Si può dire che il minuto di silenzio per Candido Cannavò, sui campi di tutta Italia, ci è sembrato esagerato? Certo, nel recente passato ci sono stati momenti di raccoglimento dedicati a delinquenti, quindi l'omaggio ad un giornalista famoso e onesto non dovrebbe destare scandalo: però che Giacomo Bulgarelli sia stato ricordato solo prima delle partite del Bologna è una cosa che fa pensare. A chi ha, o ha avuto, un minimo potere e a chi non l'ha mai avuto. Comunque anche fuori dalla sfera pubblica, guardando a nostri familiari o amici senza messaggio di cordoglio di Napolitano e Fini, la retorica del coccodrillo impone che tutti siano stati grandi maestri di qualcosa: Cannavò non fa eccezione. Senza parlare dell'uomo, che non conoscevamo, possiamo però umilmente dare un giudizio da lettori su quello che il giornalista ha rappresentato per la stampa sportiva italiana. Fondamentalmente Cannavò è stato il continuatore dell'opera di Gino Palumbo, nome che ai giovani dirà poco ma che è stato l'artefice di cambiamenti che hanno portato, nel bene e nel male, il giornalismo sportivo ad essere quello che è oggi: l'abbandono del tecnicismo, il superamento della cronaca, l'uso massiccio di interviste e dichiarazioni. Tre pilastri anche della direzione Gazzetta (1983-2002) di Cannavò, con effetti positivi (primo fra tutti le vendite, secondo una maggiore facilità di lettura) ma almeno tre sottoprodotti negativi: la superficialità, la quasi assenza di notizie e la dipendenza dai protagonisti dello sport per le virgolette', con conseguente diminuzione di critiche vere ed analisi. All'attivo di Cannavò va la molteplicità delle passioni: ciclismo, atletica, Ferrari, in generale qualsiasi disciplina con un campione italiano (senza snobismi, anche la pompatissima Equipe ragiona così). Una visione dello sport che nei 19 anni di direzione gli ha consentito a volte titoli ed aperture di pagina lontane dall'attualità calcistica, a dispetto del marketing, e quindi di mantenere la Gazzetta su un piano per così dire più 'nobile' rispetto ai suoi concorrenti. Al passivo, secondo noi, oltre ai problemi prima citati una deferenza esagerata verso la maggior parte dei grandi personaggi dello sport italiano e soprattutto verso i potenti veri (Agnelli, Moratti, Carraro, Berlusconi, Montezemolo, Samaranch, eccetera), riservando il senso critico solo a federazioni sfigate, a boss in declino (ad esempio Moggi, ma solo dopo la cacciata dalla Juve) o a qualche scalatore dopato. E l'idea di fondo che il giornalista debba essere un cantore di grandi imprese: purtroppo non tutti i giorni c'è Coppi che straccia il mondo nella Cuneo-Pinerolo.
13 commenti:
Per me la cosa più bella di Cannavò è il libro Pretacci.
Come direttore, l'ho rivalutato dopo che ha lasciato. Non c'è confronto tra la sua gazzetta e l'attuale.
Sicuramente c'è un abisso. Non che quella Gazzetta di Cannavo facesse chissa quale grande giornalismo sportivo ma almeno era un giornale sportivo. Quella attuale è un incrocio tra Dipiù (lo vedo proprio bene Mayer o Signorini a dirigerla..e perche no? la Giacobini...), approfondimento da freepress, notizie e titoli da CorSport/Tuttosport in salsa rosa e Postalmarket.
Ma l'impostazione ideologica della Gazzetta di oggi, per quanto riguarda il contenuto degli articoli e la titolazione, non è poi tanto diversa da quella di Cannavò. Sono state solo aggiunte nuove sezioni e si è cambiato il formato, cercando un nuovo pubblico...
Mi scusi Diretto, ma certi titoli in prima pagina li ho visti solo da poco tempo a questa parte. Sull'approfondimento sono d'accordo, anche se era meno morbosamente sull'extrasportivo come è adesso (mi è rimasta impressa l'intervista "doppia" a Swarzer e la Kostner: si faceva davvero fatica a capire che sport facessero).
concordo con jeremy. Certi titoli si vedono solo oggi.
Direttore: applausi. Cannavò era un appassionato divulgatore però le genuflessioni davanti ai potenti (le sviolinate a Samaranch erano il top) e la deriva del giornalismo sportivo sono dati di fatto ahimè indiscutibili.
Per una volta un articolo del direttore che non condivido al mille per mille: soprattutto per quanto riguarda il prodotto gazzetta. Sarà per la concorrenza delle nuove tecnologie, sarà una questione di costi, scelte editoriali o quant'altro ma la gazzetta di oggi è una cosa imbarazzante, quella di Cannavò con i suoli limiti giustamente sottolineati, aveva articoli che, pur arrivando già all'epoca dopo una montagna di parole e immagini, ti davano ancora un qualcosa in più. E lo spazio agli altri sport era reale, in sostanza lo trovavo un prodotto decisamente valido.
Ps: L'Equipe sarà anche pompatissimo ma avendo l'occasione di leggerlo spesso, beh avercene di quotidiani sportivi così...
Scusate si parlava di livello scandaloso della Gazzetta attuale? Dall'home page della rosea:
"Cannavò, guarda la diretta della camera ardente"
non ho parole, questo significa toccare il fondo del fondo del trash...a loro modo dei geni.
Dag, velo pietoso...
Nessun dubbio che la Gazzetta di oggi sia peggio di quella di Cannavò, dal punto di vista cultural-sportivo, anche se il problema non sono certo i titoli. A volte terribili, ma almeno con il merito di richiamare l'attenzione. Poi le cifre, almeno quelle ufficiali, danno ragione alla gestione attuale: in un mercato dei quotidiani che sta colando a picco la Gazzetta in sostanza tiene.
Condivido in pieno l'analisi di Stefano. Unico appunto: il minuto per Cannavò mi sembra comunque doveroso, la lacuna, come ha sottolinetao Jeremy, è il mancato riguardo nei confronti di un grande come Bulgarelli. La deriva della Gazzetta è stata oggetto di mille post più o meno univoci in questo sito: secondo me, il merito, direi quasi il dovere, di un direttore, risiede nel far crescere la propria redazione e nel dare una linea editoriale con un'improntaq chiara e duratura. Per questo la direzione di Cannavò non è esente da critiche. Da notare come le migliori firme del giornalismo italiano siano da tempo pressochè assenti dalle pagine della Gazzetta. Caliamo un velo pietoso sulle attuali firme di punta del giornale e sulla sua deriva gossippara e cronachistica che si è deteriorata dopo l'abbandono del direttore (che dire dei suoi successori...?), ma è indubbio che tutto ruota attorno alle scelte e all'influenza di Cannavò. Che non è particolarmente colpevole seguendo la logica dell'editoria moderna, spesso sottolinetata con precisione dai mille svegliarini di Stefano. Del giornalista Cannavò ho letto oggi molti peana nei coccodrilli. I suoi fiumi di appassionata retorica possono essere un'opinabile scelta stilistica. Rimane la vocazione quasi ecumenica, per certi versi simile al Bernabei storico presidente Rai, sempre incline ad un'ossequiosa equidistanza dai potenti, con brusche ed imperdonabili cadute (Madonna di Campiglio su tutte) che ne hanno minato la credibilita. Cannavò ha descritto con passione decenni di sport rifuggendo da un giornlismo di inchiesta o semplicemente dall'opinionismo vigoroso di altre penne, cullandosi in un'innocua cifra nazional popolare degna del festival di Sanremo, da don Abbondio manzoniano sempre in bilico tra un doroteismo schietto ed un andreottismo machiavellico. Ha esaltato puntualmente l'impresa italica del campione di turno, basandosi sull'emozione dei risultati, tralasciando una vera cultura ed educazione sportiva di cui sicuramente era fiero portatore, da gentiluomo quasi di stampo ottocentesco, il cui sorriso bonario ci mancherà anche se intriso di amarezza.
In un villaggio di orbi, il miope gareggia con l'aquila.
La Gazza di Cannavò era enormemente migliore del volantino da ipermercato che è l'attuale. Poteva essere lontana dall'approfondimento sognato da Stefano, ma io la rimpiango alla grande.
La direzione attuale è anche colpa dei vertici RCS, che invece di sostituire subito Cannavò con un pezzo grosso, scelsero prima Calabrese e poi Di Rosa, due fantocci, che fecero calare le vendite di parecchio. Sarebbe bastato promuovere un interno come Arturi, e si sarebbe continuato nel solco dell'affidabilità.
Personalmente ho trovato migliori gli articoli di Cannavò negli ultimissimi anni (la rubrica "fatemi capire" per intendersi) rispetto ai suoi ultimi editoriali. Facendo comunque un raffronto tra la sua penna e quella dei giornalisti sportivi dei maggiori quotidiani nazionali e dei giornali sportivi si nota comunque una certa differenza.
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