Il mondo prima e dopo Sabonis

di Simone Basso
1. L'extraterrestre si rivelò piano piano ai nostri occhi, scettici nei confronti della fama che lo aveva preceduto: un nome nobile, baltico, e alcune anticipazioni minacciose. All'epoca non si immaginavano neanche la tivù satellitare, il web e lo streaming; figuratevi uno come Arvidas Sabonis. Si narrava di un diciassettenne che, contro gli Hoosiers campioni di Bobby Knight aveva fatto faville. Lo stesso che aveva vinto il suo primo Mondiale a Calì in un'edizione quasi misconosciuta. Ci illustrarono il giovane fenomeno in fotografia, sulla copertina di Superbasket. Poi finalmente si mostrò, il mostro, senza remora: furono gli Europei più belli per Azzurra, quelli del Menego capitano, di Corbalan Von Karajan e del Cobra Kicianovic rincorso da coach Gamba. Per citare l'inimitabile Bene, apparimmo ad Arvidas in quella rassegna continentale, 1983, e scoprimmo il futuro: un centro con una mobilità, una coordinazione e una bellezza gestuale mai vista in Europa.
2. Avvezzi all'Unione Sovietica che il colonnello Gomelski volle sempre utilitaristica e statica, al servizio dei Tkachenko, le prospettive e le potenzialità di quella torre parvero infinite. Figlio, tecnicamente parlando, del primo centro playmaker della storia europea: l'indimenticabile Cresimir Cosic, che spiegò la sua arte anche in Spaghetti League, nella Virtus Bologna di Porelli. Il Sabas fu l'evoluzione naturale di Creso, più dinamica e fisica; ma soprattutto regalò alla platea europea un brivido speciale. Nel confronto con i maestri americani, quasi blasfemo, per la prima voltà si intuì che uno dei "nostri" era al livello, o addirittura meglio, dei loro prospetti generazionali nel ruolo. Uno solo, forse, sembrò oltre e lo fu veramente: il riferimento è a un altro principe, stavolta nigeriano, il favoloso Olajuwon.
3. Quella fantasia cestistica spazzò via, da iconoclasta vero, un preconcetto del basket sovietico: che nel ruolo di centro si dovesse abusare di fenomeni da baraccone. Era successo così, nel deserto di Giovanni Drogo, anche per altri due precursori di Sabonis: una guardia e un'ala. La prima, celebrata, fu Sergei Belov: fromboliere dal tiro mortifero e devastante nei momenti di massima ispirazione. La seconda, dimenticata, fu Anatholy Mishkin: albatros dal talento sconfinato, Kirilenko con le mani e la grazia di un Marques Johnson. Soffocati dalla particolare congiunzione politica, non riuscimmo mai a vederli in un contesto, quello occidentale, che ne avrebbe esaltato le doti da fuoriclasse assoluti.
4. Anche Sabas, senza Gorbaciov e il dissolvimento dell'impero sovietico, avrebbe fatto la stessa fine: rimane evidente l'ingiustizia di non averlo mai potuto ammirare, nel periodo del pieno vigore atletico, con continuità.Perchè le dimostrazioni di quel tempo furono eloquenti, come l'Europeo 1985 dominato in maniera quasi brutale. Il direttore d'orchestra Sabonis, la palla come una bacchetta, con il braccio altissimo a scoraggiare i piccoletti: i passaggi al bacio dal post, le piroette per guadagnare il canestro, i tiri da sei metri e gli uncini dolcissimi. Con doti atletiche che non gli avremmo più rivisto: il tempo perfetto per la stoppata, il rimbalzo di prepotenza, l'affondata di cattiveria pura. In maglia Zalgiris, contro i nemici dell'Armata Rossa, e nelle coppe europee, sfortunato eroe di una finale di Coppa dei Campioni (1986), suggello vergognoso di una Baviera jugocentrica. Quella sera fu apparecchiato, a favore del Cibona, uno dei pasti precotti più alterati di sempre: degno di grandi cuochi italiani, di nostra conoscenza, come l'ex ferroviere di Monticiano e il geometra pensionato di Monza.
5. Il resto poi fu noia e un lento aderire, senza prospettive, ad uno stereotipo orientale: infatti il contesto sociale e sportivo, a dir poco claustrofobico, lo portò a essere anche altro. Divenne suo malgrado il simbolo di una terra lontanissima, con il cuore e l'anima, da Mosca; se da una parte l'uomo pubblico sposò la modella e attrice Ingrida, dall'altra (nel privato) iniziò a stonarsi con alcol e cibo, fino quasi al punto di non ritorno. Il doppio infortunio al tendine d'Achille simboleggiò la fine dell'Arvidas originale, un'allucinazione felice a cui non avremmo avuto più il piacere di soccombere: tornò, più umano, a riscuotere i crediti accumulati, in quel di Seul. L'anabasi che lo riportò in auge passò attraverso le cure degli americani che lo scelsero: dopo una trafila burocratica degna della satira feroce de "Le montagne blu", la spasimante Nba di Portland lo restituì al po-pa-tok moderno.
6. La beffa si compì alle spese della selezione olimpica Usa, nello scenario che inventò i presupposti del Dream Team di Barcellona. Un asterisco doveroso: John Thompson fece seppuku, magari non come quel genio perverso di Yukio Mishima, ma quasi. Convocò un play da barzelletta perchè "suo" (Charles Smith), non badò al fattore tripla e riuscì a non disegnare schemi per il Manning 1988, ovvero il più grande giocatore Ncaa degli ultimi quarant'anni... L'Unione Sovietica coreana fu affetta da fregolismo di ritorno; cancellando le leggende metropolitane, le prime partite del torneo furono imbarazzanti. Forse la peggiore CCCP olimpica di sempre: ma accadde che la volpe, l'eterno Gomelski, promise la libertà (non solo tecnica). Il gruppo spaccato in due, blocco lituano contro gli altri, si rinsaldò in tempo per l'impresa storica. Il Sabas monumentale, le giocate di Tarzan Marciulonis e le coltellate di Kurtinaitis non coprirono i meriti di chi fu la chiave tecnica di quell'incontro: il play ombra Sasha Volkov, che sconfisse la difesa (disperata) dei bimbi stellestrisce con la sua duttilità tattica.
7. L'oro sulla Jugoslavia inaugurò l'esperienza iberica di Sabonis, a Valladolid e a Madrid, e confermò un sospetto: il Maestro lituano era il più grande a dispetto di quel fisico appesantito, martoriato dalla sfortuna e dai vizi. Al Real, con il suo gioco geniale, dominò la scena per tre anni, prendendosi finalmente l'Eurolega agognata: era il 1995 e i tempi perfetti per "ripagare", finalmente, l'amante americana. Ai Blazers, centellinato come un ukiyòe prezioso, fu la più improbabile matricola dell'anno di sempre: l'assegnazione di quel titolo 1996 a Topolino Stoudamire fu una velina di regime. Sabas suscitò nel solitamente distratto mondo Nba un'ammirazione mistica: rivendicò subito, duettando con un genio del Bronx come Rod Strickland, la sua regalità cestistica a 24 carati. La terza Olimpiade, la seconda per la Lituania, concluse la sua storia da condottiero nazionale: l'addio alla maglia verde valse un bronzo esaltante e per l'ultima partita, contro l'Australia, scrisse a referto 30 punti, 13 rimbalzi e 5 stoppate.
8. In seguito firmò l'annata individualmente più eccelsa della sua esperienza yankee (il 1998) e arrivò a un'incollatura dal colmare l'ingiustizia storica più evidente. Senza la guerra fredda, quanti anelli avrebbe vinto con i Blazers? Ve la immaginate la Portland di Clyde Drexler e Terry Porter con Mister Europa come pivot? E dire che Paul Allen mise assieme un combo che, nelle giornate di ispirazione alta, fu il più devastante dell'Nba recente. Era il 2000 e la congiunzione astrale volle, sullo stesso parquet e con la stessa casacca, i tre migliori passatori nel ruolo di centro, ala piccola e guardia tiratrice della lega: Sabonis, Pippen e Steve Smith. A far da contorno al trio Horowitz, una batteria (forse eccessiva) di talenti allo stato puro; i vari Rasheed Wallace e Bonzi Wells di quel mondo. Gli oregoniani arrivarono a dieci minuti dal titolo Nba: quel crollo sopra di quindici, in gara7 contro i Lakers, ci tolse lo sfizio tutto europeo di contemplarlo con un anello al dito. Fu un'iniquità (..) dovuta al vantaggio del campo losangelino, perchè al Rose Garden il quarto e il quinto fallo fischiati a Sabas sarebbero stati di Shaquille. Sorvolando sui canestri sbagliati da Sheed in quel frangente (roba da rincorrerlo con una mazza da cricket..), quelle ultime tre partite della finale Ovest videro il predominio dei Blazers. Che disinnescarono l'arma nucleare O'Neal con la marcatura del lituano e gli aiuti, da autentici dobermann, di Pip e Greg Anthony: furono gli unici, in quell'epoca, ad annullare lo strapotere del Diesel.
9. Il rientro a Kaunas per il tour continentale di addio, 2004, arrivò a una tripla rocambolesca (di Carneade Sharp) dall'ennesima Final Four. Mvp di Eurolega per volere divino, ci concesse l'onore di applaudire quell'epilogo romantico: proprietario dello Zalgiris e padrone ieratico di tutti i campi dove si esibì. Ci ricordò l'essenza del suo sbarco, l'idea stessa dell'effetto straniante che produsse la sua recita: nella storia del basket europeo nessuno, neanche in sogno, potrà sostituire Arvidas Sabonis; l'extraterrestre che concluse la dittatura tecnica degli americani nel gioco.
Simone Basso
(in esclusiva per Indiscreto)

18 commenti:

zoleddu ha detto...

bellissimo simò. il primo sabonis era un incrocio tra la tecnica di bird e la stazza di dawkins. inarrivabile

Fabio Schiano ha detto...

Giocavo a basket a Livorno, giovanili locali, esibizione estiva della sua squadra al Palasport, noi ragazzetti a bordo campo di contorno, premiazione finale con fatta da noi ragazzi con consegna personale della simbolica medaglia...

finisce, rimaniamo tutti in mezzo al campo, mio padre accanto a me, dopo la premiazione... tutti divertiti e un po' emozionati..

MIO PADRE, pasticcione, indica a mia madre e ai genitori dei miei compagni Sabonis, che è per caso a un metro da me dicendo che ho premiato il grande giocatore russo.... che SENTE (evidentemente associando i nostri gesti e la parola russo) e si imbelvisce di brutto urlando NO RUSSIA! LITUANIA... NO RUSSIA! LITUANIA.....parecchio forte...

un tuono a dieci cm dall'orecchio ci avrebbe lasciato più indifferenti, credo...

non potete avere l'idea dell'imponenza della persona e della profondità e fierezza di quello sguardo...

indimenticabile, nel suo genere

Manuel Beck ha detto...

Aldo Giordani su Sabonis nel gennaio 1987, dopo una vittoria della Tracer Milano sullo Zalgiris in Coppa Campioni:

"Sabonis nella NBA? Forse lo migliorerebbero un poco, e certo lo sfrutterebbero meglio. Soprattutto lo servirebbero di più. Ma in pivot potrebbe mai giocare contro gente come Jabbar, Olà (= Olajuwon, ndr), Ewing, Laimbeer e compagnia bella? Non esiste. Da power forward, in attacco – col tiro frontale – se la caverebbe alla meno peggio. Ma in difesa, l’ultimo degli avversari con contratto decadale da tre lire lo salterebbe come un paracarro. Anche per lui, l’America è da questa parte dell’Atlantico".

(riportato anche su Basketforum nel topic su Giordani)

jeremy ha detto...

Anche i migliori sbagliano....

Manuel Beck ha detto...

Eppure era il cosiddetto "Sabonis atletico" secondo Simone Basso, ovvero quello prima dell'infortunio. Ma secondo Giordani (poche righe prima del pezzo citato) aveva "le gambe di marmo".

zoleddu ha detto...

atletico. ma non nel senso che poteva fare un coast to coast palleggiando e concludere in sottomano.teniamo presente che è un 2.20 (e forse qualche cm in più)
più nel senso di esplosivo direi.reattivo. reattività che poi ha perso dopo gli incidenti a tendine e ginocchia.ma alla quale sopperiva con il fisico e un gran senso della posizione.saltava sempre in anticipo sul rimbalzo offensivo.senza bisogno di effetti speciali sopra il ferro.come tecnica di base passatore e tiro dalla lunga senza eguali all time(ma forse per gli assist dovrei rivedere il walton del 77..)

jeremy ha detto...

Manuel, rivedendo su utiub il Sabonis anni 80, cosi per rinverdire la memoria...altro che gambe di marmo: un gatto di 2.20. Favoloso in tutto. E quello appesantito era comunque un mostro nei fondamentali (da centro, da play, da guardia tiratrice e da ala grande.....). Non dico che era piu forte, ma ci poteva stare eccome. E alla grandissima, da allstar per acclamazione.

Simone ha detto...

@Zoleddu:thanks!
Pensa che sentì il paragone con Bird("ma alto 2 e 20")in un servizio a "This week in the Nba",della Cnn,dopo i primi mesi della sua stagione d'esordio...

@Fabio Schiano:bell'aneddoto,grazie.

@Manuel Beck:il Jordan era tranciante nei suoi giudizi.
Io ricordo un anno prima una partita bellissima contro Meneghin:il primo tempo scherzò Dino in tutti i modi...
Nel secondo il Menego lo fece impazzire di spinte e trucchetti(parecchio Ricky Mahorn...)e riuscì a limitarlo.
Dovremmo ritornare a quel periodo per fotografare bene la situazione:l'Arvidas dell'anno preinfortunio è pigro e completamente privo di stimoli.
Pensa di giocare a vita in una dimensione frustrante come quella sovietica.
In Nba,costretto a paragonarsi con gente del suo livello,sarebbe progredito ulteriormente.
Lo Ewing di Georgetown era un difensore super e un grande rimbalzista:il tiro dai cinque metri,il suo trademark futuro,non si immaginava nemmeno.
Anche Olajuwon,un autentico scherzo della natura,ebbe un progresso tecnico considerevole.
Sabas,al peggio,avrebbe fatto la carriera statistica di un Brad Daugherty:stesse mani,mobilità e fisicità superiore del lituano.
Secondo me i Blazers con lui avrebbero vinto almeno due,tre titoli.
Dopo aver scritto l'articolo ho cercato qualche filmato.
Questa è la maniera nella quale suggella la vittoria nella serie finale contro il Cska:qualche settimana dopo avrà il suo primo incidente...
http://youtube.com/watch?v=_oDLSQ-5xdo

Le immagini del 1986 mi sembrano emblematiche del suo strapotere...
http://youtube.com/watch?v=0mwuNWNSgeQ

P.s. Quello che viene posterizzato è David Robinson...

Straw61 ha detto...

ha tenuto botta alla grande nell'NBA pur essendo over 30 e senza gambe...un mix tra il primo Chamberlain e Walton, se fosse entrato subito nell'NBA, il suo nome entrerebbe in ogni discussione su chi sia il più grande centro della storia.

transumante ha detto...

manuel: il sabonis '87 è già dopo l'infortunio

Quello degli anni '90 è evidentemente un altro giocatore, un centro che non può più attaccare il ferro (e dici poco!) comunque titolare in una squadra da anello, e questo dice molto

Manuel Beck ha detto...

No, l'infortunio fu nell'87 e lo tenne fuori fino a Seul. Quello descritto da Giordani è il Sabonis pre-infortunio.

Simone ha detto...

@Jeremy,Straw61,Transumante:sarebbe stato il primo europeo a cambiare la storia dell'Nba.

@Manuel Beck:Mister Pressing difese un'idea che avevamo in molti:quella dell'Eldorado inespugnabile.
Ancora oggi quel mondo è meglio del nostro:ma le distanze siderali di un tempo son state abolite.
Non ci saranno più i Morse,Jura,Yelverton,Cole: giocatori che ci mostrarono,a domicilio,l'abisso che ci separava dall'America.
Il riferimento al 1987 è semplice:le finali Urss furono le ultime partite giocate dal Sabas preinfortunio.
Il lituano si trascinò una tendinite inquietante per mesi:fu fermato per precauzione dai medici.
Volle rientrare quando lo Zalgiris andò sotto,nella serie,zero a due.
Questo è un altro filmato,più limpido,dell'Arvidas 1986.
http://youtube.com/watch?v=06usV6451ik
Da qualche parte su YT troverai anche una schiacciata con il vetro in frantumi.
L'unico europeo,a rivederli,che fa la stessa impressione è Delibasic:un altro alieno...

kalz ha detto...

Verissimo, le distanze siderali di un tempo sono state abolite e non c'è più l'abisso che ci separava dall'America. Ma, visto lo stato del basket italiano e per restare in metafora, non è che noi in quell'abisso siamo affogati?


p.s. Indimenticabile Sergio Tavcar nel commentare Sabonis. Ne riconosceva la grandezza ma soffriva come una bestia.

transumante ha detto...

manuel: scusa, scrivo '87 e penso '89

Simone ha detto...

@Kalz:concordo.
La Spaghetti League,per almeno vent'anni,fu l'avanguardia del basket continentale.
Oggi siamo,ahinoi,ai saldi a metà prezzo:chi si lamenta di Siena e del suo dominio non capisce che è l'ultima risorsa competitiva del nostro movimento.
Dovrebbe essere copiata...

Italo Muti ha detto...

@Simone
Per adesso Simone, per adesso. Se poi il prossimo anno lo sponsor si chiama Santander, ne riparliamo
@Kalz
Hai ragione, noi non siamo affogati ma nel nautilus senza aria.
Il problema ulteriore è che abbiamo avuto un signor passato.
Italo

FS ha detto...

Complimenti per l'articolo, davvero.

Simone ha detto...

@Italo Muti:lo so,ho letto le tue anticipazioni.
Se sparisce Siena dal panorama,la Serie A italiana diventerà come quella francese di trent'anni fa.
Terzomondo o poco più.

@Stadi..:thank you guys!