di Christian Giordano
Nato a Largs, nel North Ayrshire, da genitori italiani emigrati a Edimburgo, Lou Macari arriva al Celtic nel 1970. Vanta già 57 reti in 100 presenze e due “double” (’71 e ’72) quando, nel gennaio 1973, diventa l’ennesimo scozzese reclutato per il Manchester United da Tommy Docherty.
Anzi, dal suo assistente Pat Crerand, che lo bracca in tribuna ad Anfield, dove Lou stava per firmare col Liverpool. Un furto che, negli anni, ripagherà fino all’ultimo penny le 200 mila sterline versate per quel ragazzino subito in gol al debutto coi Red Devils, contro il West Ham. Con Gordon Hill, Steve Coppell e i fratelli Greenhoff, Macari sarà uno dei simboli dello United di metà anni Settanta. Spettacolare sì, ma non uno squadrone, visto che nella prima stagione piena di “Little Lou” all’Old Trafford, il club retrocede per la prima volta dopo 37 anni. Proprio Macari però, l’anno dopo, firmerà l’1-0 sul Southampton per l’immediato ritorno in massima divisione. Protagonista mancato nella sconfitta nella finale FA Cup del 1976 (0-1 con il Southampton, gol di Stokes all’82), si rifarà negando il “treble” al Liverpool: suo il tiro deviato in porta da Jimmy Greenhoff per il definitivo 2-1 in quella del ’77. Due anni dopo, altra finale sfortunata a Wembley, con lo United sconfitto per 3-2 dall’Arsenal. Il “suo” Man U finisce lì, e anche se fino a metà degli anni Ottanta ne sarà una colonna prima di lasciare spazio ai più giovani. E di arretrare sempre più a centrocampo.
Nel giugno 1984, dopo 97 gol in 401 gare coi Red Devils, firma come allenatore-giocatore allo Swindon Town. Verso la fine della sua prima stagione al County Ground, viene esonerato dopo una lite con il proprio assistente, Harry Gregg. Richiamato sei giorni dopo, in due annate pilota il club dalla Fourth alla Second Division. Nel luglio 1989 lascia lo Swindon per il West Ham United ma agli Hammers resta sette mesi. Nel gennaio 1990, la FA accusa lui e il presidente allo Swindon Town, Brian Hillier, per un giro di scommesse illegali riguardanti una partita dei Robins. Macari torna in panchina un anno dopo, ma al Birmingham, portato sino alla finale di Wembley del “Leyland Daf”, come si chiama proprio fino al 1991, dal nome dello sponsor, il Football League Trophy, coppetta minore riservata ai club di League One e League Two, terza e quarta divisione inglesi. Appena alzato il trofeo ecco le dimissioni, perché, a suo dire, la dirigenza manca di ambizione. Crede di trovarne allo Stoke City, portato subito ai playoff della Third Division, vinti però dallo Stockport County. Una magra consolazione, per i Potters, la rivincita di tre giorni dopo, contro il club di Edgeley Park nella finale dell’Autoglass, il nuovo nome del Football League Trophy che per Macari è il secondo consecutivo. Il titolo della Second Division arriva nel 1992-93, ma in novembre Lou se ne va per tornare a casa, al Celtic. Dura quattro mesi, poi torna allo Stoke, dove resterà fino al 1997. Penultima panchina prima di quella all’Huddersfield Town, lasciata nell’estate 2002, fra le critiche per il suo calcio giudicato troppo difensivo, per lavorare a tempo pieno nei media.
Vive a Stoke-on Trent e nel tempo libero dal suo “Lou Macari Chip Shop”, takeaway a due passi dell’Old Trafford, fa l’opinionista per SKY Sports, Setanta Sports e MUTV, la tv ufficiale del Manchester United dove è ospite fisso in diversi programmi, tra cui “Sing When You’re Winning” (se vinci canta), dedicato – massì – alle scommesse. Un lieto fine perfetto se non fosse per Jonathan, l’ultimogenito. Tutti e tre i Macari hanno giocato a livello professionistico. Michael e Paul con lo Stoke City, con papà come manager. Il più piccolo come centravanti del Nottingham Forest fino al 1999. Lasciato libero con una stagione di anticipo sulla scadenza del contratto triennale da apprendista, si suicida impiccandosi a un albero a Trentham, alla periferia di Stoke-on-Trent. L’autopsia confermerà che il cadavere lì c'era stato portato, ma la polizia dello Staffordshire archivierà il caso.
Un colpo troppo duro anche per l’eterno ragazzo che al segretario del club, Les Olive, faceva sparire la ventiquattrore all’aeroporto, senza sapere che dentro c’era l’incasso della tournée. O che ai giornalisti nascondeva i vestiti in albergo. O tagliava la punta delle calze, mentre quelli erano in campo al centro tecnico di Cliff, prima di premiarli con una teiera gigante. La stampa lo adorava, ma non gli perdonò il flop ad Argentina 78 e le critiche alla federazione per il premio, “appena” 20 mila sterline in caso di titolo. Ipotesi sfumata al primo turno: ko col Perù, pari con l’Iran e inutile 3-2 sull’Olanda (storico il golaço di Gemmill). Macari farà più soldi rivelando alla stampa tensioni e caos del ritiro. La favola triste di Little Lou era cominciata.
Christian Giordano
Football Poets Society
2 commenti:
Gli articoli di questo genere (squadre-mito del passato, personaggi etc.) mi piacciono veramente tanto. Sarà la vecchiaia che avanza?
non credo... a me piacciono ora che ho 30 anni e affascinavano anche a 8-10 anni, quando li trovavo sul guerin sportivo...
Posta un commento