di Simone Basso
Dovreste vedere le facce degli interlocutori quando, parlando di sport, diciamo orgogliosamente di non tifare per nessuno. E' un assioma che ci consente una fruizione più gradevole degli aspetti tecnico-tattici delle contese. Rimangono le simpatie umane ma il fanatismo proprio no, non fa per noi: perchè, durante un concerto sinfonico, dovremmo parteggiare per gli ottoni invece che per gli archi? Il tifo è una malattia infantile come gli orecchioni: da piccoli le conseguenze sono minime, da grandi invece si gonfiano i cosiddetti e si rischia grosso... Però, in fondo al cuore, qualche culto pagano lo conserviamo ancora. Il più lieve, divertito e irrazionale è quello che coltiviamo per i Clippers, storicamente la fazione sbagliata della Los Angeles cestistica.
Una passione nascosta ma non troppo, che all'apertura delle danze della regular ci fa cadere lo sguardo, ogni volta, sul risultato Veliero della notte: succede nei primi due mesi poi, in perfetto stile Paperclips, ci si adegua alla solita stagione sotto il cinquanta per cento di vittorie... Figli di un Dio minore sempre e comunque, i rossoblu sono un universo a parte anche nel disciplinato (dalle leggi..) professionismo americano. Ecco perchè pensiamo, essendo d'uopo l'ambientazione losangelina, che Roy Batty sia uno dei nostri: difatti abbiamo visto cose, noi clipperologi, che voi umani non potreste nemmeno immaginarvi.
La saga della franchigia partì nel 1970 da Buffalo, costa est, con la ragione sociale Braves; preistoria Nba dell'espansione con scalfiti già nei cromosomi le caratteristiche peculiari. In ordine sparso, il gusto per i fuoriclasse dalle mani alla Rostropovich, le scelte e il mercato dissennati e, last but not least, una sfortuna cosmica. Il pubblico scarseggiava in una città consacrata all'hockey e alla Nfl, al draft passarono oltre Calvin Murphy, futuro Hall of Famer, e tre apparizioni ai playoffs (che considerando lo standard californiano sembrano prodigiose..) non bastarono per radicarli. Erano gli anni dell'Uomo Cavallo Kauffman, di Randy Smith e di un allenatore leggendario, Jack Ramsay. Ma soprattutto fu l'era aurea di Bob McAdoo, sensazionale Nowitzki ante litteram, che realizzò un lustro inenarrabile: centro atipico, un cinque di agilità con le gambe di un quattro e la tecnica di un tre. A dirla tutta, definizione abusata ma in questo caso meritata, era un giocatore del ventunesimo secolo che giocava trent'anni prima.
Le turbolenze societarie, ahiloro, furono innumerevoli e vi risparmiamo i dettagli dei passaggi di proprietà (quattro in otto anni!); la decisione di spostare i Braves a ovest fu presa da Irv Levin, che scambiò la franchigia (sic) con il precedente owner, John Brown. Levin, incredibile ma vero, gli diede i Boston Celtics: un po' come vendere uno Stradivari per una chitarrina Eko... Prima del trasferimento, un Picasso: per qualche dì, nel roster, la frontline fu costituita da Moses Malone, Bob McAdoo e Adrian Dantley. Appurato che in alcuni momenti avrebbero dovuto giocare con due Wilson contemporaneamente, trattasi di un trio irripetibile che la dirigenza diede via, in un anno, in saldo.
La vernice della nuova edizione, i Clippers, fu a San Diego. Lì si rinnovarono le qualità (...) che ne amplificarono la fama, dubbia anzichè no. Squadre poetiche, zeppe di genii incompresi, il gusto forte per la rimpatriata di una gloria locale e la spiaggia garantita per l'intero staff dopo l'ultima partita di stagione regolare. Fu il tempo della coppia Freeman Williams-World B. Free, frombolieri dal talento debordante quanto ingestibile, del poliedrico Michael Brooks (stroncato da un infortunio, altro deja vu Veliero) e di Joe Bryant, papà di Kobe, una guardia rinchiusa crudelmente nel corpo di un'ala forte. La firma del Bruin Bill Walton, parcheggiato in lista infortunati in attesa di un anello trifoglio, diede il via alla serie infinita di enfant du pays. Prima e dopo El Ei, dal 1984 in poi, la sfilata è suddivisibile in tre categorie ben distinte: i califfi in prepensionamento, Marques Johnson (ai Bucks era un'iradiddio), Jamaal Wilkes, Baron Davis, quelli prossimi a un incidente che ne avrebbe rovinato la carriera (Norm Nixon su tutti); infine le stelle di un firmamento promesso e mai realizzato, i John Williams.
Nel trambusto l'arrivo (epocale) del Presidentissimo, ovvero Donald Sterling, che meriterebbe un'enciclopedia a parte. L'odissea del Benito Fornaciari yankee è mostruosamente bipolare, quasi impossibile da capire con la nostra mentalità, pallonara e avariata. Il palazzinaro di Beverly Hills acquistò i Clippers nel 1982 per nemmeno tredici milioni di dollari; l'altroieri, senza ancora Chris Paul in vetrina, ne valevano trecento. Pur avendo gestito (?) la barzelletta più divertente dello sport stelle e strisce, in questi trent'anni il Tokowitz ha guadagnato una montagna di soldi. Imprenditore d'assalto, squalo del Pacifico, ha rappresentato per eoni la pecora nera di Sternville. Assunse Elgin Baylor da giemme, una provocazione o semplicemente una genialata: se volete realizzare l'entità della mossa pensate, in ottica italiana, ad Alessandro Del Piero amministratore delegato del Torino Football Club. Le leggende metropolitane sul personaggio si rincorrono: dalla segretaria personale incapace di battere a macchina ma coniglietta di Playboy, fino agli insulti dalla prima fila al Barone ("Fat! You're out of shape!") passando all'immortale risposta a un suo dipendente sul perchè i Clips risparmiassero sulle calze ("Con i soldi che prendono i giocatori, che se le comprino..."). L'immagine, malgrado interventi di chirurgia estetica che lo avvicinano alla fisiognomica del Joker di Frank Miller, non è migliorata neanche con l'annuncio di propositi filantropici. Forse perchè lo sbandieratissimo centro di assistenza nella Downtown LA, a favore dei senzatetto della zona, non si è ancora concretizzato; in compenso l'area edificabile è una realtà concreta... E sorvoliamo sulla storiaccia che coinvolse l'allenatore Kim Hughes, per carità di patria.
Ma Donald, cavaliere pieno di macchie ma privo di paure, rimane lo yin della novella; lo yang l'hanno incarnato i Piatkowski ("Bel tiratore quel bianco, Pietqualcosa.." "Piatkowski presidente, gioca con noi da sei anni...") di quel mondo. Il tremendismo Clippers si realizza nei draft scemi (Olowokandi) così come in quelli visionari che promettevano la conquista del sistema solare: un fenomeno del livello di Danny Manning, atteso a prestazioni messianiche, si ruppe il crociato alla ventiseiesima partita dell'annata da matricola (1989). Diciotto anni anni più tardi Shaun Livingston vide in frantumi prospettive oniriche, alla Penny Hardaway, a causa di un incidente sul parquet dalle dinamiche raccapriccianti. Dal trasloco hollywoodiano, in quasi tre decenni, hanno collezionato solo quattro partecipazioni alla post season e una volta ci si andò (1997) pur provando disperatamente, come del resto fece mezza Nba, a piazzarsi per la lotteria. Il 36-46 infatti non bastò per almeno fantasticare su un certo Tim Duncan e al primo turno arrivò puntuale lo zero tre contro i Jazz di Stockton e Malone.
L'anno prima, in pieno boom commerciale della lega, persino la Cnn si interessò al caso: l'intervista, epica, fu all'unico spettatore che occupava un settore intero della Memorial Sports Arena. The few, the proud, the Clippers fan. Il fortunato possessore dell'abbonamento rispose nello stile, ironico, chic e snob, dell'appassionato Veliero. D'altronde l'altra metà di Los Angeles vanta pochi tifosi vip ma essenziali: Billy Crystal e il mitologico James Goldstein, insostituibile gola profonda del gossip En Bi Ei. La ricerca della bellezza, dell'incanto cestistico, ha regalato talvolta il primissimo Odom, un animale da basket troppo divertente per essere vero, e la cavalcata incompleta del 2006. Quando un'unità improbabile di birbe collaudate (Cassell, Mobley, Brand, Maggette) e di sbarbatelli (Livingston, Kaman, Ross) giunse ad un supplementare da una clamorosa finale occidentale.
I Clippers più estatici rimasero comunque quelli del periodo Larry Brown, il campionissimo pazzo delle panchine. Un anno e mezzo indimenticabile. Lui a educare e incitare l'armata, Danny Boy (il supereroe Jayhawks) a fornire l'esempio sul campo: mani e piedi da Olimpo della specialità. Con loro, una sorta di prerogativa filosofica del sosia di Captain Nice, un gruppo di atleti geniali e un po' sprecati. C'era ancora il Ron Harper degli esordi, una guardia volante e polivalente, totalmente estranea a qualsiasi concetto difensivo (quello dei Bulls sarà stato il gemello monozigote...). Il serpente Ken Norman e il generale Gary Grant: messi assieme, le doti offensive di uno, il palleggio dell'altro, ne sarebbe uscito un All Star. Poi Mark Jackson, principesco in post e nelle assistenze in traffico; l'uomo più posterizzato nella storia dell'Nba. Poverino, capitò sotto canestro durante una space jam del Jordan anni ottanta, che gli atterrò sulla testa realizzando un numero teletrasmesso migliaia di volte. Ma il quadretto più imbarazzante per il newyorchese rimase una due mani, con la zazzera bionda al di sopra del ferro, di Tom Gun Chambers che lo saltò nemmeno fosse un puffo. C'erano i finti magri Stanlio Roberts e Hot Plate Williams, entrambi di scuola LSU: il primo rinunciò al ruolo di centro dominante per dedicarsi alla vida loca, il secondo (Einstein sul legno) preferì il pollo fritto e la birra alla gloria eterna. Infine, per completare lo zoo, Lester The Molester Conner, un cerbero dalle mille vite. Nel 1993, li mortacci, nei playoffs beccarono la pagliuzza cortissima: gli Houston Rockets di un Hakeem Olajuwon irresistibile. Persero alla bella di quattro, giocando in maniera esemplare: Brown aveva a disposizione quintetti dove tutto il personale giostrava, indifferentemente, spalle o fronte a canestro. Peccato che il Profeta nigeriano quella sera fosse intrattabile; a referto infatti scrisse 31 punti, 21 rimbalzi e 7 stoppate. Buonanotte.
Si arriva così all'attualità stretta, al termine di un bordone devastante di sconfitte e illusioni. Una quarta dimensione cestistica, laterale e subalterna rispetto allo strapotere dei Lakers: la foto migliore, per rappresentare il contrasto tra cuginastri, fu un derby durante l'epopea del miglior Shaq. Al quale, in trasferta, declinarono l'acquisto di una sessantina di biglietti per festeggiare il compleanno; O'Neal, infuriato, si vendicò realizzando un chamberlainesco 61 (punti) e 23 (rimbalzi). Oggi Sterling, roba da stropicciarsi gli occhi, si è messo a investire qualche dollaro e la calata di Paul è un bel simulacro del progetto complessivo: spostare le sfilate gialloviola dello Staples al pomeriggio e occupare le serate. Praticamente la rivoluzione francese con la presa della Bastiglia. Il Pifferaio Magico non si può confondere con un Rondo qualunque, essendo il normodotato (...) che ha maggiormente influenzato le sorti tattiche del gioco dai tempi di Isiah Thomas. Con lui, se in salute, gli altri nove sono costretti alla chrisball: Sternville freme già all'idea di un pick and roll tra CP3 e il Ragazzo Molla Blake Griffin. Continueremo appunto a veder cose che voi umani nemmeno immaginate, però in uno scenario impossibile da pensare fino a pochi mesi fa. E il contorno, l'insalata russa, ci pare competitivo: Caron Butler, Chancey Billups, DeAndre Jordan, Randy Foye. Ma ai Clippers, essendo i Clippers, sicuramente accadrà qualcosa di negativo; ci rimangono un miliardo e mezzo di anni prima che la luna, allontanandosi definitivamente dall'orbita terrestre, concluda la storia umana. Entro quel tempo, forse, isseranno finalmente il bandierone celebrativo del titolo. La confraternita sarà sciolta cinque minuti dopo: che banalità vincere l'anello...
Simone Basso (21 dicembre 2011)

31 commenti:
Grande Simò
i clips come concentrazione di disgraziati, talento e sfiga secondi solo ai jailbrazers..
gli aneddoti sul proprietario mi hanno incuriosito, ora cerco qualcosa sul web..mitico hot plate, lo ricordo meglio ai bullets, lui era un grande davvero.
cmq secondo me billy cristal quest'anno si diverte parecchio.
p.s.a chi interessa le prime due settimane di RS sono gratis su NBA league pass!
lo stavo aspettando un articolo sui Clippers.
Fossero riusciti a tenere Gordon nella trade avrebbero davvero potuto puntare alla vetta dell'Ovest, così saranno comunque un brutto cliente per tutti. Ammesso che le ginocchia di Paul e Griffin tengano, ovviamente..
Stavo per scrivere lo stesso commento di Furio... bè... lo quoto.
Per il resto complimenti a Simone e lacrimuccia per i Clips anni novanta (per gli altri sono troppo piccino...).
Ovviamente concordo anche con la sfiga cosmica dei Blazers, specialmente quelli post-Jail... inizio a pensare che abbiano fatto qualche sgarbo di quelli imperdonabili alla dea bendata.
quanti ricordi...i miei "Clippers" sono stati i mitici Braves e la prima versione di San Diego col mio adorato All World. Ricordo come fosse ieri l'All Star Game 1978, con la fantastica prestazione del compianto Randy Smith, MVP della serata. E poi la telefonata a Superbasket, che usciva l'indomani, per racconto e tabellino da inserire nella rubrica "Ultima Ora" (dal nostro inviato a New York)...peccato che io, in realtà, fossi nella mia stanzetta in zona San Siro attaccato alla radio della NATO :-)
@Zoleddu:merci!
La differenza con Portland è di quota.
I Blazers hanno messo assieme una striscia di ventuno partecipazioni consecutive ai playoffs dal 1983,venticinque su ventisei dall'anno della gloria(1977).
Il Rose Garden è sempre pieno e,in almeno due circostanze,sono arrivati a un centimetro dal bis(non negli anni che fecero la finale però..).
I Clips non hanno mai nemmeno issato un banner del titolo divisionale(sic)e gli impianti,in special modo verso primavera,paiono forni a microonde...
Hot Plate era meraviglioso in rossoblu,160 chili più o meno,un figurino.
@Furio:Gordon è uno dei giocatori più sottovalutati della lega.
E' anche uno dei pochi veramente bidimensionali,nel senso che difende sul serio,un piccolo Joe Dumars o Dennis Johnson.
@Chad Palomino:grazie.
Avrei voluto vedere Danny Manning,il suo impatto sull'Nba,senza quel maledetto incidente.
Ma sono certo che,senza la seconda rottura del crociato,almeno la stagione 1995 avrebbe avuto un epilogo differente.
Per me,con lui in campo,quella Phoenix andava ad anello.
@Straw61:aneddoto mooolto divertente.
Fa il paio con la posta al direttore,con Mario Martinucci da Pesaro o Stefano Meroni da Vigevano che ponevano le domande giuste per consentire una zingarata di Mister Pressing...
Ah,mi auguro che abbia notato l'assenza di citazioni per un grande dei Braves,perchè non è casuale.
Torneremo sull'argomento.
@ Simone: pensa che io sono tifoso (forse sarebbe meglio dire simpatizzante) di Phoenix grazie a Kevin Johnson e che gli anni in cui mi appassionai di più furono quelli di KJ, Barkley, Manning e compagnia.
Caro Simone, i tifosi delle squadre COSI' sfigate sono dei privilegiati.
Ho avuto il privilegio di scoprirlo grazie ad un ragazzo di Boston in Italia per una sorta di erasmus intercontinentale.
In autunno, nel 2004, i Boston Red Sox vinsero prima la finale di serie contro gli Yankees (da 0-3 a 4-3, una cosa epica) e poi il titolo.
Non vincevano da mezzo secolo.
Io ero un simpatizzante con un amico sfegatato ed ho avuto solo un pizzichino di quella gioia, ma ho avuto la netta sensazione che fosse qualcosa che i "soliti vincenti" non proveranno mai.
@Caizzi: è quello che proviamo noi interisti, visto che non siamo la squadra del partito, nè la squadra del gruppo industriale italiano per eccellenza...
Simone, ho notato, ho notato, che del paisà non v'è menzione...
Bel post...dei Braves non citati ricordo Ernie Di Gregorio, visto a fine carriera dal vivo in un'esibizione di pro in Italia (fine 70/inizio 80 non ricordo con precisione) e soprattutto Marvin "Bad News" Barnes...10/10 dal campo nei playoff NCAA, armi nell'armadietto, accompagnatrici in aereo...non vedo l'ora di post su di lui...
ricordavo vagamente la storia ma per precisione riporto quanto scritto da wikipedia:
"His nickname, "Bad News", came from his frequent off-court problems. These began when he was a senior at Central High School. He was part of a gang that attempted to rob a bank. He was quickly identified as he was wearing his state championship jacket with his name embroidered on the back...
stava tentando di rapinare una banca indossando il giubbotto scolastico con scritto il suo nome sulla schiena...praticamente un genio!
eh, eh, su Bad News se ne potrebbero scrivere a iosa...come quando si rifiutò di prendere un aereo dopo aver letto sul biglietto che l'orario d'arrivo sarebbe stato anteriore a quello di partenza (il volo era tra due cittadine vicine ma con diverse time zone): "col cacchio che mi farete salire su una dannata macchina del tempo !!!" :-)))
eh si non ci sono più gli atleti di una volta...
"Marvin Barnes was past his prime by the time he got to the Braves,”. “But that didn’t stop him from still going around in style. Marvin was late pretty much for everything, so one day the team is practicing at a high school in Buffalo and Marvin comes in a half-hour late. But that doesn’t bother him one iota. He walked into that practice with a beautiful woman on each arm. He sat them in the bleachers at this school gym and they waited patiently until practice was over. Afterward Marvin cleaned himself up and then walked out of the joint with one on each arm.”
Bad News giocò anche a Trieste nell'allora Hurlingham lasciando in città un ricordo indelebile purtroppo però più per le sue imprese lontano dal campo che per quanto fatto sul parquet, anche se riuscì cmq a mostrare sprazzi del suo enorme talento; voci dicono che chi entrava a casa sua si vedeva portare una zuccheriera ripiena di "zucchero" con i più ingenui a sorprendersi che non arrivasse in seguito nessun tipo di bevanda da zuccherare e si millanta che l'uomo sollazzò più di una signora della Trieste bene con i suoi notevoli attributi fisici; dopo sette partite e innumerevoli tentativi della dirigenza triestina di porre un freno all'"esuberanza" del nostro, per motivi di stupefacenti e, si vocifera, di abusi su minori, la giustizia italiana ne ebbe le tasche piene e gli consegnò il foglio di via, seguito a pochi mesi di distanza da quello consegnato ad uno degli americani più fenomenali che abbiano calcato i nostri parquet ovvero Rich Laurel, anche lui non propriamente uno stinco di santo ma capace di far innamorare una città della palla color del sole
concordo su Laurel, assolutamente straordinario...lo vidi per la prima volta alla Baker League, la lega estiva di Philadelphia e mi fece subito una grandissima impressione...un Gervin mancino, sia come fisico, sia come capacità di metterla in 1000 modi diversi. Nei suoi anni italiani non mi persi una sua partita a Milano e dintorni.
@Andrea: l'esempio sarebbe buono se tifassi per lo Spal, non per l'Inter.
@Chad Palomino:senza D-Mann quei Suns andarono avanti 3-1 nella serie.
Malgrado quell'Olajuwon,mostruoso,non penso che con l'ex Clippers si sarebbero salvati.
Danny,prima dell'infortunio(cascò su un piede di Joe Kleine in allenamento..),era il collante del combo.
Partiva da sesto uomo di lusso e consentiva una dimensione sconosciuta a Phoenix:KJ era un fenomeno in transizione e in uno contro uno,ma non era a suo agio nel controllo di certe contese.
Manning come regista occulto(e clutch player)copriva questo buco.
@Caizzi:hai citato un caso estremo,forse la rivalità più sentita nella storia dello sport americano.
La maledizione di Babe Ruth e tutto il resto...
I Clippers sono il simulacro di una dannazione lieve,parecchio ironica.
@BP:spasiba.
Su Barnes dovresti rileggerti un'introduzione ne "L'uomo dai mille movimenti",minibiografia su Roger Brown e l'Aba.
La trovi proprio su Indiscreto.
Sul duo che rese leggendaria un'edizione di Providence,prima o poi,arriverà un pezzo.
@Krug:nei Braves semidisastrati del 1978 giocarono tre glorie del Friuli Venezia Giulia(sic).
Jim McDaniels,la versione catatonica di 'Sheed Wallace,Marvin Barnes,ormai flippato,e Swen Nater.
@ Simo: KJ era un ottimo play, uno dei migliori della lega dopo Magic e Stockton... io parlavo di infatuazione sportiva giovanile (oddio... direi bambinesca) per lui, che mi fece cominciare a tifare per i Suns di KJ, Chambers, Majerle, Hornacek e compagnia bella. Poi la squadra che ricordo meglio e con più affetto è quella della mia adolescenza che sfiorò un paio di titoli (d'accordissimo sulla funzione tecnica di Manning, giocatore fantastico per quel che ricordo, in quei Suns).
@Chad Palomino:yep,i Suns hanno sempre amato l'up tempo.
La squadra fine Ottanta,inizi Novanta era un portento:tecnica,dinamismo,versatilità.
Peccato mancasse un centro.
O meglio,c'era ma si vedeva troppo(Oliver Miller,che se non fosse stato la controfigura di Aldo Fabrizi sarebbe stato un All Star o quasi..).
Prima dell'era D'Antoni/Nash una citazione per l'intermezzo col doppio-triplo-play(Kidd,KJ e pure Cap Canada sbarbatello..),i voli di Toto McDyess e le missioni possibili di Rex Chapman.
Simo, smettila di farmi piangere ;)
@Chad Palomino:
http://youtu.be/qNQciUiALnE
Era un assist alla Nash...
@Magister
http://www.youtube.com/watch?v=XzbdY_rPtjw
http://www.youtube.com/watch?v=Z19i6RDfShQ
Acirema peed
Italo
@Italo:poi dicono che si butta a destra...
I Lynyrd Skynyrd hanno scritto canzoni notevolissime...
Sono più legato alla versione originale,anche se Ronnie dal vivo era calante di brutto...
"Simple man" era quindici anni avanti ma in molti,ahinoi,non lo sanno.
Denver è troppo pulito per i miei gusti.
Amo il folklore quando si mescola con il sangue e la fogna.
Ah,parlando di 2011 questo è il pezzo pop dell'anno.
La polaroid di un periodo.
Cantata da una donna improbabile come le sue labbra al silicone.
Decadente,languida,quasi minacciosa.
Musicalmente fa parecchio Badalamenti.
http://youtu.be/HO1OV5B_JDw
@Simone
concordo con te su sin lips....
la canzone di Denver è molto citata nei film americani, anche se you don't feel Johnny Cash? you can't understand America...
http://www.youtube.com/watch?v=N5Ts4M3irWM
se lei maestro è intriso di grand grignol, io lo sono di musica non conforme:
http://www.youtube.com/watch?v=6JsNFPC2eW0
Italo
Cash è pure schiattato bene,nel senso che con Rubin ha inciso cose notevoli prima di lasciare questa valle di lacrime(sic).
L'altro è troppo Magazzini Merula per i miei gusti.
Visto che abbiamo rotto gli argini le propongo un pò di avant-jazz-prog(un'onomatopea meravigliosa..).
Dalla Francia con furore,nel bel mezzo degli Ottanta.
Misconosciuti e interessanti.
http://youtu.be/uBHGmlrjP2k
@Simo, meno male che la Del Rey esiste, sopratutto dopo la morte della Winehouse...
Non mischiamo Cash con Denver, plizzz ;)
@ Simo: Che pezzo era l'ultimo che hai postato, visto che il video sul tubo non c'è più?
@Chad Palomino:vabbè,allora vado sulla digestione lenta.
Rituali,psicotici,spietati.
E dalla terra di Filippo Gilbert...
http://youtu.be/y9nc5RI9sSk
Bellissimo ascoltarli con la modalità neve che scende...
@Tani:è stato il mio primo pensiero quando mi sono imbattuto nel video.
Colma,a modo suo,il vuoto lasciato dalla dipartita della Winehouse.
Ciao Simone, ci siamo incontrati al tour de l'avenir 2011. Volevo farti i complimenti per gli articoli che scrivi che sono sempre molto interessanti. Volevo scrivertelo già tempo fa per email ma non ho trovato il tuo indirizzo. Buon Anno. Marco
@Marco:ciao,certo che mi ricordo di quel pomeriggio all'Avvenire.
Grazie per l'apprezzamento,la mail è info@enomisossab.com
Buon anno anche a te!
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