di Andrea e Marco Lippi
Il cammino dell'Italia di Cesare Maldini al Mondiale 1998, fra gli eterni dibattiti sulle staffette ed un Vieri eccezionale. Ma nei quarti, ad attendere quella squadra fortissima ma timorosa, c'è la Francia padrona di casa...
Estate 1998
La fortuna è come il Giro di Francia:
La fortuna è come il Giro di Francia:
l’aspetti a lungo e poi passa in fretta
(dal film 'Il favoloso mondo d’Amelie') Estate 1998. Dopo la parentesi nordamericana di quattro anni prima, i Mondiali tornano nel vecchio continente. Ad ospitarli è di nuovo la Francia come sessant’anni prima, quando a trionfare fu l’Italia di Meazza e Piola. Stavolta Meazza e Piola non ci sono più, ma è inutile nascondersi: la squadra c’è, eccome. E la voglia di ricominciare è tanta, perché brucia ancora la sconfitta ai calci di rigore nel caldo torrido di Pasadena di quattro anni prima. L’attacco è uno dei più forti e dei meglio assortiti degli ultimi tempi per la nazionale azzurra: Vieri, Del Piero, Inzaghi, Chiesa e Roberto Baggio formano un pacchetto offensivo che solo in pochi possono permettersi di non invidiarci. La difesa, seppur orfana di Baresi, ha in Maldini, Nesta, Cannavaro, Bergomi, Costacurta e Pessotto nomi di sicuro affidamento. In porta Peruzzi è costretto al forfait per infortunio, ma Pagliuca, Buffon e Toldo sono senz’altro la miglior terna di estremi difensori che arriva sul suolo francese. Forse manchiamo di qualcosa a centrocampo, ma Albertini, Moriero, Di Livio, Dino Baggio e Di Matteo garantiscono comunque quantità e qualità. A guidare la squadra è Cesare Maldini, reduce dai successi dell’under 21 e chiamato a raccogliere l’eredità di Arrigo Sacchi, commissario tecnico idolatrato da metà dei tifosi e odiato dall’altra metà.
Siamo tra i favoriti, assieme al solito Brasile campione in carica, guidato dall’attesissimo Ronaldo, e alla Francia padrona di casa che oltre ad un organico di qualità eccellente ha dalla sua anche il fattore campo: la “Marsigliese” intonata da tutto lo stadio di Marsiglia – nemmeno a farlo apposta – per il primo incontro contro il Sudafrica rimarrà senz’altro una delle immagini più emozionanti del torneo. Gli azzurri vivono il Mondiale nel segno del dualismo Baggio-Del Piero che divide l’opinione pubblica più di quanto avrebbe potuto – e dovuto – unirla. Il primo – Roby – è stato richiamato in nazionale da Cesare Maldini a furor di popolo dopo un anno passato a Bologna in cui ha collezionato 30 presenze e 22 gol. Il secondo – Alex – è reduce da una stagione non meno esaltante, con 21 gol in 32 partite di campionato e 10 centri in Champions League, dove raggiunge la finale con la sua Juventus. Il giorno prima della sfida poi persa contro il Real Madrid, Del Piero rimedia però un brutto stiramento, che non gli impedirà di essere della partita, ma ne condizionerà il rendimento in modo decisivo. Anche in vista del Mondiale la sua tenuta atletica è tutta da verificare.
L’esordio contro il Cile è più arduo del previsto, e finisce con un 2-2 aperto da un bel gol di Vieri ispirato da Baggio, e chiuso quasi allo scadere da un rigore trasformato sempre da Baggio, in risposta alla doppietta di Marcelo Salas che fa passare brutti momenti persino a Cannavaro. Contro le altre due avversarie di girone, Camerun e Austria, Maldini ricalca le orme di Valcareggi e, come avvenne per Rivera e Mazzola al Mundial del 1970, opta per la staffetta tra Del Piero e Baggio. In entrambe le partite è ancora Vieri a trascinarci ed a farci raggiungere il primo posto nel girone, con due gol agli africani (il terzo sigillo è di Di Biagio) ed uno agli austriaci (a raddoppiare è Baggio). E’ il fantasista di Caldogno a raccogliere più consensi, forte di una miglior condizione fisica, tuttavia le ultime due gare hanno mostrato che ha sempre giocato meglio chi dei due è subentrato all’altro: Roby non ha brillato con il Camerun, così come Alex contro l’Austria. La nota stonata è l’infortunio al ginocchio che terrà fuori Nesta fino alla fine della competizione. Al suo posto giocherà sempre Bergomi, a ben sedici anni di distanza dalla finale del 1982.
Agli ottavi troviamo l’ostica Norvegia. Maldini, che non osa sbilanciare la squadra proponendo insieme i due fantasisti (a scapito forse di un’ala offensiva come Moriero), come invece chiederebbe a gran voce l’opinione pubblica, sceglie la soluzione meno popolare, lasciando di nuovo in panchina Baggio: nonostante gli apocalittici pronostici dei giornalisti nostrani, che ribattezzano “Flonaldo” il centravanti norvegese Tore Andre Flo, finirà 1-0, con una splendida rete realizzata da Vieri che finalizza un bel lancio di Di Biagio dopo una lunga progressione. Baggio non entra nemmeno, e due ghiottissime occasioni sprecate da Del Piero in contropiede alimenteranno ulteriormente le polemiche in casa Italia.
I francesi chiudono il proprio girone a punteggio pieno, battendo in successione Sudafrica, Arabia Saudita e Danimarca, e mandando in rete ben sei giocatori diversi: Dugarry, Henry, Trezeguet, Petit, Lizarazu e Djorkaeff. Nell’elenco dei goleador manca il nome di Zinedine Zidane, il giocatore più atteso e temuto della compagine transalpina; il fantasista della Juventus è stato infatti espulso per un brutto fallo di reazione su un avversario nel corso dell’incontro contro la nazionale saudita, ed è quindi stato squalificato per due giornate. Ha quindi saltato la gara con la Danimarca e sarà assente nella partita degli ottavi di finale contro la sorpresa Paraguay.
La squadra sudamericana è un avversario ostico, ha una difesa solida ed un portiere che, oltre a parare, tira anche le punizioni: è José Chilavert, capitano e uomo-simbolo dei biancorossi. La Francia è contratta e gioca male: colpisce un palo con Henry ma nell’intervallo rientra nello spogliatoio tra i fischi di un pubblico poco convinto dalla prestazione dei propri beniamini. Il secondo tempo non cambia le cose nonostante gli innesti di Boghossian, Pires e Guivarc’h; Chilavert compie un paio di buoni interventi e porta la squadra ai supplementari. Per la prima volta ai tempi supplementari di un campionato del mondo vige la regola del golden gol, ovvero chi segna per primo ha vinto: la partita finisce immediatamente. Al minuto centoquattordici, quando soltanto sei minuti separano i paraguayani dai calci di rigore, una bella sponda di testa di Trezeguet smarca il difensore dei bleus Laurent Blanc, sganciatosi in avanti per un ultimo assalto alla porta di Chilavert: Blanc si ritrova sui piedi il pallone che vale il biglietto per i quarti di finale e non sbaglia. E’ il primo golden gol della storia dei Mondiali, e rimarrà l’unico dell’edizione ’98. I giocatori paraguayani piangono, e non possono nemmeno tentare di pareggiare nei sei minuti che ancora mancherebbero sul cronometro, perché la regola del golden gol preclude questa piccola speranza. La storica semifinale del 1970 tra Italia e Germania non sarebbe certo passata alla storia con questa regola, poiché sarebbe finita soltanto 2-1 per i tedeschi. Quel golden gol avrebbe portato la firma di Gerd Muller. Ai quarti sarà Francia – Italia, dunque.
Andrea Lippi e Marco Lippi
11 commenti:
Flonaldo è una delle pagine più esilaranti del giornalismo nostrano..
Quello fu un ennesimo mondiale buttato alle ortiche per braccino corto e dualismi stupidi. Non solo per carriere, ma in quel periodo Baggio era tre spanne sopra DelPiero. Peccato.
Spike, perdonami ma il dualismo fu sciocco perche Delpiero era rotto non perche nel 98 fosse sotto Baggio. Il Delpiero sano di quell'anno era inferiore solo a Ronaldo.
jeremy e che ho detto? in quel momento delpiero (causa infortunio) era inferiore a Baggio.
Quanto al rendimento in carriera, in nazionale non c'è paragone, due mondi diversi.
Flonaldo fu chiamato così dalla stampa di tutto il mondo, dopo un'amichevole premondiale tra Norvegia e Brasile finita 4-2 per Flo e compagni, se non ricordo male segnò una tripletta. Poi la stessa sfida ci fu ai mondiali.
I giornalisti italiani come al solito scopiazzarono
Spike, scusa ma come periodo avevo inteso l'anno.
appena quattro anni dopo, al circense mondiale nippocoreablatteriano, lo scettro di Flonaldo sarà ereditato dall'imprendibile De La Cruz, inafferrabile trentaduenne esterno destro difensivo dell'Ecuador, a quanto si narrava tecnicamente un emulo di Garrincha. Trapattoni, pur di non rischiare di essere travolto dal ciclone ecuadoreno, rinunciò addirittura a Del Piero ed al tridente per una prudente formazione più coperta...
Devo trovare il giornale dove si parlava del "Roberto Carlos della fascia destra"....
Jeremy, Spike abbiate pazienza ma tra Baggio e Del Piero non ci corrono solo tre spanne... Sia nel '98 che in tutti gli altri anni.
Proprio quell'anno però, come ricorda Jeremy, Del Piero era nel suo periodo d'oro, quindi il dualismo ci stava. Non ci stava invece che Del Piero rimettesse i piedi in campo dopo che Baggio ti aveva fatto vedere di essere indispensabile anche contro il Cile, figurati contro la Francia... Tutto qua.
Il "caso" DE La Cruz, come ricordato da Pierfrancesco, è stato ben più esilarante... Per lo meno Flo era un attaccante. Trap cambiò squadra per fronteggiare una terzino!
da quando seguo il calcio nessuno ha fatto male alla nazionale quanto Trapattoni per me. Incredibile come uno che ha vinto tutto fosse riuscito a trasmettere la mentalità più perdente a una squadra di primissimo livello come l'Italia primi anni 2000.
Flo anni fa giocò mezzo campionato in Italia, al Siena, segnando anche una manciata di gol, giusto per un amarcord.
Sul Trap concordo e rincaro: la sua gestione della Nazionale a mio avviso è stata la peggiore di sempre. Sia per il gioco esibito, sia per la mentalità di cui sopra, sia per il tourbillon di figuranti portato avanti in 4 anni, nonché per il ruolo di leader sciaguratamente affidato a Totti, con annessi e connessi.
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