Per ammiratori e avversari lui è il Cannibale: la litania dei record non rende giustizia alla grandezza di Armin Zoeggeler e non rende giustizia nemmeno allo slittino, che conta molti più praticanti di altre discipline olimpiche e ha difficoltà tecniche che nessuna telecamera riuscirà mai a rendere. Una delle condanne del calcio sono gli spettatori, per non parlare dei giornalisti del genere «l'avrei segnato anche io». Ecco, allora lo slittino non fa per loro: al di là di trascurabili differenze come qualche miliardo di tifosi e di euro in meno, l'essenza di questo sport è che anche a livello dilettantistico è solo per pochi, non tanto per la tecnica, quanto per un fattore determinante: la paura. Cioè il senso di impotenza di fronte al pericolo che prova chi si tuffa a 120 chilometri orari in quel budello senza alcun tipo di protezione, a parte quella divina.
Non ci stiamo ovviamente riferendo a chi durante la settimana bianca va sugli ultimi cinquanta metri della pista baby con lo strudel sullo stomaco, ma a chi abbia provato almeno una volta nella vita ad andare in una pista vera e propria. Così, ecco che abbiamo deciso di rompere il ghiaccio a San Candido, Alta Pusteria, su una pista considerata facile dagli appassionati «veri», quella del Baranci: salita in seggiovia e tre chilometri spaventosi per chi si butta per la prima volta, con la testa all'indietro ad imitare i campioni ed il timore fondato di non riuscire a frenare.
Pronti, via: non c'era il volante, come da ignoranti credevamo, ma nemmeno un qualche tipo di timone. Insomma, regola numero uno, per non dire unica: si curva di puro corpo, già dalla prima curva, particamente un muro. E poi come freno (che non c'è... ) non esistono altro che piedi, mani e banali leggi aerodinamiche. Ecco allora una curva, poi un’altra, e poi - fatta la pista facile - abbiamo provato a salire di livello, mettendo finalmente il casco e le scarpe giuste (in pratica con una suola dai chiodi in gomma). Ma il risultato è stato lo stesso: la paura cieca non se ne è mai andata. E stiamo parlando di velocità da pensionati e di pseudopiste, magari pericolose ma quasi sempre naturali e non come quella - bellissima - di Cesana Pariol, 1.233 metri, costruita per l'Olimpiade 2006 e adesso utilizzata anche per la coppa.
Così, dopo anni da fedelissimi spettatori (grazie Eurosport), alla fine di dieci minuti da paura (Zoeggeler ce ne metterebbe uno e mezzo... ) non si può che ribadire l'ammirazione totale per il 34enne Armin, anche ieri ad Altenberg dominatore della tappa di Coppa del mondo dopo la fresca delusione del quinto posto ai mondiali di Oberhof. È il duro destino dello slittinista, o primo o fuori anche dalle brevi dei media nazionali perché non fa notizia. Così non fa notizia il fatto che viaggi a oltre 120 (ad Altenberg nella seconda manche ha sfiorato i 124) all'ora su uno slittino in quel muro di ghiaccio che abbiamo visto così vicino. Non fa notizia: fino a quando si prova davvero a vivere un giorno da Zoeggeler, sia pure da Zoeggeler di serie zeta. E di sicuro, anche andando piano, oltre al divertimento alla fine c'è solo una domanda: ma come fa?
(pubblicato sul Giornale di lunedì 4 febbraio 2008)
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