La prima volta di Bulgarelli

di Stefano Olivari
La carriera ad altissimo livello di Giacomo Bulgarelli si era di fatto interrotta nel 1966 a Middlesbrough, nell'episodio ricordato da tutti in questi giorni: Fabbri che lo rischia malconcio contro la Corea del Nord e il ginocchio che fa crack, con tutto quel che ne seguì. Azzurri in dieci, quello fu l'ultimo Mondiale senza la possibilità di sostituzioni, e di lì a poco di ritorno a casa in mezzo a polemiche anche pretestuose: Fabbri pagò sicuramente anche il fatto di non venire da un grande club (aveva fatto miracoli, ma con il Mantova) e quindi di non essere protetto da una classe giornalistica che all'epoca godeva ancora di un certo prestigio. Il primo Mondiale di Bulgarelli non fu però quello inglese, ma Cile 1962: quello dell'Italia selezionata da una commissione (uomo immagine Giovanni Ferrari) e fortissimamente condizionata dai giornalisti (memorabile il racconto di Sivori che dalla sua stanza origliava Gianni Brera mentre dettava la formazione a Ferrari). Dopo il buon esordio con la Germania Ovest, zero a zero giocando meglio della squadra di Herberger, e la famosa partita con il Cile persa a causa dell'atmosfera intimidatoria, in parte di Aston (non per gli episodi delle espulsioni, ma per la conduzione generale della partita), e di una formazione assurdamente ribaltata, l'ultima inutile partita con la Svizzera il 7 giugno al Nacional di Santiago. I padroni di casa ed i tedeschi si erano già qualificati il giorno prima, così la 'commissione' diede spazio a chi era stato fino a quel momento accantonato. Primo fra tutti il ventiduenne Bulgarelli, che fu il migliore in campo: regia perfetta, e dopo il gol di Mora su cross dell'amico Pascutti la seconda e la terza marcatura azzurra. Una in modo rocambolesco, in scivolata sfruttando un'incertezza del portiere elevetico Elsener, e l'altra in maniera più pulita su assist di Pascutti. Le immagini sono vecchie, ma nel momento in cui tutti fanno a gara nel dichiararsi suoi vecchi amici Bulgarelli ci piace ricordarlo così.
stefano@indiscreto

10 commenti:

Dane ha detto...

Il pezzo sarebbe perfetto, se non fosse rovinato dal ricordo di quanto sarebbe stato migliore il calcio italiano se avessero strozzato Brera nella culla...

Carlo Calabrò ha detto...

Forse il primo gol fu di Mora, o ricordo male? Per il resto ottimo pezzo. L'ultima volta che vidi Bulgarelli in video fu anni fa in una trasmissione sulla storia degli Europei curata da Bizzotto, ed era irriconoscibile, magrissimo. Poi mi dicono si fosse ripreso, ma non avendo satelliti e digitali terrestri non l'ho più seguito. Lo ricordo come un'ottima seconda voce, peraltro (simpaticamente) faziosissima quando in campo c'era l'Italia!!
C'è anche da dire che il match con la Germania Ovest, pur giocato discretamente dai nostri, fu disputato all'insegna di un eccesso di prudenza che pagammo alla lunga. L'Italia del '62 era una buona squadra (e non solo per gli oriundi), come anche quella del '66, ma forse con troppi galletti nel pollaio e soprattutto mal guidata.
Non so se fidarmi della testimonianza di Sivori, in ogni caso per me (farò delitto di lesa maestà?) Brera, grandissimo sul piano della capacità narrativa e dell'inventiva linguistica (avesse fatto lo scrittore tout court, avrebbe conquistato fama mondiale) è sopravvalutatissimo su quello della trattazione tecnica del calcio: troppo legato a preconcetti secondo me assurdi e portati avanti fino allo sfinimento, tipo l'inferiorità razziale dei nostri calciatori che impediva loro di battersi su livelli atletici e agonistici pari a quelli di altre nazioni, e la conseguente convinzione che l'unico tipo di calcio adatto alla nostra indole fosse quello un po' sparagnino, "all'italiana" per l'appunto: ho semplificato, ma a grandi linee mi pare che le idee di base fossero queste.
Ricordo certi suoi vaticinii alla vigilia di grandi manifestazioni: la Nazionale azzurra da cambiare in toto prima di Argentina '78, perché ormai il blocco juventino aveva dato tutto, e prima dei Mondiali '82 i ragazzi di Bearzot classificati testualmente come "broccacci" (da un'intervista sul Guerin Sportivo del marzo - aprile '82, controllare per credere)... D'accordo che i pronostici non li sbaglia solo chi non li fa, ma da una firma di prestigio come la sua io mi sarei aspettato maggior attenzione e minore superficialità.

Jean Lafitte ha detto...

brera era un frustrato e mediocre imitatore di Hemingway .ha fatto veramente molti danni: come i suoi "nipotini": il peggiore di tutti dei quali risponde al nome di Italo Cucci.

Stefano Olivari ha detto...

Hai ragione Charlie su Mora, sono andato a memoria sbagliando: Pascutti colpì una traversa al'inizio e poi per Mora fece il cross...ora correggo, grazie!

kalz ha detto...

Sui Mondiali del '66 il discorso sarebbe lungo. In generale Fabbri, che era un buon allenatore, fu vittima del proprio carattere, troppo emotivo. Si era reso conto di essere al grande appuntamento della sua vita e perse la testa. Chi lo conosceva ricorda che a mano a mano che si avvicinava la data dell'esordio Fabbri non era più lui. Poi nella partita con la Corea volle far giocare a tutti i costi Bulgarelli anche se era già infortunato. In più vanno ricordati gli errori sotto porta dei nostri attaccanti. Ne ricordo un paio colossali di Perani. Il giorno del funerale di Fabbri il figlio disse a Sacchi che il padre non aveva mai superato l'amarezza per quella eliminazione.
OPenasre a Bulgarelli e al Bologna quando era una grande squadre mette malinconia. Basterebbe ricordare la linea di attacco: Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti. E poi Fogli in mediana, Negri in porta...

fabioalessandria ha detto...

Va bene tutto... ma Brera imitatore di Hemingway non si può sentire. L'unica (chiamala unica, mi dirà il buon Dane...;-) frustrazione di Brera era il non essere/essere stato protagonista in campo calcistico come giocatore o allenatore: di frustrazioni stilistiche/letterarie proprio non ne aveva; definirlo imitatore di H. è semplicemente folle. Brera era un espressionista lombardo, dedito al neologismo e alla stratificazione semantica: in pratica ricco e abbondante. H. teorizzava linguaggio scarno e preciso, zero spreco di aggettivi (uno ma che sia perfetto). Frasi brevi o brevissime e taglienti. Montanelli, Biagi e l'ultimo Bocca scrivono secondo quei dettami, Brera è un barocco. D'accordo col fatto che la sua trattazione teorica ricalchi, da un certo punto in avanti, schemi ormai inattuabili e le difese delle sue stesse teorie siano, almeno dalla fine dei '60, francamente bislacche... ma non cacciamo balle a caso.

Carlo Pizzigoni ha detto...

Ma chi critica Brera mi può proporre qualcosa d'altro da leggere? Io l'ho spesso trovato geniale, e non solo nell'Arcimatto. A me piace molto anche il suo romanzo meno noto, "Il mio vescovo e le animalesse." Avercene di Brera...

Simone ha detto...

Infatti Brera era un gaddiano minore.
"Coppi e il diavolo" è uno dei romanzi più importanti del novecento italiano:racconta il nostro paese benissimo e il finale è profetico...

fabioalessandria ha detto...

@Carlo, direi che anche i romanzi meno considerati come "il corpo della ragassa" e "la ballata del pugile suonato" sono comunque romanzi degni di essere letti: intendiamoci, come romanziere puro non vale un braccio di Arpino (il contrario come cronisti puri) ma scrive comunque benissimo. Discorso a parte per "Coppi e il Diavolo", pagine al limite della perfezione. Non sono nemmeno così convinto della sua posizione di gaddiano minore (a tal proposito, tutta la polemica con Eco sul famoso "portare Gadda al popolo" è spassosa e anche decisamente istruttiva per capire il livello dello scontro culturale/sportivo solo una trentina di anni fa...) ma è discorso forse noioso.

Stefano Olivari ha detto...

Forse Brera viene confuso con i suoi molti imitatori postumi: metti insieme qualche luogo comune calcistico, due o tre stronzate per stupire, qualche riferimento enogastronomico o letterario orecchiato, shakera ed avrai quei simil-Brera che imprevresano soprattutto in ambito locale. Trovo Coppi e il Diavolo oltre la perfezione: non a caso c'è la collaborazione fattiva di Mario Fossati, un fenomeno che non ha mai scritto libri proprio per il troppo rispetto che ha per i libri. Insomma, siamo ben lontani da SuperKakà e MagicoIbra, ammesso che esistano (ma temo di sì)...