di Oscar Eleni
Il commissariamento di Petrucci, gli arbitri di categoria, i numeri di Sky, il pubblico pagante, il reality Bryant, il tabellone del Forum, il nuovo direttore, Gallinari centellinato, le vigilie di Scariolo. Voti a Carboni, Casalini, Messina, Markovski, Rai, LaSette e Renzi.
Oscar Eleni ai confini del deserto indiano del Thar dove nel medioevo si fermavano i pellegrini e dove adesso ti fanno dormire nella casa del del Maharaja di Nagurt. Meditazione, gente. Sul duro banco di questo campionato nato settimino abbiamo perso la ragione e la capacità di capire.Perché la Lega ci dice che il campionato partito con terne arbitrali incomplete è da considerarsi fuorilegge? Parlano di non equità competitiva. Ci sfugge il concetto, per una organizzazione dove sul campo andranno squadre che hanno lo stesso sponsor. Per tornei azzoppati da carte selvagge inventate dalla loro fantasia. Ci confonde questo gridolino di dolore degli stessi che giurano di non aver mai provocato Meneghin con la piccola frottola della convocazione in giudizio, di quelli che, pilotati dai sommi pontefici del sistema accusano altri, molti altri, per la verità, di aver letto male. Abbiamo letto male noi e chi si è offeso come il presidente federale, come il Petrucci, l’uomo che si fece rege dello sport nazionale e che lascerà la carica ma non il potere, il viperigno che ha insultato Meneghin per non essere stato più duro con la combriccola del fischio e che lo esorta, un giorno sì e l’altro pure, a commissariare questa Lega di pazzi da slegare come direbbero quelli che hanno capito come si munge il latte dalla vecchia vacca a spicchi.
Confessione barbuta: nelle partite che abbiamo visto l’unico arbitro che non si vedeva era l’aggiunto preso in prestito da categoria inferiore. Quelli “bravi” pisciavano fuori dal vasino, l’apprendista faceva proprio l’arbitro: invisibile, ma presente. Strano effetto. Perché la Lega che pure ha due membri, eh sì, membri cara gente, in Consiglio Federale non si fa sentire nel consiglio stesso? Forse non era pronta all’ammutinamento di un settore che da quando è autonomo è proprio come il fallo intenzionale: tutti sanno cosa sia, ma nessuno sa come collocarlo sulla bilancia di una partita arbitrata con giustizia e senza sudditanze. Forse non aveva ricevuto il piccione viaggiatore dalla piramide dei faraoni.
Perché quei satanassi di SKY celebrano i 5 milioni di famiglie abbonate e continuano a dirci che il basket non aveva più di 40 mila telespettatori? Possibile che in 5 milioni di famiglie fossero tutti fuori quando il coro intonava l’inno del tiro sputato e dell’area pitturata?
Perché uno sport in crisi, malato dentro, con tutti i difetti tirati fuori dagli adoratori del sabatinismo, porta così tanta gente sulle tribune, gente a pagamento, s’intende, non presa a bordo strada? Se fate i conti non sono davvero popchi dalle Alpi della Serie A1 alle Piramidi dei campionati di presunta formazione.
Perché si fa così tanta fatica a trovare un appoggio economico per progetti seri e poi basta sventolare il tutù del Kobe Bryant, che intanto soddisfa il suo ego in un reality nel Missouri, per avere quattrini a palate buoni per pagare una esibizione anche 2 milioni di dollari o euro fate voi? Ma, come sapete dai sommi maestri del tempo di queste mele renette, non potremo mai capire perché non comprendendo il gioco e non amandolo come loro restiamo chiusi nelle nostre cantine, come succedeva a quegli americani furbi che quando Cuba diede alloggio ai missili sovietici si costruirono rifugi antiatomici invece di andare in piazza ad urlare per la pace. Perché non siamo stupiti da tutte queste night call che hanno reso ancora più affilato il profilo del simpaticissimo Sabatini? Quando i Bryant vennero a Milano per ridare vita all’Olimpia sappiamo come andò. Conosciamo l’antefatto e quello che è accaduto dopo.
Perché Milano ha ritrovato la strada per il vecchio Forum liberato, finalmente, dal tabellone segnapunti che incombeva sulle partite, fermandole spesso per malfunzionamento? Forse perché chi guida la società ha capito cosa voleva dire mezzo secolo fa Groucho Marx con quella frase storica illuminante per il fim Una ragazza in ogni porto, un titolo che va bene per chi pensa di essere competente sulla gestione di tutto, senza sapere che ogni giardino e ogni fiore hanno bisogno di un giardiniere instancabile, meglio se nato su quel prato, meglio se capace di non escludere, ma di includere: ”La storia della mia vita? C’è sempre uno che ama la mia ragazza e lei che ama lui”. Perché si diventa amari con il tempo? Perché quando pensi di essere arrivato scopri che basta un cambio del direttore per farti perdere una collaborazione. Il male è da mosche su elefanti, ma con tutta questa tecnologia uno spera sempre che ci sia almeno l’educazione del messaggio per chiarire, se non giustificare.
Perché Gallinari sì e Bryant no? Non riusciamo a trovare le parole giuste, basterebbero i comportamenti. Purtroppo non abbiamo visto il Mamba sul campo degli adoratori del messia, ma abbiamo seguito la prova del Gengis Gallo centellinato da un Sergio Scariolo che il tempo ha davvero maturato, cambiato, così lontano da quello che girava per giardini andalusi e spiagge calienti alla ricerca della cuccata magistrale, così diverso persino da quello che vinse giovinetto il suo primo titolo italiano, da quello tormentato dalle gelosie bolognesi extramoenia, dal don Sergio che pure ha fatto grandissime cose nei primi anni spagnoli. Ora l’hombre vertical convince e sa farsi seguire, ha creato uno staff tecnico di altissimo livello. La prova che è un valore aggiunto avere un Frates al confessionale tecnico, sapendo che è stato priore, l’avremo alla fine, ma per adesso funziona, come del resto ha fatto Pianigiani quando si è preso in casa il livornese Banchi.
Calma ragazzi. Una partita non porta primavera. Certo. Poi lo Scariolo che finge di essere tremebondo se vuoi andare a vedere i suoi allenamenti (“solo nell’ultima mezz’ora dell’ultimo allenamento perché non vogliamo sorprese sui siti pirata…) magari sbrocca, magari esagera. Vero anche questo, ma fra le esagerazioni non metteremmo l’allenatore mentale preteso nello staff dove è entrato anche Lupo Rossini, né possiamo pensare ad ammutinamenti vecchio stile calcio adesso che l’Olimpia ha deciso di passare le sue vigilie, per partite casalinghe, nel Giardino reale di Assago, là, fuori di mano, dove le eccellenze dell’Emporio ti guardano in cagnesco, attraverso guardaspalle, consiglieri muti che ordinano soltanto interviste esclusive per chi conta, per qualche dozzinale ironia sui soldi buttati per imparare l’arte in tre anni quando al Cepu del Ticinese avrebbero imparato molto prima.
Pagelle scambiate per le tigelle di Ugo che ci mancano, come ci manca la Bologna che friggeva e viveva per la sua rivalità, quella che Iannacci, il giornalista non il cantautore, fotografa bene raccontandoci cosa avrebbe fatto magari Porelli con i soldi per la nube Bryant, come sarebbe stata la Fortitudo se il perfido Iago da spiaggia non fosse intervenuto per convincere Giorgio Seragnoli a strangolare l’unica creatura che davvero gli dava amore e solo per amore.
10 A Massimo CARBONI e Franco CASALINI tornati in pista per TV locali. Il Carbonchio interista, la sua meravigliosa voce per le partite di Montegranaro nel giardino di Ancona dove Massimo Crovetti ha ritrovato il fiore della vita creativa per gli altri come ai tempi in cui la Lega pensava anche agli altri. Il Casalino special che inebria persino editori pronti a farci conoscere il suo linguaggio al borotalco SKY, presentazione in Feltrinelli, dicono quelli che sono stati invitati, tre giorni dopo il lancio del libro di Vanetti sul Dino Meneghin a cui vogliamo sempre bene anche se resta in debito perché la sua vita dall’alto l’avevamo già scritta e volevamo soltanto ampliarla. Bei ritorni e complimenti a tutti gli scrittori del regno.
9 Ad Ettore MESSINA che il 21 ottobre sfuggirà alle superstrade angeline per essere ospite, insieme a Fabio Capello, del master SBS della Ghirada, della Verde Sport dove, per fortuna, il tuono del vero Buzzavo non manca mai e ci dà speranza per un domani cestistico al livello della storia creata da Gilberto Benetton, da lui non da altri della famiglia che preferivano rumori assordanti ieri e purtroppo anche oggi.
8 A Danilo GALLINARI che non è ancora Parker, Nowitzki, Kirilenko, Durant, ma che ci dimostra come la classe dei grandi campioni si può valutare prima di tutto studiando il loro cervello, per come si avvicinano agli altri. Lo avevamo già notato anche in Nazionale, prima che qualcuno arrivasse a confondergli le idee costringendolo a violentare la vera natura di chi sa cosa vuol dire squadra, amicizia, gruppo.
7 Al popolo VIRTUS Bologna per il record di affluenza a sostegno della squadra che c’era e non di quella che avrebbe potuto essere se…, come diceva l’allenatore nel film Colpo vincente. Diamo alla gente giocatori da amare, pazienza se sotto non hanno il vestito dell’uomo ragno.
6 A Zare MARKOVSKI che nel silenzio cammina insieme ad una delle Fortitudo che stanno sul crescentone. I grandi maestri sanno insegnare anche nella foresta cubana, come diceva il Che di cui ricorre l’anniversario della trucidazione. Per questo siamo ancora sbalorditi sapendo che a bordo ring, lontano da questi presidenti apprendisti, stanno uomini come Repesa, Attilio Caja, lo stesso Tanjevic che incautamente aveva mandato il fido Prodanovic nel suo appartamento di Roma dove era stato già alloggiato un giocatore. Boscia liquidato in stile Toti? Dicono, ma noi crediamo ancora negli occhi buoni dell’uomo triste e solo. Quindi? Fate voi e se qualcuno è attento chiamerà Tanjevic per un progetto che vada oltre l’iperuraneo, partendo magari dalla terza serie. Lui non ci sa stare senza campo.
5 Alla VARESE nervosa che deve fare i conti con un bilancio da onorare e non può prendersela se altri portano a casa fenomeni e a lei toccano terze scelte. La calma non passa dai Goss e dire che il grande moro se ne è andato per incomprensioni con Micione Charlie ci fa sobbalzare: a parte Mancinelli e Bargnani, forse Belinelli, l’allenatore tricampeon non ha mai litigato con nessuno.
4 Alla CANTU’ smaniosa che aveva messo sotto tiro Leunen. Ora Trinchieri è felice di aver ritrovato il suo uomo verticale al ghiaccio fragolino. Marciare insieme e siamo sicuri che le cose andranno anche meglio se non arriverà alle liti per puro capriccio, per scelte uterose. Vi diciamo subito che Parakouski o come si chiama il tipo lo prenderemmo dove c’è carta velina sotto canestro. Non sembra simpatico. Non è il solo. Costa troppo. Non è l’unico se pensiamo che Vitali e Mordente stanno ancora a guardare soltanto perché non hanno abbassato le loro rischieste economiche. Ma anche questi due verranno poi implorati di salvare squadre malfatte e allora sotto ricatto si pagherà molto di più.
3 Alla domenica RAI che schiaccerà il basket nel super calcio notturno. Alla RAI dei due canali sportivi che ci promette zucchero filato e poi, come succede spesso con la pallavolo al tie break, è costretta a rimandare tutto. Se lo fanno all’inizio è pericoloso perché alla fine diventeranno arroganti menefreghisti come ai tempi in cui persino le finali cominciavano in ritardo.
2 Alla SOLFA dei telecronisti del “La7” che insistono sul fatto di dover spiegare tutto dal primo cesto di frutta di fratel Naismith per attirare gente mai stregata prima dalla pallacanestro. Siate voi stessi, siate umili fornitori di buone didascalie, siate spiritosi, se ne siete capaci, ironici, se avete questa dote e non pensate che siano tutti stati a Formentera, raccontate cose che vadano al di là di quello che si vede, ma non spaccateci i maroni con questa storia del pupo pubblico da erudire.
1 Al presidente di Lega RENZI che reagisce feroce quando provi a considerare normale l’assenza dalla presentazione del campionato del Meneghin preso a calci in faccia. Urlare agli altri di aver capito male, di essere in malafede, vale nei cinema di provincia, ci sono posti e non soltanto quelli per storie d’essai come quella vista ieri a Cantù in onore di Aldo Allievi, dove serve ben altro, dove magari basta un comunicato ben fatto, il giorno dopo, il giorno prima, il giorno stesso, per essere capiti e compresi e mai compatiti.
0 Alla SETTA degli arbitri che litiga sul solito pezzo di isola maledetta dell’inferno dove ogni fischiata qualifica. I naufraghi della A2 hanno fatto spesso migliore figura di certi sindacalisti o crocieristi in servizio permanente al solito desco dell’ultimo prence, di chi urla al mondo che ha prove contro arbitri quasi corrotti e poi davanti al giudice sportivo cade dalle nuvole dove si beve e straparla.
Oscar Eleni
(10 ottobre 2011)
1 commento:
Letto tutto d'un fiato il libro del Menego, privilegiato l'aspetto ludico rispetto al basket giocato, con un'anedottica infinita sulle goliardate da spogliatoio e dintorni. Spassosamente inquietanti gli aneddotti sul the freddo di Bisson e sul "tiro alla fune" tra le matricole Rizzi e Gualco. Molto interessante il capitolo sugli allenatori avuti, dallo scopritore Messina a Tanjevic passando per Gamba, Rusconi, il Penta, Peterson, Casalini e sopratutto il Prof. Aza. Da leggere decisamente.
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