diceva un grande giornalista come Egisto Corradi che si alzava la notte per andare a misurare la piena del Po, guardare e giudicare soltanto quello che vedi veramente, non quello che ti raccontano gli altri.
Lo faremo seguendo i messaggi delle parabole e di SportItalia, negata dal digitale e dall’antennista promesso dal Boga che non è mai venuto a rendere chiaro il segnale della vera televisione del basket, anche se nel futuro televisivo di questo sport in Italia nessuno riesce ad avere idee chiare. Avendo sentito l’anatema Minucci per la golosità poco visibile di SKY, ci siamo convinti che il futuro sarà televisivamente meno facile da captare, ma forse muoverà le stelle in maniera che tutti vedano il mondo a spicchi come dice il capitano, il priore di questo sport dove ha lottato per 19 anni pensando a giornate come quelle catalane o sivigliane, lo dice con orgoglio e ne siamo orgolgiosi anche noi pur avendo sorriso alla battuta sugli anni in giro per il pianeta come quel personaggio di Alto Gradimento che mai tornava a terra. Lui, il Ferdinando, a terrà ci è arrivato da tempo, ha i piedi ben ancorati al suolo, non rischia cadute e, se dovesse proprio cadere, ha già pronta la soluzione di scorta per oggi e per domani. I suoi avversari del fanfaron club come stanno? Uhm.
Confessiamo che una vittoria di Siena a Barcellona ci porterebbe nella grande riserva d’acqua di Boulder dove la comunità si tassa per non far costruire sui 18 mila ettari della meditazione. Qui, invece, vorrebbero alzare i piani della loro infelicità, costruendo sul lavoro degli altri, senza mai capire. Tifare Siena prima del Lele Molin di Mogliano, cresciuto in Ghirada, che, ironia della sorte, sbatte, sull’ultimo sorriso di Treviso, il Blatt che diede la coppa Italia alla Benetton prima del terremoto. Per la verità anche Obradovic ha dato gioia alla Marca, ma allora è destino che Minucci se la prenda con il benettonismo, anche adesso che se ne sta andando mestamente lasciandoci l’insoddisfazione di non aver capito subito cosa stava succedendo quando la “ famiglia” ha deciso che il progetto sportivo non aveva più bisogno di quelli che lo avevano costruito davvero.
Brinderemo anche a questo nel raduno dei maturi baskettari che faremo proprio alla Ghirada, nella speranza che gli allenatori dal braccio corto, i musoni a prescindere, facciano uno sforzo per questo raduno dove vorremmo anche Dino Meneghin, il presidentone, per dirgli che ci ha davvero stupito: si muove sempre meglio, si è allenato davvero per essere così come lo volevano quelli che ancora non saspevano che per diventare dirigenti migliori di loro bastava mettere in pista dei campioni veri: Dino e Bonamico sono la coppia che garantisce un bel futuro anche dopo Londra, anche dopo l’Europeo lituano, altro campo di Marte dove sarà difficile andare per chi deve fare già i conti con l’inflazione che nel Brutto Paese interessa meno delle porcate variate.
Dal Colorado per volare verso il Tennessee, la città di Memphis, i suoi orsi, il regno del gospel, del soul, del rock, di Elvis, di Aretha Franklin e Tina Turner, dell’immenso Morgan Freeman, per capire che tipo di pesce mangiano se riescono a sbalordire un mondo avvelenato come quello della NBA che non sa ancora se si giocherà il prossimo campionato. Tutto giusto, ma sai che veleno, però è un piacere vedere una squadra, nata per correre dietro agli altri, che ora si fa guardare con invidia un po’ da tutti, anche da chi resta super favorito, anche dai poveri e vecchi speroni di San Antonio usciti dal gioco inciucchiti dalle sirene del Tennessee, dal fascinoso mondo della contea di Shelby.
Confessiamo che vorremmo anche noi una nostra Memphis, come una nostra Boulder. Ma questo non vuol dire che auguriamo a Siena di non comandare più. Vorremmo che potesse farlo con mano meno pesante. Sì, insomma, cadere, ogni tanto come contro Avellino. Allora sarebbe tutto più divertente. O no? Pianigiani non deve rispondere. Se si arrabbia è meglio. Vuole il consenso assoluto, gli rode non averlo e questa è la linfa. Esistono in Italia squadre che possono essere come Memphis? Diciamo Cantù e poi ci fermiamo. La Bennet che è andata a fare la spesa nel mercato dell’usato sicuro, prima del nuovo mai sperimentato prima, per essere più ricca al playoff e nella prossima stagione. Una volta le trovavi, da Livorno a Cagliari, una volta c’erano quadrilateri avvelenati in Lombardia ed Emilia, adesso il capo Horn di Fontebranda respinge indietro i marinai e gli illusi.
Confessiamo che non abbiamo capito perché un allenatore come Boniciolli deve andare in Kazakistan, ma lui ci ha fatto sapere che invece si capisce benissimo se vai a leggere la mano a padroni, padroncini, prestanome e primule smunte. Sarà. Ci dispiace che sia ad 8000 chilometri e che ci sia chi lo prende pure in giro. Ma si consoli perché in questi giorni sclerano in troppi.
Guardate Peterson nel Paradiso che per lui può davvero attendere: per ora si sente allegro e felice perché rivive il passato senza lo stress di allora, fingendo di essere quello di allora. Non ha capito il nuovo mondo o forse lo ha capito fin troppo bene? Ai posteriori l’ardua sentenza come dicevano in quel film dove un insegnante scopriva la sua doppia natura tropo tardi, quando stava per sposarsi con una donna e invece desiderava baciare il telecronista. Peterson si vede alla guida di una orda Armanica. Stia attento alle correnti più fredde, lo diciamo in difesa, non per destabilizzare: quello lo hanno già fatto dal primo giorno i nemici che gli stanno intorno fingendo di essere i suoi primi tifosi.
Non capiamo Dan il Nano Nonno frizzato, ma ancora meno il nostro caro Boscia che avvisa i naviganti su un probabile incontro con la Rometta abbandonata dal mondo lottomatico. Se andà bene si troverà sulla strada di Siena che certo non gli darà i 30 punti per raggiungere Varese o Bologna perché al Pianigiani va bene la griglia così come è nata: Roma o chi per lei al primo turno, poi Avellino o Treviso e, alla fine, Cantù o Milano, ammesso che tutte e due trovino in fretta un centro permanente: la Bennet perché deve smetterla di pascolare dove tutti le dicono brava, perché ha bisogno di cattiveria allo stato puro per essere competiviva come lo erano le sue grandi nonne ai tempi del sciur Aldo; l’Armani perché non può davvero sperare di vivere sul tiro da 3 punti, sui finali alla baionetta con i bassotti.
Sognare un campionato già allargato perché ci addolora davvero vedere retrocedere Brindisi, vedere in questi guai Teramo o Biella. Non accadrà e ce ne faremo una ragione chiedendoci cosa può essere successo proprio a Brindisi per passare da squadra considerata pericolo per tutte le grandi e mina svagata nel mare profondo, cosa capita in quel di Biella nel girone di ritorno perché non è la prima volta che vediamo gli Angeli diventare sassi, cosa può cambiare così tanto nel mondo di Montegranaro se una delle migliori squadre del girone d’andata è precipitata sulla spiaggia contaminata da radiazioni che, magari, si smaltiranno meglio lontano da Porto San Giorgio, ma che resteranno comunque se ai remi non tutti spingeranno nella stessa direzione.
Confessiamo che siamo confusi sul titolo da assegnare come allenatore dell’anno: Recalcati, Pianigiani, Trinchieri, Sacchetti, Vitucci. Troppi. Ma non daremo scheda bianca. Sappiamo già, invece, chi difenderemo nelle scelte di Azzurra, due che, per motivi diversi, non ci hanno mai fatto sorridere: l’Hackett da combattimento, non certo il frustrato vittimista dell’incomprensione NBA; il Datome giocatore totale non certo quello che con guanti e cipria tirava soltanto da tre punti.
Voti piperita da Boulder, Colorado.
10 A BELINELLI e GALLINARI per aver scoperto che il mondo playoff NBA è davvero diverso dal circo della stagione regolare. Se andranno avanti con la loro candela nel gorgo delle cose logiche scopriranno anche che mai avranno più gloria di quelle che potrebbe dar loro la maglia Azzurra. Lo dicano ai loro agenti. BARGNANI, forse, lo sa già.
9 A VITUCCI e ZORZI perché la strana coppia avrà comunque appeso al muro lo scalpo dei più bravi in attesa che il destino giochi con loro e con Treviso per un faccia a faccia play off da O.K. Corral.
8 Al DIENER di Sassari che fa volare White, che resta il giocatore più desiderato da tutti quelli che si sono trovati in casa dei finti registi, dei presuntuosi che fanno buchi sul terreno prima di scaricare un pallone. Milano, Treviso, Bologna e Roma sarebbero state davvero diverse con una mente così raffinata a guidare i buoi.
7 Al MAHORIC di Cremona che ha portato a termine la missione salvezza dando respiro ai progetti di Cremona, ad un’idea squadra dove si sono fusi insieme tanti tipi di basket, interessante anche quello italiano rappresentato da D’Ercole.
6 Al Denis MARCONATO che accetta sfide impossibili con gli atletoni di oggi, che copre per tutti, che si prende insulti per tutti, ma che alla fine procura dividendi per tutti. Restiamo dell’idea, certo non condivisa dal veterano e dalla sua famiglia, che con Azzurra al posto dodici terremmo gente così.
5 A Pino SACRIPANTI che si è fatto venire il sangue cattivo credendo alla voglia di pentimento dei suoi stranieri. Erano bugie e questi non vedono l’ora di andarsene a casa.
4 Ai RIBELLI di Montegranaro che hanno scaricato il capitano Pillastrini, ammutinati che meriterebbero, al momento dei rinnovi, un bel tostapane ed il foglio di via.
3 A Boscia TANJEVIC che ancora crede nella Roma dei suoi desideri, al PETERSON che ancora crede alla Milano dei suoi ricordi. Tutto è cambiato cari maestri. Non esiste più il mondo dove siete stati grandissimi.
2 A Dino MENEGHIN che sta diventando davvero troppo bravo come presidente federale, tempista sulle cose importanti, decisionista quando serve, saggio, se possibile, in certi ambienti, perché al centro gomme e pennini chi pensava di cucinarlo per il dopo Londra rischia di avere nella pentola soltanto la propria lingua salmistrata.
1. Alla POCA FANTASIA dei coristi stonati da stadio o palazzetto. Come si fa poi a dire, scrivere, che certe reazioni mostrano l’insoddisfazione del pubblico, che certi allenatori sono stati condannati dalla gente? Tutti falsi. I cori e i giudizi. Le società che sottostanno a queste dittature bananesche sono destinate a spegnersi.
0 Al CAMPIONATO giocato nelle giornate in cui i giornali non danno copertura. Sarà stata pure una data obbligata questo primo maggio, ma non diteci che Sky vi ha proibito di anticipare il turno al sabato. Ci rivolgiamo a tutti, non soltanto alla Lega condominio che non piace a nessuno, cominciando dal Livio Proli che, prima o poi, ci dirà, quale è il suo ideale di Lega, quali i progetti che aveva in mente e che il condominio non ha voluto ascoltare, quale tipo di squadra ha sognato per arrivare nello stesso mare di Siena e non ci dica che è soltanto questione di bilanci. Può farlo attraverso il solito canale rosa, ma anche altri ascolterebbero volentieri l’illuminazione.
CLASSIFICA POSSIBILE: 1 Siena 54, 2 Cantù 44, 3 Milano 44, 4 Avellino 32, 5 Treviso 32, 6 Bologna 30, 7 Varese 30, 8 Roma 28, 9 Caserta 26, 10 Pesaro 26, 11 Sassari 26,12 Cremona 26, 13 Montegranaro 24, 14 Biella 20, 15 Teramo 20, 16 Brindisi 18.
Oscar Eleni
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